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L’Italia ha la febbre a 40°

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Cercasi disperatamente bravo medico

Lo sapevate che

  • Il 30% della popolazione italiana vorrebbe l’indipendenza della propria regione dall’Italia?

  • Il sentimento indipendentista è concentrato soprattutto nel Nord Est (chi lo avrebbe detto!) dove supera il 50% della popolazione, con questa declinazione: in Veneto 53% e in Friuli oltre il 60%?

  • L’indice di indipendentismo è pari al 35% della popolazione in Piemonte e in Lombardia?

  • In Sardegna e in Sicilia il 45% della popolazione vorrebbe l’indipendenza, alla faccia dei consistenti trasferimenti dello Stato (trasferimento di risorse, cioè carrettate di soldi, per intenderci!)?

E sapete chi è che spinge di più per scappare dalle grinfie dell’Italia di Roma ladrona? Nel senso che Roma c’entra sempre, anche quando non c’entra un cavolo, lo sappiamo.  Non ci crederete: sono gli operai, i lavoratori indipendenti, gli imprenditori e i disoccupati.

Ve lo aspettavate?

Io no, ma c’era da aspettarselo perché lo sconquasso economico, finanziario, produttivo, occupazionale e financo sociale che è sotto gli occhi di tutti sta inghiottendo per primo proprio queste categorie.

Le altre, quelle che già stanno arrancando, verranno dopo.

Ma cos’è successo e perché il Paese del miracolo economico degli Anni Sessanta che registrava un PIL del 10,6% all’anno è sprofondato al – 0,4% di PIL previsto per quest’anno?

E, soprattutto, c’è il modo per risollevarsi?

Lasciamo da parte l’Uomo della Provvidenza che tutto sa e tutto può, atteso da tutti ma che non arriva mai semplicemente perché non esiste nessun uomo della Provvidenza in grado di affrontare e risolvere i problemi di un Paese che, da congiunturali e ciclici, si sono trasformati in strutturali e stabili. E allora?

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Allora diciamo che un tasso di disoccupazione al 13,4%  è insostenibile nel medio-lungo periodo perché diventa una mina vagante, specialmente se consideriamo che la disoccupazione giovanile è addirittura al 44%. Le percentuali possono essere fuorvianti perché non rendono bene l’idea di ciò che rappresentano, perciò traduciamoli in numeri assoluti precisando che il tasso di disoccupazione esprime il rapporto tra persone disoccupate, o alla ricerca di lavoro, in rapporto al totale della popolazione in età lavorativa (quella tra i 15 e i 64 anni).

Questi i numeri:

Totale Popolazione in Italia                        60.000.000

Popolazione attiva: 57%                                34.200.000

Disoccupazione totale: 13,4%                        4.583.000

Disoccupazione giovani: 44% e in cerca di lavoro vi sono ben 729 mila under 25, un esercito di ragazzi cui si prospetta un quadro drammaticamente incerto per il futuro, proprio e del Paese stesso perché, con l’Italia che invecchia, non funziona più il “patto generazionale” attraverso il quale vengono assicurate le pensioni. Insomma, l’onda d’urto della disoccupazione è impressionante e per meglio renderci conto dell’entità del fenomeno giova sapere che quel 13,4% di disoccupati equivale a circa quattro milioni di persone, l’intera popolazione di tre città come Roma, Milano e Firenze messe assieme. Proviamo solo ad immaginare tutti gli abitanti di queste tre città in strada, nello stesso momento, e sfioreremo l’incubo. Ebbene, quella percentuale e quel numero rappresentano l’incubo dei giorni nostri.

C’è una via d’uscita da quest’incubo? Da questo e da quello rappresentato dal PIL, ovvero dalla ricchezza (ricchezza?) del Paese che non finisce più di contrarsi? C’è un rimedio per far ripartire la produzione, i consumi, gli scambi, l’occupazione ecc. ecc.? Tanti ci provano, nessuno ci riesce.

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Ricordate Mario Monti, il Professor dei Professori? Aveva promesso mari e monti (lettera minuscola) e aveva detto che si intravedeva già la luce in fondo al tunnel ed era gennaio 2012. Non si intravedeva un bel niente, si è visto, si vede ancora e si vedrà chissà per quanto altro tempo ancora.

La meteora Letta è passata come, appunto, una meteora senza lasciar traccia se non di veleni e polpette avvelenate, servite soprattutto dai fratelli coltelli del PD con i quali avrebbe dovuto fare i conti il suo successore, il troppo garrulo Matteo Renzi e la sua indecifrabile squadra di governo che vara oggi e ritira domani.   Cosa? Ma i provvedimenti varati dal suo Governo, no?

Ma l’Italia soffre di mali per certi versi ancora più gravi.

