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“Laudato si’ ”

E-necessario-il-  Il 22 aprile scorso è stato celebrato lo “Earth Day”, il giorno della Terra, per ricordarci che il tempo per salvare la nostra Casa Comune sta per scadere. Poco si è fatto dai famosi accordi di Kyoto, molte, tante parole e fatti pochi, una spruzzatina in meno di CO2 e la coscienza a posto almeno fino a dicembre, quando a Parigi si parlerà di nuovo del nostro pianeta malato (e noi italiani ne sappiamo qualcosa, con il dissesto idrogeologico e la cementificazione selvaggia). La Casa Comune, il tema che Papa Francesco ha sviluppato in un’enciclica di oltre 200 pagine il cui fascino è in quell’ecumenismo di fondo che non può non coinvolgere anche i non credenti.

  Le basi di un discorso ecologico “concreto” le aveva già poste Paolo VI con la sua Lettera Apostolica “Octogesima adveniens” e poi con il suo intervento alla FAO. Giovanni Paolo II proseguiva il discorso nell’enciclica “Centesimus annus” e Benedetto XVI lo approfondiva maggiormente nella “Caritas in Veritate”, parlando di responsabilità dell’uomo innanzi alla natura e della necessità di una “alleanza tra essere umano e ambiente” ma, per giungere a questa nuova consapevolezza, bisogna rivedere i meccanismi di sviluppo, ovvero “l’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento”. Papa Francesco parte di qui per una visione a tutto campo che storicizza il problema analizzandone cause ed effetti, alla ricerca di una soluzione condivisa.

  Già, questo è il punto, parlare non solo a chi ha coscienza ecologica ma responsabilizzare gli indifferenti e i “tiepidi” che sono purtroppo tanti, anche fra chi pratica la fede. E qui si inserisce il discorso del Male che viene fatto ogni giorno a nostra Madre Terra, le ferite sul suo corpo vivo e queste non sono solo sfregi alla natura, come ad esempio la deforestazione, ma all’uomo, spesso escluso dai processi produttivi. “Un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale”, ciò che oggi difetta perché la politica è asservita all’economia e questa, a sua volta, è succuba della finanza. E’ il capitalismo virtuale, la rendita fine a se stessa, per la quale sia l’ambiente sia gli esseri umani sono solo funzionali al profitto.

  E nasce quella “cultura dello scarto” che emargina segmenti di popolazione magari in seguito alla violenza esercitata su un dato territorio, tipo sfruttamento minerario o monocultura che l’ha impoverito determinando l’esodo dei locali e il sorgere di favelas e bidonvilles, perché la città non può contenere tutti. A monte ci sono sempre interessi economici di settore, le multinazionali che scandiscono i ritmi del pianeta in negativo, perché obbediscono solo ad una logica di profitto. Ed è la stessa logica che rende le grandi città invivibili, perché scaturisce da una politica spesso corrotta e collusa con la criminalità organizzata. Come spezzare questa logica perversa e tornare ad essere una “famiglia universale”, dove la qualità della vita non dipende solo da un buon governo ma anche da un corretto rapporto uomo-natura?

  Tornare alle origini, “Il Vangelo della Creazione” (cap.II), che per il credente significa soprattutto interdipendenza delle creature e per il non credente quella purezza di base da ritrovare nell’azione non solo ambientale ma socio-ambientale poiché, come indica Papa Francesco, è tutto collegato. “Non può essere autentico un sentimento di intima comunione con gli altri esseri della natura se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani” (un messaggio peraltro già intrinseco a “Lumen Fidei” e “Misericordiae Vultus”). Esatto, la partenza è la “tenerezza”, necessaria per affrontare un discorso antropocentrico che oggi, dopo i guasti commessi in nome di una razionalità non illuminata (e non necessariamente dalla fede, basta un po’ di saggezza), ma solo guidata da criteri utilitaristici, rischia di condurci alla catastrofe.

