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La settimana calda.

La nuova settimana, dopo la parentesi carnascialesca e il week-end trascorso da Renatina nel paesello natìo, si apriva per Saro con un imperativo categorico: raggiungere anche formalmente quota 20 e chiudere la faccenda.

Fra l’altro, o prima o poi Ninni si sarebbe presentato di persona. Nella gara emulativa dei due, che pure erano amiconi di lunga data, qualche controllo ispettivo non guastava e di tanto in tanto ciascuno visionava l’album dell’altro. Una visita di Ninni in quel preciso momento avrebbe rappresentato per Saro un grosso handicap di

credibilità: che gli avrebbe detto, che quota 20 c’era ma non c’era ? E quell’aborto di foto, che prova era ?

ascensore2

Questa volta uscì sul presto, insieme a Luca che frequentava ancora le Superiori. Il che, fra l’altro, gli impedì di sottrargli nuovamente la macchina fotografica.

L’ascensore era al piano.

<<Metti le dieci lire, che ho fretta!>>

<<Manco per sogno. Gli universitari hanno tempo>>

<<E allora facciamo alla sanfasòn. Io entro e tu spingi il bottone.>>

L’ascensore era dotato, ai piani dal primo in su, di un doppio pulsante: uno normale per le chiamate e un altro per il rinvio verso il basso. Nel presupposto che l’utilizzo prevalente, essendo a pagamento, fosse per la salita e che lo si rimandasse ogni volta a piano terra.

I ragazzi riuscivano a farlo partire appendendosi ai bordi superiori della cabina e non gravando sulla piattaforma, sicchè era come se fosse vuoto e con un complice esterno il gioco era fatto.

Di fronte al piglio del fratello maggiore, il buon Luca capitolò. Ma proprio in quell’istante usciva sul pianerottolo la signora Agatina:<< Un attimo che arrivo!>>

<< Mi dispiace, mi è scivolato il dito! >> fece Luca, protettivo verso la fraterna magagna.

<< Non fa niente >>, sorrise maliziosa Agatina, che aveva avuto per un attimo la visione di Saro appeso come un salame all’interno dell’ascensore.

Saro non aveva pensato nulla per eludere Rino e così nell’atrio agì d’istinto quasi caricandolo a testa bassa a velocità sostenuta, senza un cenno di umana comprensione, e volò fuori.

Doveva arrivare prima della lezione delle nove, per parlare con calma e possibilmente senza catene ai piedi.

Giunse a tempo di record, doppiando nella salita fior di giovani virgulti oltre che, naturalmente, un  Gigino affannato che sostava a metà strada armeggiando col suo cartoccio di zuccherini e che gli fece appena un cenno di saluto, ricambiato solo da uno sguardo distratto da altri pensieri.  Entrò a valanga nel corridoio e poi nell’aula, ma era quasi deserta: mancava un quarto d’ora e Renatina non era ancora arrivata.

Mentre si accingeva ad attendere, passeggiando nervosamente, udì un vociare confuso che proveniva dal cortile ai piedi dello scalone monumentale. Si era formato un capannello di studenti e al centro c’era Franco, che, gesticolando con un pacco di volantini in mano, cercava di parlare spalleggiato da alcuni dei presenti e contestato dagli altri.

Uno, il più esagitato di questi ultimi, gridava istericamente “basta con questi antifascisti” e tentava di contendere i volantini a Franco e ad altri due goliardi.

<< Che è, che fu ?>> chiese Saro al bidello di turno.

<< Si avvicinano le elezioni universitarie e i picciotti si agitano!>>

Dopo un violento tira e molla una parte del materiale era finito in mani infedeli e la ressa minacciava di degenerare. Saro a quel punto planò sul crocchio e con qualche energico spintone tirò fuori l’amico, sottraendolo ai pericoli della zuffa.

<< Bastardi e cornuti ! Ma ora torno indietro…>>

<< Dove vai, tu che sei più leggero di una mosca! Calmati e raccontami tutto: che facisti, ti candidasti ?>>

Franco, tornando lentamente alla normale respirazione: << Sì, mi candidai. Nell’Unione Goliardica, naturalmente. Per prendere il seggio a Scienze Politiche ci vogliono una trentina di voti. Bisogna lavorarci un po’ …ma quei bastardi…>>

<< Non ti preoccupare, noi già siamo tre e poi…per i voti de’ fimmine c’è qua l’amico tuo!>> disse Saro battendosi il petto con convinzione. << Lasciami qualche “santino” per ricordarlo a chi di dovere. Ma ora ti saluto, è arrivato il mio da fare >> e si illuminò in volto.