Vi dice niente il diabolico binomio “Mafia Capitale”, ovvero quell’impressionante intreccio tra politica e criminalità organizzata che ha gettato nello sconforto la Roma perbene, onesta e laboriosa, ed ha fatto ridere, e forse gongolare, chi Roma la detesta per principio ed a prescindere? E della greppia del Mose lassù in laguna dove non sventola più bandiera bianca, ve la ricordate? E quella dell’EXPO 2015 che ha dato tanto lavoro alla magistratura e l’ha distolta dal gravoso impegno sul versante della “corruzione ordinaria”, direi fisiologica, che dilaga da sempre dalle Alpi all’Etna e non entra mai in crisi?

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Roba da far rizzare i capelli in testa, ma la domanda che si pone è: non sarà anche per questo che tanta gente vorrebbe fare le valigie?

Proviamo ad indagare, ma c’è il rischio di incupirsi ancor di più. Facciamo un giro nelle nostre città per vedere come se la passano.

Ultimamente ho letto più brutte che belle notizie, ma io posso parlare, per esperienza diretta, solo di Roma, la mia città e non so se sono più avvilito o più incavolato. No, lo so: entrambe le cose: avvilito e incavolato!

Sulla incredibile questione dei vigili urbani di Roma, la notte di capodanno, non aggiungo nulla perché anche le pietre sono rimaste … pietrificate, appunto.E che dire delle allegre infornate e delle voraci spartizioni nelle municipalizzate, AMA in testa?

Già, l’AMA, e come posso non dire ciò che vorrei urlare?

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Come posso non dire della sporcizia delle strade, anche di quelle un tempo salotto a cielo aperto ed orgoglio di Roma, ma ancor di più come non dire della mia disperata ricerca quotidiana di un cassonetto che abbia almeno un angolino libero per infilarci il mio striminzito sacchetto. Posso anche dire delle sfibranti attese alla fermata degli autobus scrutando l’orizzonte, mano alla fronte, per vedere se ce n’è qualcuno in arrivo, e posso dire del mio abbigliamento alla Uomo Michelin per difendere i miei 5 o 10 Euro che mi porto appresso (mai di più) dall’assalto dei predoni d’ogni età quando ho la sventura di dover prendere la metropolitana. Da tempo ho rinunciato a muovermi di sera tardi e se fossi costretto a farlo, passerei prima dal notaio per fare testamento.

All’ATAC fischieranno le orecchie? Ma quando mai, hanno altro a cui pensare!

Esagero?

Fatevi un giretto sulla metro, avanti e indietro, e fate sosta a Termini, a Colosseo, a Piramide, a Spagna, a Ottaviano o a vostra scelta, e poi ne riparliamo. Mi giungono voci da Milano, da Torino, da Genova, ecc. sullo stesso argomento e non sono per nulla incoraggianti. Un’ultima annotazione, prima di lasciarci, riguarda la corte dei miracoli che tappezza le strade ed ogni angolo di Roma e, per favore, nessuno pronunci la parola “tolleranza” e nemmeno “accoglienza” perché la tolleranza non c’entra un beneamato di niente e l’accoglienza è ben altra cosa.

La corte dei miracoli, appunto!

Sciancati veri e sciancati fasulli, vedove inconsolabili, forse mai maritate, madri col pargolo vero e madri con pargolo finto, un mucchietto di stracci avvolto in un lenzuolo. E poi zoppi che si trascinano con la stampella, la mano tesa e l’occhio supplichevole che, svoltato l’angolo, guariscono di botto e zompano sul primo autobus in arrivo per andare a caccia altrove.   Dico di Roma perché in altre città ne ho visti molto meno e in alcune città non ne ho visti affatto.

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Parlo, ovviamente, dell’attività di accattonaggio che ormai, per la dimensione assunta, è diventato un problema e chi dice il contrario o non vede, o mente. Qui non parliamo più della vecchietta bisognosa all’angolo della strada, oppure del bimbo lacero in braccio alla mamma denutrita. Parliamo, invece, di un’attività organizzata con criterio imprenditoriale, ovvero di maestranze alle dipendenze di un imprenditore del settore. Il settore accattonaggio, appunto, che ha come sede la strada e come uffici le stazioni, la metro, le piazze affollate, le scalinate delle chiese e le vicinanze dei bancomat.

Mi chiedo, ma non ho una risposta se non la mia, se tutto ciò sia normale ed accettabile sotto qualsivoglia profilo: umano, morale, politico, etico, igienico-sanitario, religioso e della sicurezza e mi chiedo, soprattutto, se lo Stato conosce nomi, cognomi, provenienza, domicilio, di questo esercito che vagola per la città di giorno, di notte e a tutte le ore. Se qualcuno mi dovesse accusare di intolleranza mi dispiacerebbe perché l’intolleranza non c’entra un bel niente e comunque io non lo sono, ma mi farebbe anche incazzare e pure tanto.