  Non si può certo continuare in questo modo, con il 20% della popolazione che detiene metà della ricchezza mondiale e gli esclusi dal banchetto sono qualche miliardo. Bisogna ribaltare il paradigma tecnocratico “omogeneo e unidimensionale” che condiziona le scelte del mondo globalizzato a scapito dei più poveri, magari creandosi poi un alibi con false scelte ecologiche (ad esempio la produzione dei biocarburanti implica la monocultura e questa, se non controllata, provoca l’impoverimento del suolo e, di conseguenza, della popolazione locale. Ma difficilmente le multinazionali si pongono problemi etici). E’ allora necessaria, per la nostra sopravvivenza, una visione totalizzante, di “ecologia integrale” (cap.IV).

  Operare nel quotidiano per uno sviluppo sostenibile che abbia implicazioni umane, economiche, ambientali, culturali, ovvero pensare in prospettiva per ritrovare quel senso di appartenenza alla Casa Comune. “L’ambiente si situa nella logica del ricevere. E’ un prestito che ogni generazione riceve e deve trasmettere alla generazione successiva”. Lettera pastorale della Conferenza Episcopale Portoghese, che si concilia perfettamente con Papa Francesco quando scrive, in “Evangeli gaudium”, che “il tempo è superiore allo spazio”. Cioè non l’immediato, come un consumismo animato dal profitto ci obbliga a seguire, ma schemi più ampi, per donare ai nostri figli e nipoti un mondo vivo e non in agonia perenne.

  Ma una politica così lungimirante ha bisogno del parere dei singoli, della base, invece essa resta miope e invece di pensare al bene comune punta solo al salvataggio delle banche. E nulla cambia e se resta prioritario il tema economico e finanziario neanche si sfiora quello relativo all’ambiente, anzi, questo crea disturbo. E’ dunque necessario, anzi urgente, uno sforzo comune all’insegna di un nuovo umanesimo che veda agire insieme credenti e non credenti, cattolici e di altre religioni per la difesa concreta di nostra Madre Terra. E se la fede è un lievito che permette di vedere le cose senza il filtro della materia, pure è possibile, per chi non la ha, trascendersi e “sentire” i battiti del cuore malato del pianeta (e chi vive la natura in prima persona, come la montagna, sa di cosa sto parlando).

  Cambiare modello di sviluppo o, quanto meno, rallentare i ritmi, il che significa un equilibrato sfruttamento delle risorse naturali ma anche una redistribuzione della ricchezza, per creare una società a misura d’uomo. Non è possibile, in un sistema basato solo sulla “massimizzazione del profitto”, impostare un discorso il cui senso ultimo riguardi la qualità della vita e questa, a sua volta, non può prescindere dal rispetto dell’ambiente. Ma si può giungere ad una “comunione universale” (fra di noi e di noi con la natura non più fonte di reddito ma amica) quando un mercato senza regole provoca da un lato torme di persone affette da “consumismo compulsivo” e dall’altro torme di emarginati, ovvero la “cultura dello scarto”?

  Papa Francesco è davvero il papa dell’Apocalisse, da intendersi nell’accezione originaria, cioè “rivelazione”. Con le sue encicliche e bolle ha tracciato e continua a tracciare un sentiero comune, valido per credenti e non credenti, dove la comprensione e, soprattutto, la “compassione” per le creature (come non pensare, per analogia, al pensiero buddista) tende a ripristinare l’armonia originaria, il patto di alleanza dell’uomo con le forze cosmiche. Salvare la Casa Comune è l’unica possibilità che ci resta per evitare l’Armageddon della razza umana, provocato da noi stessi. E allora gli uomini di buona volontà, credenti e non credenti, si impegnino affinché non il dio Profitto governi il mondo ma un’armonia superiore, oltre gli egoismi economico-finanziari (e quelli individuali, ovviamente, l’ignavia e il falso moralismo dei più). Come scrive Papa  Francesco nella sua bellissima preghiera per nostra Madre Terra  (VI cap., il più denso): “Tocca i cuori di quanti cercano solo vantaggi a spese dei poveri e della terra”. Non è difficile sconfiggere il Male, si comincia con i piccoli gesti nel quotidiano per giungere ad una volontà condivisa, ove tutto è interrelato, gli esseri e gli elementi di natura. La Casa Comune, appunto.

