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Le chiese (quasi) invisibili di Roma

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Si dice che a Roma ci sono più chiese che case ma, naturalmente, è solo un modo di dire, vagamente malizioso, per evidenziare un fatto inconfutabile, ossia che il centro della cristianità ha moltissime chiese, quasi tutte di grande bellezza ed impreziosite da cupole piccole e grandi, da antichi campanili ricchi di storia e da splendide facciate di varie epoche e stili diversi. Alcune di esse sono anche impreziosite da spettacolari scalinate, come la Chiesa dell’Ara Coeli, attigua al Campidoglio. Naturalmente vi sono chiese quasi sconosciute ai più, anche se importanti, o perché  quasi sempre chiuse, o perché essendocene tante a Roma, vengono  comunque ignorate non solo dai turisti, ma anche dai romani di sette generazioni. La cosa più curiosa è che alcune sono addirittura …invisibili. Proprio così, invisibili, ma per una ragione tutt’altro che misteriosa. Sono “invisibili”, ossia poco in vista, perché costruite tra due palazzi e allineate ad essi al punto di costituire con essi un tutt’uno e confondersi nell’insieme del complesso architettonico. Una di queste chiese è Santa Maria  di Odigitria, confusa tra due palazzi lungo via del Tritone al punto di passare inosservata, vuoi perché mimetizzata, vuoi perché questo nostro mondo  frettoloso e spesso superficiale non fa sconti a nessuno, nemmeno al turista che pure paga per godere della bellezza di questa straordinaria città.  In questo  articolo, per ovvie ragioni di spazio, parlerò solo di alcune di esse.

Santa Maria di  Odigitria27_big

Si trova, dicevo, in via Del Tritone n. 82, quindi in pieno centro storico. Passa inosservata perché la sua facciata bianca sfugge alla vista, incastonata com’è tra due palazzi, anch’essi bianchi, che l’assorbono e con essi si mimetizza e si confonde. Bisogna, dunque, alzare gli occhi in alto, forse anche per puro caso,  per vedere il suo bel timpano triangolare sulla facciata e in alto la classica ed immancabile croce. E’ la Chiesa regionale  dei Siciliani, la cui confraternita la fece costruire nel  1594. Sull’altare maggiore c’è la venerata immagine di una Madonna bizantina circondata da  raggi dorati  e pare che sia stata portata a Roma addirittura da Costantinopoli dove era oggetto di culto da parte degli “Odeghi“, i condottieri dell’ esercito imperiale  bizantino, da cui il nome di odigitria, abbreviato in Itria. Nel periodo infausto di Napoleone, a cavallo dei secoli XVIII e XIX, la chiesa fu violata e sconsacrata, poi fu ricostruita da  Francesco Manno nel  1817. La chiesa, immersa in una luce soffusa che la rende particolarmente suggestiva, ha un’unica navata e quattro cappelle con dipinti del XX secolo che rappresentano: Santa Lucia, di Salvatore Fiume, Sant’Agata, di Sebastiano Milluzzo ; Santa Rosalia, di Mario Bardi e le Pale d’altare dei papi Leone II, Agatone e Metodio. Nell’oratorio annesso alla chiesa  c’è un dipinto  di Santa Rosalia del Sottino.

 

 

Sant’Eligio degli Oreficisant egidio oref

Si trova in via di Sant’Eligio, nei pressi di via Giulia. E’ una chiesetta che apparteneva all’Università degli Orefici  e Argentieri e fu costruita su  progetto iniziale di Raffaello  e poi completata  dal Peruzzi e da Aristotele da Sangallo.  La chiesa, più volte invasa dalle acque del Tevere, fu rifatta in più occasioni nel corso del seicento e l’attuale facciata fu fatta su disegno di Flaminio Ponzio. All’interno si trovano diversi affreschi: sull’altare, la Madonna  con il Bambino e i santi  Stefano, Lorenzo ed Eligio, di Matteo da Lecce,  profeti e apostoli di Taddeo Zuccari  e nei pennacchi  delle cappelle laterali,  le Sibille del Romanelli. Nella  chiesa  è sepolto Bernardino Passeri, un orefice che, nei giorni terribili dell’invasione dei Lanzichenecchi a Roma nel maggio del 1527, si  batté  come un leone nei pressi della chiesa del Santo Spirito, al limite delle Mura  leonine,  e prima di morire ebbe anche la forza di strappare la bandiera al nemico. L’eroismo dell’orefice viene ricordato con due lapidi, in due diverse chiese, una nella Chiesa del Santo Spirito, dove morì, e l’altra, appunto, nella  Chiesa di Sant’Eligio, in cui  il Passeri fu  sepolto in quanto confratello degli orefici.

Santa Barbara dei Librari

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Si affaccia su una piazzetta, largo dei Librari, di forma trapezoidale la cui base maggiore costeggia un tratto di via dei Giubbonari, zona Campo De’ Fiori.  Le notizie che riguardano la costruzione di questa chiesetta sono molto incerte, ma cenni che la riguardano risalgono addirittura al 1306.  Nel 1634 la chiesa fu distrutta da un rovinoso incendio e la Confraternita dei Librari la ricostruì dopo avere acquistato i locali  e l’isolato  circostante.  La facciata, di stile tardo barocco  è di  Giuseppe Passeri  e all’interno sono state trovate  opere del 14 secolo di autori vari.  Le traversie della piccola chiesa continuarono nel tempo e fu abbandonata dopo che nel 1878  la  confraternita dei Librari si sciolse. Dimenticata quasi per tutto il XX secolo, nel 1982 è stata ristrutturata e aperta al pubblico ed oggi ospita attività artistiche, culturali e concerti di musica sacra.