Un’ultima cosa e poi chiudo.

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Mi piacerebbe tanto sentire sull’argomento le Associazioni del volontariato, quelli di piazza Sant’Egidio, l’Opera Nazionale Nomadi, i sottosegretari competenti (non nel senso che sanno…), ecc., ma nessuno risponderà e la barca continuerà ad affondare.  Basta così, per oggi, e torniamo alla “sorpresa” sulle percentuali che riflettono la voglia di mandare a quel paese l’Italia e gli italiani, l’Europa, come Unione Europea, e tutti gli europei unionisti.

Sorpresa ma non più di tanto!

Sono percentuali inquietanti, ed allarmanti, che fanno riflettere, ma perché questa voglia di fuga e per andare dove, e con chi? Presumo che il motivo stia nella convinzione che questo Paese non sia più in grado di garantire ciò di cui hanno bisogno: benessere, libertà, ordine, giustizia, sicurezza e quant’altro, e allo Stato italiano vengono attribuiti tutti i mali del popolo vessato dalle tasse ed avvilito per l’infima qualità della vita. Accuse fondate o solo perché l’erba del vicino è sempre più verde di quella del proprio campicello?

Risponda chi lo sa!

La domanda regina, secondo me, è una ed una soltanto: i problemi denunciati, tutti, esistono e sono sotto gli occhi di tutti, ma esiste una soluzione, certa ed assoluta, per salvare la baracca? E qui ti voglio, però delle diagnosi e delle terapie del sistema economico-finanziario parleremo in altra occasione, in maniera semplice e comprensibile, evitando le raffinate teorie buone solo per gli addetti ai lavori o per le aule universitarie.

5 Commentia“L’Italia ha la febbre a 40°”

  1. Caro Enzo, condivido quello che hai scritto al 100%. Anch’io provo un senso di profonda rabbia e angoscia a vedere il paese com’è ridotto, in mano ad una classe politica per buona parte da buttare nei cassonetti della differenziata (o forse indifferenziata, sì, rifiuti vari), con un parlamento dove abbondano i decerebrati iperpagati a spese nostre. Ma non solo i politici, il marciume è diffuso a tutti i livelli, nessuno è davvero innocente, lo sai, e tuttavia di persone pulite ce ne sono, ma non contano un picchio. Il punto è che il paese è in mano a tanti piccoli-grandi gruppi di potere che lo cannibalizzano, perché non rinunciano ai loro spesso arbitrari privilegi. Alla Banda Bassotti che ha governato per vent’anni (e che ancora pretende di dettare regole) è subentrato un’altra…che cosa? Un oggetto strano, con a capo un tipo molto ameno che parla, parla, parla. Soluzioni? Non ne vedo, a meno che non ci sia un presa di coscienza a tutti i livelli. Dopo Parigi i francesi hanno fatto massa compatta e li invidiavo a vederli tutti insieme a cantare la Marsigliese, ma loro sono una nazione: noi siamo ancora e sempre un popolo…

  2. « Una volta, le membra dell’uomo, constatando che lo stomaco se ne stava ozioso ad attendere cibo, ruppero con lui gli accordi e cospirarono tra loro, decidendo che le mani non portassero cibo alla bocca, né che, portatolo, la bocca lo accettasse, né che i denti lo confezionassero a dovere. Ma mentre intendevano domare lo stomaco, a indebolirsi furono anche loro stesse, e il corpo intero giunse a deperimento estremo. Di qui apparve che l’ufficio dello stomaco non è quello di un pigro, ma che, una volta accolti, distribuisce i cibi per tutte le membra. E quindi tornarono in amicizia con lui. Così senato e popolo, come fossero un unico corpo, con la discordia periscono, con la concordia rimangono in salute. »

    Questo articolo fa venire in mente il breve «apologo di Menenio Agrippa», arcinoto a quelli della mia generazione, che ebbe modo di apprenderlo e meditarlo fin dai banchi delle elementari. Poiché la malattia italica colpisce anche la trasmissione culturale e il passaggio di consegne generazionale, mi sono permesso di ricordarlo sopra in versione integrale, a beneficio di chi non ne abbia finora mai sentito parlare o semplicemente soffra di amnesia.
    Anche se tra la Roma del V secolo a. C. e l’attuale società globalizzata sussiste una bella differenza, gli elementi principali del racconto allegorico sono oggi tutti ancora ben presenti ed operanti. Quel «cercasi disperatamente bravo medico», presente nella testata dell’articolo, non sarà certo casuale. Ma quell’appello, per quanto benintenzionato, rischia purtroppo di aggravare le condizioni del povero Paziente. L’apologo di Agrippa contribuì a suo tempo a superare la crisi, perché il popolo romano, non avendo ancora del tutto perduto l’istinto di sopravvivenza, imparò in fretta a diventare il «medico di se stesso». Oggi invece l’infantilismo dilagante ci incoraggia a invocare forme affabulatrici (mitico-magiche) di tutela sociale. Fino a poche ore fa, orgogliosi e presuntuosi, eravamo «tutti Charlie», ora invochiamo contro il male la pillola miracolosa, confezionata apposta per noi e capace di restituirci la perduta integrità. Oggi assistiamo in forme rinnovate all’arcaica contesa tra le «braccia» (la plebe, la classe operaia, i ceti produttivi e imprenditoriali) e lo stomaco (i patrizi, la casta, i parassiti e i mantenuti), chi però ha smesso di fare la sua parte è Menenio Agrippa. Proprio oggi, 20 gennaio 2015, ce lo ricorda una lettera inviata da Vittorio Sermonti al quotidiano «La Repubblica»: «Cosa rischiamo noi benestanti». Prima di invocare medici estranei o medicine artificiali, ciascuno si assuma le proprie responsabilità e si rinfreschi magari la memoria, senza necessariamente risalire fino al V avanti Cristo.