Renatina aveva oltrepassato l’arco d’ingresso della villa e avanzava, con andatura elegante ma senza eccessi, verso la scalinata. Guardando in alto intravide Saro, gli sorrise e subito abbassò lo sguardo.

 Sotto la giacca del tailleur spiccava una camicetta bianca con un sobrio ricamino sui bordi del colletto. Con la primavera alle porte si era concessa, e concedeva, una decente visione della scollatura.

Saro apprezzò il colpo d’occhio. E sparò con piacere la frase che si era preparata:

<< Buongiorno. E che le dee della prosperità e dell’abbondanza ti siano propizie!>>

<< Come siamo aulici, oggi ! Hai fatto un bagno nella mitologia ?>>

<< Solo un modesto lavacro delle mie parti migliori ! >> scherzò giulivo, dicendo peraltro la verità.

<< Non ti ho mai sentito parlare così !>>

“ Nemmeno io” -  riflettè Saro con un pizzico di smarrimento. << Cultura nascosta. Tocca alle belle picciotte scoprirla ! >>.

<< Andiamo ad assorbire un po’ di cultura, vah, che è quasi ora. Oggi c’è diritto privato>>

Intervenne una voce alle loro spalle:

<< Vediamo se siete preparati: qual è la distanza dal confine delle siepi di robinia ? >>

Era Mirella, che si guardava intorno, alla ricerca del suo intellettuale di riferimento.

<< Miiih, che goduria !>>

<< E degli alberi di alto fusto, che mi dici ? Ne sai niente tu, Tina?>>

 Renatina sorrise maliziosamente, ma non intervenne. Fu Saro a rispondere per lei:<< Comincia a saperne qualcosa, modestamente. Se cerchi il fanciullo è dentro, vallo a consolare, che è super agitato. A momenti le buscava !>>

<< Ma sta bene ?>>

<< Non ti preoccupare, è integro, quasi vergine, direi ! >> sghignazzava Saro, beato.

Rimasti soli, Saro si avvicinò al viso della ragazza, con sguardo intenso : << Dobbiamo parlare, seriamente>>.

<< Detto da te! Allora ci vuole tempo. Dopo la lezione, adesso vieni ad acculturarti, chè gli esami sembrano lontani, ma poi…>>

Trascorse un’ora estremamente pallosa, che Saro sopportò soltanto perché intravedeva il dopo. Figurarsi che il docente parlava anche in latino:”obligatio est iuris vinculum…”

<< …quo necessitate adstringimur>> proseguì come in una litania una parte dell’uditorio, compresi i due sodali e le fanciulle a latere.

<<Amen!>>, concluse sottovoce Saro, provocando l’ilarità di Renatina e dei colleghi più vicini. Solo Carmelo, consapevole che la vita è sacrificio, specie per il figlio di un maresciallo di P.S.,  gli diede un’occhiataccia, ma poi soffocò anche lui una risatina che gli sgorgava dal profondo, respirando quasi con fragore.

Terminato il sacrificio, Saro corse all’uscita del palazzo: li attendeva un’altra giornata di anteprima primaverile, benedetta dal sole e dagli odori.

Sottobraccio, discesero verso il centro.

<< Con una giornata così dovevi fare la foto! A proposito, come sono riuscite quelle di Aci Castello? Me le hai portate?>>

<< Una meraviglia. Come uccelli notturni siamo venuti benissimo ! Merito del flash, di tutti i castellesi  e pure dei vecchietti lamentosi!>>

<< Datti pace, al naturale non andiamo poi così male! Ma ora le cose serie, da bravo ragazzo!>> provocò lei. E poi, in un eccesso di sfottò, ma con un pizzico di desiderio: << Mi volevi forse proporre un pomeriggio di studio, con dibattito finale sulle “Parrocchie di Regalpetra” ?>>

<< Bih, soruzza, ma le cose serie sono tante: la pallavolo, gli amici fraterni…>>

<< E mettiamoci pure la meditazione yoga…>>

<< E la meditazione sulle belle femminelle che ci stanno attorno… >> e cercò di abbrancarla, ma erano ormai in via Etnea, c’era troppa gente e lei lo respinse con un finto sguardo di riprovazione.