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Papa Francesco, “Laudato si’”, Lettera Enciclica sulla cura della Casa Comune, ed.Vaticana, pagg.230, euro 4.

13 Commentia““Laudato si’ ””

  1. Ho letto due volte e mezza il tuo bellissimo editoriale sull’enciclica di Francesco per capire cos’è quel certo non so che del documento del papa che mi crea un sottile disorientamento.
    Premetto che non c’è nulla che io non condivida o, meglio, che io disapprovi (e ci mancherebbe pure!), ma ho la fastidiosa sensazione che vi sia, dentro, un, come dire? tasso di populismo (involontario?) di stampo piacione.
    In altri termini, Francesco usa una terminologia accattivante, funzionale al consenso che si attende pressochè unanime, ma poi si ferma sulla crosta del tema e, come i medici che fanno diagnosi e niente terapia, si limita a raccomandazioni tipo quelle della sora Cesira.
    Intendo dire che Francesco dà voce a tutti coloro che hanno a cuore il problema, ma non aggiunge nulla a ciò che direbbero coloro che hanno sensibilità e cervello.
    Francesco (ed anche tu) parla di poveri e di emarginati, di ricchezza in mano a pochi e di desolante povertà di masse immani. Vero, ma non una parola sulla lenta morte di un intero continente, l’Africa, che si sta spegnendo. Dico, un intero continente!
    Un’altra cosa: “politica asservita all’economia?” Ma è esattamente il contrario, a mio parere. Ed è la combinazione dei fattori della produzione che poi incide sul risultato, ossia sulla torta da ripartire, perchè, in termini paretiani generici, i fattori della produzione sono sempre quelli: capitale, terra, lavoro. Poi Keynes ne ha aggiunto un altro, la capacità imprenditoriale.
    La manipolazione di questi fattori crea danni immani: arricchimenti indecenti, impoverimenti criminali, sfruttamento della risorsa terra da galera a vita, localizzazioni e delocalizzazioni a beneficio del capitale e a danno del lavoro.
    Insomma,Antonio, tutti temi noti anche ai ragazzi del secondo anno di economia, ma il fatto nuovo è l’interferenza della politica che altera il meccanismo dei processi.
    Ciò detto, a leggere l’enciclica di Bergoglio io ho la sensazione di qualcosa di già sentito e letto, ma qui c’è una punta, dicevo, di populismo (posso dirlo?) di troppo. Non me ne voglia, ma il Pannella del tempo che fu, la Bonino, i Verdi oggi avvizziti (al Parlamento europeo non ce n’è uno manco a cercarlo col lanternino) già negli anni Settanta e Ottanta dicevano le stesse cose, con altre parole ed altri strumenti.

  2. Precisazione:

    con l’espressione “in termini paretiani generici” intendo la terminologia adoperata dal grande economista Vilfredo Pareto per definire i fattori della produzione: capitale, terra e lavoro. Più tardi John Maynard Keynes ne aggiunse un altro: la capacità organizzativa dell’imprenditore.

  3. antonio mazza // 7 luglio 2015 a 20:25 // Rispondi

    Caro Enzo, grazie per i tuoi apprezzamenti ad un articolo che ho scritto di getto, perché il tema dell’Enciclica lo sento nel profondo, da montanaro ben sensibile alle ferite che ogni giorno vengono inflitte a Nostra Madre Terra. E, di conseguenza, ai suoi figli, i più poveri, come sempre. Populismo? Non indica una terapia efficace? Dovrebbe trovarla la politica ma questa, anche se tu pensi il contrario, è succuba dell’economia, ormai non più su linee classiche, del capitalismo vecchia maniera, ma sui toni aggressivi del capitalismo finanziario, il capitalismo di rapina per il quale gli esseri esistono solo se funzionali al profitto. L’Africa? Un continente ricco ma non per gli africani, fatto a a pezzi dalle multinazionali e qui il Papa andrà a dicembre, come annunciato. Mi spiace solo che non ci sia partecipazione dei lettori, mi aspettavo di più perché il tema mi sembrava di grande interesse, Francesco col suo carisma sta rivoluzionando la chiesa e il mondo e conquista anche i non credenti, come me. Nessun intervento oltre il tuo, un vero peccato ma, certo, l’Enciclica deve essere letta prima di commentare e non tutti hanno voglia o tempo di leggere. A meno che i nostri lettori non siano, come tanti, vittime del solito “anticlericalismo a prescindere”. Ma sarebbe troppo banale, non ti pare?