  3. Roberto Massi // 21 gennaio 2015 a 9:13 // Rispondi

    Sono annichilito e sgomento dinanzi allo spettacolo quotidiano che scorre sotto gli occhi di tutti in questo povero e sbrindellato Paese.
    Qui non si tratta più di un ciclo economico negativo che ormai sembra essersi radicalizzato e che sta devastando singoli e famiglie che si contano a milioni, per non parlare di un’intera generazione perduta, di giovani e giovanissimi. Non siamo nemmeno in presenza di un fisiologico flusso di immigrazione che c’è stato sempre, sia pure in modo più attenuato. Qui è lo Stato e chi lo guida che non sa più cosa fare e dove andare. L’articolo del signor Movilia parla della perduta sicurezza nelle nostre città, nelle nostre strade e nelle nostre case e dice cose sacrosante e terribilmente vere, perchè l’insicurezza è aumentata di pari passo con la tracotanza e l’aggressività dei senza dimora e dei professionisti delle elemosine coercitive.
    Dove è finito lo Stato di diritto? Questa è una giungla e si va avanti al grido “si salvi chi può”.
    Grazie per averne parlato e grazie all’Autore per averne scritto in modo così diretto ed accorato, lo stesso che avrei usato io se solo ne fossi stato capace.

  4. Signor Massi, con questo articolo io ho semplicemente dato voce a chi si guarda attorno e non capisce cosa possa essere successo in questo Paese, un tempo non lontanissimo Paese Ideale dove vivere serenamente senza troppi problemi. E dire che usciva, allora, dalla tragedia di una guerra che l’aveva annientato.
    Possibile che dopo i grandi uomini del doguerra, i padri della patria, ovvero i De Gasperi, i Nenni, i Saragat, i Togliatti e,poi, Moro, Fanfani, Almirante, Pertini, ecc. questo Paese abbia prodotto soltanto personalità piccole piccole, talmente piccole da togliere agli italiani perfino la speranza della rinascita?
    Io ho citato fatti e numeri, veri ed inquietanti, ma il quadro è sotto gli occhi di tutti e lassù dove non si dovrebbe dormire nè giorno nè notte, si stanno ancora accapigliando per chi è più a sinistra del partito di Sinistra e a destra chi è meno a destra del partito di Destra.
    Ed il Centro?
    Va dove lo porta lo spiffero più forte.
    E mentre tutto ciò accade, il Paese affonda e noi con lui.

  5. Maria Teresa // 21 gennaio 2015 a 18:12 // Rispondi

    Caro Enzo, condivido pienamente tutta la tua rabbia e la tua amarezza. Mi chiedo però a che serve dirci queste cose fra di noi e mi sento completamente impotente rispetto agli enormi problemi che ci rappresenta (???!!!) dovrebbe risolvere. Dai più elementari: le strade sporche e piene di buche in una Roma che dovrebbe essere “Caput Mundi” (non ho mai visto in nessuna capitale europea un simile stato di degrado) a quelli che elementari non sono, ma sono invece realmente vitali: la percentuale di disoccupazione, soprattutto giovanile. Di giovani che non trovano lavoro e hanno smesso addirittura di cercarlo ne conosco parecchi e mi chiedo come possono sentirsi (specie se plurilaureati e specializzati) nel confrontarsi con i “decerebrati e iperpagati” a cui fa rifermento il nostro Antonio. Sono riflessioni tristissime, ma mi chiedo a che serve farle tra di noi su “News Arte e Cultura” quando penso che nessuno dei politici così impegnati (???!!!) le leggerà mai.
    Forse bisognerebbe fare delle gigantografie del tuo articolo “L’Italia ha la febbre a 40°” ed esporle davanti ai palazzi del potere … e magari verremmo fermati come rivoluzionari o disturbatori della quiete pubblica ….

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