Chiesa dei Re Magi

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E’ un’altra delle chiese meno conosciute di Roma ed il fatto che si trovi all’interno  del  Palazzo di Propaganda Fide, nei pressi di Piazza di Spagna, certamente non contribuisce a renderla nota al grande pubblico.  Il palazzo, che prima  si chiamava Ferratini, fu ristrutturato inizialmente, insieme alla  chiesa, da Gianlorenzo Bernini, successivamente, dopo la morte del papa Urbano VIII Barberini, che proteggeva l’artista, il nuovo papa, Innocenzo X  Pamphili,  affidò  i lavori, sia del palazzo che della chiesa, al Borromini il quale, forse anche a causa della nota rivalità tra i due grandi artisti, modificò e ristrutturò l’intero complesso. Il risultato della ristrutturazione è notevole, tanto che la chiesa dei Re Magi appare come un puro esempio di arte borrominiana  con decorazioni a stucco. Costruita tra il 1662 ed il 1666, il soffitto, diviso in losanghe, porta lo stemma del papa Alessandro VII Chigi. Tra le opere d’arte più importanti della chiesa meritano una citazione La Conversione di San Paolo,  di  Carlo Pellegrini. e  l’ Adorazione dei  Magi, di  Giacinto Gimignani.

6 Commentia“Le chiese (quasi) invisibili di Roma”

  1. gianna romanello // 16 febbraio 2015 a 9:23 // Rispondi

    Molto interessante questa carrellata sulle piccole chiese sconosciute, non tanto per le chiese in se quanto perchè comunque sono siti d’arte che appartengono a tutti, credenti e non credenti.
    Di qualcuna conoscevo l’esistenza, ma di altre assolutamente nulla. Grazie alla brava ricercatrice che ci propone sempre cose molto interessanti, sconosciute ai più.

  2. Molto belle, qualcuna la conoscevo ma le altre no assolutamente.
    Devo dire che, però, queste piccole chiese sono a volte bellissime, ma hanno tutte un che di funereo, sia per la scarsa illuminazione, sia perchè sono stracariche di lapidi, di tombe e di monumenti funebri, il che conferisce loro un alone di morte ed è un gran peccato. Mi è capitato anche di udire una musichetta in sottofondo che accresce ancor di più il senso di morte

  3. Concordo pienamente con la signora Serena sull’eccesso di tombe, di lapidi e di monumenti funebri nelle chiese, ma penso che ciò sia dovuto all’influenza delle famiglie patrizie e straricche dell’epoca e all’ingordigia del clero che per fare quattrini in fiorini, scudi, ed in altre monete aventi corso legale nelle varie epoche, avrebbero accordato il permesso di una sepoltura perfino sotto al letto del padre priore o del sagrestano.
    Qualcosa di simile deve essere accaduto persino in epoca moderna altrimenti non mi spiego la tomba di Alcide De Gasperi nell’atrio della basilica di San Lorenzo e quella di un noto malavitoso in un’altra chiesa di Roma.
    Per onorare la loro memoria non c’era più posto nei cimiteri di Roma?

  4. Molto interessante questo flash sulle chiese sconosciute di Roma ed io credo che sarebbe anche uno su siti d’arte o siti semplicemente particolari ma ignoti d’altro genere, per esempio luoghi di eventi che hanno lasciato traccia nella storia della città ma che la maggior parte della gente non conosce.
    Ciò detto, capisco che i tempi erano quelli e chi aveva la possibilità di farlo voleva assicurarsi una bella sede anche nell’aldilà, ma confermo anche io che nelle chiese ci sono troppe lapidi e troppi monumenti funebri e qualcosa di più gioioso non dispiacerebbe alla gente.

  5. Giovanni, mi sembri un po’, come dire, ingenuotto. Qualcosa di più gioioso? Che facciamo, leviamo lapidi, scheletri e teschi di marmo e sepolcri vari e ci mettiamo angioletti danzanti con l’effigie sorridente del caro defunto? Era il gusto dell’epoca, che ha lasciato testimonianze – maggiori e minori – anche macabre ma comunque un qualcosa che fa ormai parte della storia di Roma. Vero, molte chiese sono cimiteri, un tappeto di lapidi e sepolcri ovunque, ma c’è anche -non sempre ma quasi- tanta bellezza che ammorbidisce il senso di morte. Basta guardarsi intorno nel modo giusto.

  6. Ingenuotto sarà lei, signor Antonio, comunque irriguardoso e ostentatamente saccente.
    Le consiglio di non trascurare il galateo e le buone maniere, soprattutto con coloro che non conosce.
    Se mi avesse detto ignorante sarebbe stato più accettabile. E con questo chiedo scusa all’autrice dell’articolo e chiudo.

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