  4. Direttore, permettimi di insistere su un concetto che ritengo essenziale per meglio comprendere gli effetti nefasti che scaturiscono dall’insana intrusione della politica per pilotare, a suo piacimento e tornaconto, i processi del sistema economico.
    Ho già detto che i fattori della produzione, per loro intrinseca natura, si combinano insieme in un sistema che tende all’equilibrio.
    Alla domanda X (del mercato)corrisponde la quantità Y (prodotta dalle imprese) e per produrre quest’ultima vengono impiegate le necessarie risorse: materia prima, capitali per gli impianti, mano d’opera, energia e materiali di consumo, prestazioni professionali di terzi (es. consulenze legali e tecniche), trasporti di rifornimento (delle materie prime), trasporti di distribuzione (del prodotto finito), costi di assicurazione, imposte e tasse. La somma algebrica dei componenti attivi e passivi determina il Risultato lordo prima delle imposte.
    Se questo sistema, che deve operare in equilibrio per conseguire l’utile d’esercizio al fine della remunerazione del capitale (in tutte le sue espressioni), viene manipolato da agenti/eventi estranei al processo (leggi: politica per scopi propri non necessariamente truffaldini), il sistema va in corto circuito e degenera.
    Così nella piccola, media e grande azienda, così nel privato e nel pubblico e così nell’intero sistema economico e finanziario di un Paese, costituito, alla fine della solfa, dalla sommatoria di tutti gli operatori che interagiscono tra di loro alla stregua dei vasi comunicanti.

  5. L’editoriale del direttore è penetrante ed essenziale come al solito. Bene Antonio. Certo la diagnosi fatta dal Papa è condivisibile per la sua (ovvia)drammaticità. Sono argomenti sui quali abbiamo discusso e sofferto. Bravo Francesco. Bene la sua attenzione a questi problemi e bravo per la sua rivoluzione di “sinistra”. Trovo mancanti le indicazioni di prospettiva. La denuncia è condivisibile, ma la strada non viene indicata. Non emerge un pragmatismo di rinascita da seguire o
    da sperimentare. La soluzione sarà politica, dice il direttore, sì ma diamo almeno una vision comune per credenti e non.

  6. Roberto da Napoli // 11 luglio 2015 a 13:33 // Rispondi

    caro Antonio non credo che non ci sia partecipazione da parte dei lettori, l’argomento è difficile da comprendere tanto che un lettore attento e preparato come Enzo cade nell’errore di ritenere l’approccio all’argomento “Terra nostra” una rappresentazione populista. Le parole quando sono semplici, pure, chiare sono quelle che usa il “popolo”, sempre, tutti i giorni, o, in silenzio, con gesti semplici, come raccoglier un sacchetto posto al di fuori del contenitore e inserirlo insieme agli altri. Difficile è commentare il tuo scritto così profondo ed esaustivo, occorrerebbe lo spazio già occupato da Papa Francesco su tutto l’argomento! Voglio solo dire che a parlare siamo tutti bravi, siamo tutti ecologisti, ma solo qualcuno raccoglie il sacchetto posto fuori posto ( scusa il gioco di parole). Aggiungo solo che ho ricevuto tempo addietro una fotocopia di in 5 euro e sul retro era scritto IO SONO IL SIGNORE DIO TUO–PER ME TRADIRAI I TUOI GENITORI–PER ME UCCIDERAI I TUOI FRATELLI–PER ME VENDERAI LA TUA ANIMA E LA TUA DIGNITA’. Anche questo santino è populista, ma, se questo santino è distribuito dal Papa o dal Pope acquista un valore santifico…..

