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Libri – Parliamo un po’ di poesia

Immaginebbbbbbbbbb  Sì, parliamo un po’ di poesia. Da che parte cominciamo? Da una semplice quanto ovvia domanda: cos’è la poesia oggi e, soprattutto, a che serve? Ovvero, in una società liquida come la nostra, dove una mole sempre più consistente di comunicazioni ci raggiungono in modo frantumato, alla stregua del messaggio poetico che è già di sua natura intrinsecamente frantumato; ebbene, in questa analogia – sia pur antitetica – di moduli espressivi, non si rischia di confondere tutto e negare la validità ed il senso comunque “positivo” del messaggio poetico? Ciò che intendo è che siamo troppo affollati da troppo tutto per poter distinguere e classificare le cose, ma è pur vero che a questo punto dovrebbe intervenire il discernimento del singolo.

  E qui è il problema, la capacità critica che ti permette di preservare uno spazio libero dalla ipercomunicazione digitale e tornare alle fonti della parola, dove appunto germoglia la Poesia. Ma non è una cosa facile in un paese come il nostro, dove più della metà degli italiani legge (forse) un libro all’anno e dove l’analfabetismo di ritorno gode di ottima salute. E’ più semplice farsi invadere dall’informazione che cercarla, perché questo implica una scelta attiva, confrontarsi a tu per tu con la struttura stessa della parola: semanticamente e nel suo senso ultimo. E allora si è davvero maturi per poter parlare di Poesia e comprenderne i suoi termini, nel significante come nel significato. Ed è proprio l’analisi che conduce Cinzia Baldazzi nella sua attenta prefazione a “Orme poetiche”, un florilegio che prende le mosse da www.sfogliandopoesia.com, sito che, come dice il nome, è tutto un programma.

  Il punto di partenza è Giacomo Leopardi, vissuto in maniera paradigmatica, cioè ripercorrere il suo tentativo di superare i confini del testo, la naturale ancorché preziosa limitatezza della parola, eternando, per così dire, nell’atto poetico l’emozione del momento. E’ solo in questo modo che si va oltre, vivendo nella scrittura del testo, come il solitario di Recanati, perseguendo un Assoluto che, pur nella sua fugacità umana, lascia comunque una traccia nei sentieri della vita. Leopardi parlava di ”tetro sopore” riferito alla poesia del suo tempo, cercando di esorcizzarlo in un percorso lirico esemplare e in questa scia muovono gli undici autori, nel verso scolpendo la memoria di sé.

  Se Luisa Bandiera cerca di comporre una sorta di codice che nella parola racchiuda il senso ed il flusso del divenire (“Meditazione”, “Odorosi profumi”), magari con incedere quasi da filastrocca (“Il gioco della vita”), Adelaide Cantafio scava in quel codice per trarne un senso che però sempre sfugge (“Dimmi…se sai ancora”, “L’albero della vita”). Dal canto suo Annalena Cimino si abbandona ad una quieta contemplazione (“Il viale delle magnolie”, “Incantesimo”), mentre Giulia Gabbia sembra procedere dalla parola di domanda al silenzio (“Una donna di sempre”, “Un angelo”).

  Anche per Elvio Angeletti la parola si carica di significati esistenziali, cercando di trascendere il finito intrinseco al nostro destino umano, che è poi il senso ultimo del messaggio poetico (“Un po’ di me”, “”Basta un raggio di sole”). Ferruccio Calogero opera invece in una dimensione dove il punto di partenza è un che di dolente ma il punto d’arrivo è un afflato d’amore (“Utopie di pace”, “Pesante fardello”). E se la poetica di Sergio Camellini è tutto un variegato e prezioso gioco di rifrazioni liriche (“Non affligerti”, “Tendi la mano”), con Giorgio Dello s’apre ad una tensione nuova, che ha quasi un sapore di ballata (“Un’altra rosa nera”, “Guerrieri d’emozione”).

  Con Graziano Gismondi la parabola esistenziale scorre lieve seppur dolente (“Il mare tranquillo”, “Casa natia”), mentre per Pasquale Rea Martino, che ha anche curato quest’antologia, il fulcro è la centralità del ricordo, la sua immagine che s’innerva in turgida concrezione poetica (“La nebbia sul villaggio”, “Uno sguardo nell’anima”). E, infine, con Armando Santoro, nel verso ribolle e tracima l’angoscia esistenziale dei nostri anni inquieti, che dalla visione singola, incentrata sul proprio paesaggio di memoria (“Saro”, “il campanile di Sant’Orso”), si fa collettiva, con chiari accenni ai drammi che viviamo oggi (”La razza”).