  7. Probabilmente appartengo alla categoria degli anticlericali a prescindere, ma leggendo l’articolo di Antonio che avevo tralasciato per il suddetto motivo, mi sorge un dubbio.
    Bergoglio, prima forte antagonista di Pedro Arrupe, e della Teologia della Liberazione, fortemente osteggiata sia da Wojtyla che da Ratzinger, non è che ci ha ripensato ed ha visto che tutto sommato il “blasfemo” parallelo tra comunismo e chiesa cattolica non è poi così blasfemo?
    La prova? Dopo un momento di stupore ha accettato il crocefisso su falce e martello, regalatogli da Morales. L’originale di quel crocifisso era di Espinal, gesuita e convinto assertore della Teologia della Liberazione, assassinato nell’80 per la sua vicinanza ai rivoluzionari marxisti e lui non poteva non saperlo.
    Bergoglio, mezzo Peppone e mezzo Don Camillo?

  8. antonio mazza // 23 luglio 2015 a 14:59 // Rispondi

    Bene, un intervento al limite della sempre benvenuta -quando non deborda- polemica che si distingue nella generale ignavia dei lettori, salvo i soliti sensibili ai temi di impegno civile, che qui compaiono. Sì, caro Maurizio, Bergoglio, nel suo intervento ad Aparecida, nel 2007, criticò l’uso della “ermeneutica marxista” adottata dalla teologia della liberazione. Parlò anche del rischio di “riduzionismo socializzante” ma, di recente, ha ricevuto Padre Gutiérrez, padre putativo di quella teologia che Woytila affossò senza se e senza ma (ricordo la lite in Nicaragua con Ernesto Cardenal, prete sandinista e grande poeta). Un ripensamento dunque? No, la sua è una “Teologia del pueblo”, come è stato detto e quindi non può certo ignorare un qualcosa che ormai è nel Dna del clero latino americano progressista. Non è un caso se finalmente Helder Camara, il prete dei poveri, verrà santificato, mentre Woytila lo ignorava volutamente. La Chiesa sud americana ha grandi torti al vertice, dove sono state appoggiate le peggiori dittature plasmate dalla Cia, ma alla base ha dei martiri, da Camilo Torres, prete guerrigliero, a Monsignor Romero, assassinato dagli squadroni della morte salvadoregni. Anche il marxismo aveva come scopo la liberazione dell’uomo, poi è degenerato perché mancava quel “lievito” che permette di non fermarsi alla materia in sé ma di guardare oltre. E Bergoglio va oltre, in un senso che definirei agostiniano, di “Civitas Dei” come armonia suprema dell’uomo con l’uomo e dell’uomo con nostra Madre Terra che stiamo distruggendo. Mezzo Don Camillo e mezzo Peppone, dici? Lui sorriderebbe a quest’affermazione ma sono sicuro che ti direbbe che dove si lavora in buona fede per il bene dell’uomo, non solo merce ma uomo, il dialogo è possibile. Anche quando il Cristo è scolpito su una falce e martello…

  9. Ottima l’analisi e acuta la conoscenza anche dei documenti pontifici. Papa Francesco offre un magistero per tutti, perché la casa è unica e quindi di tutti.
    Papa Bergoglio persuade a salvaguardare il pianeta per salvaguardare
    noi stessi e la nostra madre Terra.

  10. Allora permettimi citare l’ Agostinus Hipponensis
    (sono un mangiapreti,ma ho il viziaccio di leggere molto e di tutto)
    Melius est minus egere quam plus habere.
    È meglio aver meno bisogni che aver più cose.
    Condivido in pieno se mi posso permettere
    Ma non è un po’ Peppone anche lui?

  11. volevo scrivere Augustinus Hipponensis ma il caldo gioca brutti scherzi..

  12. Alessandro // 11 agosto 2015 a 17:45 // Rispondi

    Etica.
    Etica ed economia. Un ossimoro oserei. La storia dell’economia, soprattutto quando c’è di mezzo lo sfruttamento del pianeta, salvo qualche rara eccezione, non ha mai guardato in faccia a nessuno. E laddove c’è economia c’è politica. E per la proprietà transitiva, laddove c’è politica, non c’è etica.
    Egregio Direttore questa la mia sintesi del bel pezzo che ho letto appassionatamente, di cui condivido le conclusioni ovvero che sia affidata alla Fede Religiosa (ma proprio alla Religione?), nella persona di Papa Francesco, il compito di risvegliare le coscienze degli uomini di buona volontà per il rispetto della Casa Comune. Fine ultimo della nostra sopravvivenza.
    Tuttavia, a chi davvero dovrebbe essere affidata la difesa del pianeta? Dovrebbe avere un colore politico ovvero dovrebbe appartenere alla coscienza di ciascun individuo? Basti vedere il nostro povero paese, senza varcare i confini, in cui la cultura dell’ecologia è davvero un’araba fenice. Sfruttamento del territorio, discariche a cielo aperto, discariche interrate, inquinamento delle falde acquifere, cementificazione selvaggia, solo per citarne alcune…
    A chi la colpa? Ai politici? Agli architetti? Agli imprenditori? Ai genitori? Tutti siamo colpevoli. A Roma si direbbe “non je ne frega niente a nessuno”. E allora avanti così, fino al collasso irreversibile. Siamo vicini ormai.
    Aver rispetto prima del giardino Pubblico, e poi di quello privato. Se non ripartiamo dalle giovani generazioni, dall’educazione civica nelle scuole, dalla buona politica, dall’economia sostenibile, rimane “solo” Papa Francesco. Magari avessimo un Papa Francesco in politica, nelle scuole, nei Consigli di Amministrazione delle grandi Multinazionali, o meglio, come miglior amico. Che illumini nel quotidiano l’attuale distorsione del Bene Comune. Ma così non sarà. Ho viceversa il timore che tutti gli appelli, le encicliche, non avranno mai adepti se la contropartita sarà sempre e solo il denaro. Non siamo pronti. Non lo saremo mai. Siamo nel punto di non ritorno, malgrado la Fede.

  13. antonio mazza // 12 agosto 2015 a 20:53 // Rispondi

    Caro Alessandro, la tua è un’analisi terribilmente precisa, sia nella visione generale (il destino del mondo), sia nello specifico (noi italiani e l’ecologia). Finché la legge del Profitto sarà l’unica regola non c’è possibilità di salvezza, solo un chiacchiericcio nei vari, inutili consessi internazionali, con un omaggio di tutti i convegnisti a Papa Francesco, naturalmente. Ma nulla più perché se anche i potenti decidono in positivo saranno sempre condizionati dalla logica economica dove chi domina sono banche e multinazionali. Per quanto poi riguarda il nostro paese è disperatamente come dici tu, dove solo una minoranza (saremo un 30% si e no) cerca di darsi da fare, il resto o è indifferente o è rassegnato o se ne frega proprio. Purtroppo in Italia comanda quella che io definisco la triade maledetta, (eco)mafia, malapolitica e palazzinari e di qui non si schioda, qualsiasi governo venga. Una volta a scuola studiavamo educazione civica e ci piaceva, perché eravamo consapevoli che un giorno saremmo stati cittadini adulti, con diritti e doveri. Ma oggi, per molti, anche troppi, ci sono solo diritti (e anche superdiritti) e doveri così così, all’italiana, da furbastri. La satira del buon Sordi non è servita nulla, il mediocre è rimasto tale però pretende e come senza fare nulla per il bene collettivo. Sì, amico mio, Papa Francesco indica una via dove tutti possono confluire, credenti, non credenti, atei: l’unica via oggi percorribile per salvare nostra Madre Terra. Ma bisogna davvero essere uomini di buona volontà e, credimi, ce ne sono sempre meno…

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