  E se, scorrendo le trame degli undici di “Orme Poetiche”, affiorano  echi di Montale e Ungaretti, pure il loro incedere lirico intende proporre un tracciato se non nuovo almeno diverso. Poiché la poesia ha un bisogno continuo di rigenerarsi per evitare ogni possibile “tetro sopore”: pericolo che oggi, assediati da una mole sempre crescente di comunicazioni spesso assolutamente “inutili”, è quanto mai reale.

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“Orme poetiche”, a cura di Pasquale Rea martino, prefazione di Cinzia Baldazzi, Intermedia edizioni, pagg.215, euro 12.

4 Commentia“Libri – Parliamo un po’ di poesia”

  1. La penna di Cinzia Baldazzi ha impreziosito questa raccolta. Senza la sua recensione questa antologia sarebbe stata una delle tante alle quali ho partecipato per l’amicizia che mi legava ad altri poeti e sarebbe finita su uno scaffale alto della mia libreria dove non l’avrei più guardata. Cinzia ha il merito di aver curato la prefazione in modo professionale trasformando una semplice raccolta di versi, alcuni pur notevoli come quelli della Cantafio, in una antologia scolastica che potrebbe essere adotatta nelle scuole superiori per i riferimenti ed i collegamenti letterari che opera con alcuni grandi poeti del nostro novecento letterario che si sono ispirati ai versi ed alla scuola poetica del grande Giacomo Leopardi.

  2. Cinzia Baldazzi // 6 giugno 2016 a 11:14 // Rispondi

    Grazie a Salvatore per i suoi riconoscimenti, da poeta e da critico.

  3. SARO (Rosario)
    di Salvatore Armando Santoro

    Dove sei, Saro, dimmi dove sei?

    Dove sono i nostri anni, Saro, dove sono?

    Dove sono i nostri passatempi?

    Dove le nostre risate prorompenti?

    Notti d’agosto povere di luna

    nei vicoli privi di lampioni,

    tra quelle case vecchie e decadenti,

    seduti su gradini traballanti

    a raccontare storie inesistenti,

    a guardar le stelle sul cielo luccicanti.

    “Guarda, guarda, che lunga scia”,

    “è una stella morta da tanti anni”,

    “e la vediamo adesso, questa notte”?

    “Esprimi un desiderio,

    fallo ora in gran fretta,

    ché la traccia si spegne e non aspetta”.

    Notti di cieli tersi,

    stelle cadenti,

    scie declinanti,

    sogni nostri oramai morenti

    che nel ciel dell’infanzia si son persi.

    Saro, Saro, rispondi, dove sei?

    Questa notte sto pensando ai nostri morti,

    e tu sei qui con me coi pantaloni corti,

    col tuo sorriso franco e giovanile

    senza pensieri in testa

    come agnelli fuggiti dall’ovile.

    Stiamo ridendo, ma siamo anche un po’ tristi

    ancora insieme nel buio di Chiesa Pepe

    con la campana che ora mesta tace

    con le candele spente,

    spente come i pensieri in testa,

    che s’agitano senza trovar pace,

    ma aspettano ancora il dì di festa.

    Saro, sei qui con me in questa lunga notte

    ti chiamo ma la voce mia non senti,

    sei qui nella mia mente,

    nei miei occhi lucenti,

    parlo con te ma tu non dici niente.

    (Donnas 21 Settembre 2015)

  4. Saro non mi potrà rispondere. Le sue condizioni di salute sono precarie ed adesso vaga nel vuoto dei suoi pensieri confusi. Ieri, 21 gennaio 2021, ho avuto conferma dalla moglie di questa sua assenza e dei suoi vuoti di memoria. Già la poesia mi aveva creato disagio interiore mentre la scrivevo e mi creava sofferenza quando la rileggevo. Ma sapere che con tanti miei compagni d’infanzia non potrò più interagire mi crea una sofferenza ancora più grande che mi opprime e mi fa disperare.
    Ciao Saro, amico mio affettuoso e riflessivo d’un tempo. Resterai sempre nel mio cuore fino a quando mi sarà consentito vivere.

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