<< Oggi si studia, questo è poco ma sicuro. E se non mi vuoi da te, lo faccio al pensionato, dove tu non puoi entrare. Sì, lo faccio con Catena!>>

<< Cerca di capire: a casa, con mia madre, tu che sei una tentazione…>>

Renatina ebbe quasi pena: << Se vuoi, un’oretta prima di cena…>>

<< Veramente alle sei c’è allenamento e non…>>

<< E allora le proposte serie me le fai domani. O dopodomani o quando ti pare. Se mi trovi ancora !>>.

Renatina girò i tacchi e andò via.

<< Coi maschi, studio coi maschi!>> le gridò appresso Saro. E fra sé, per consolazione: << Mai confondere le cose serie con le femmine, mai!>>

L’indomani Saro non ebbe neanche voglia di guardarsi allo specchio del bagno. Procedette lentamente alle operazioni strettamente necessarie necesarie e uscì meditabondo.

Nell’atrio, sentendosi senza volontà, si consegnò spontaneamente al suo persecutore. Gli venne in mente soltanto una banalità in latino:

<< Mala tempora currunt!>>

<< Malu tempu ? No, signorino, c’è il sole. E poi per un picciotto come voi non ci può essere trivolo, sarebbe un’ingiustizia del Signuruzzu! Ma che è questione di cuore?>>

<< Più di femmine che di cuore, spero>>.

<< Allora basta solo aspettare: male che va, un’altra femmina cascherà dall’albero, ai vostri piedi. Rino se ne intende, si lasciasse servire!>>

<< Vah, andiamo a taliare che aria tira. Me ne vado, mi devi domandare cosa?>>

<< Signorino, oggi mancu l’orario c’addomando, e tornasse cchiù ghisato*>>.- E rivolto verso una figura che procedeva nell’androne:<< E’ vero, signora Agatina, che un picciotto come lui deve riprendersi subitaneamente?>>

<< Da che cosa? Ma perché, che successe ?>>, fece l’interlocutrice chiamata in causa senza preamboli.

<< Cosa di voi femmine, pare>>, concluse Rino con un sospiro saputello.

<< Noi? e che siamo tutte uguali? C’è chi fa soffrire e chi consola!>> e sfilò dinanzi ai due, ancheggiando più del dovuto, per sfottere Rino. E non solo per questo.

Saro non reagì. Imboccò  lemme l’uscita e si avviò verso la Facoltà.

Durante il percorso, gli montò una sana rabbia, che ebbe il benefico effetto di  risvegliarlo dal torpore. Ma quel sentimento lo rivolse più verso sè stesso che verso la fanciulla. Non ricordava, a memoria di Ganzo 19, di non aver mai trovato il bandolo della matassa nei riguardi dell’altro sesso: ottenere e poi chiudere senza ritegno, e se trascorreva troppo tempo chiudere comunque e passare sotto il prossimo albero generoso, come diceva Rino.

A Villa Cerami erano quasi le dieci e c’era il brusìo dell’attesa, nei corridoi. Naturalmente non era informato del programma di lezioni del suo corso, “chè tanto non sono obbligatorie”, si rassicurava sempre. Domandò ai conoscenti e infine la intravide, nel consueto crocchio  Franco- Mirella -  Carmelo -Catena.

<< Che vuoi, che cerchi? >> gli si parò dinanzi Catena.

.

Saro neanche la vide, procedette deciso verso Renatina e, giunto ad altezza di sguardo, le fece cenno di uscire, senza neanche salutarla.

<< Buongiorno, innanzitutto! Non posso uscire adesso. Sono impegnata, molto impegnata con gli studi!>>

<< E lo sarà per tutta la settimana!>> rincarò la dose Catena, incuneandosi con voce stridula ad altezza dei fianchi di Saro.

<< Non andrai neanche al CUC ? Vediamoci là  domani >>

<< E non hai qualche allenamento, di sport o di qualcos’altro ?>> chiese ironica Renatina.

<< Questa settimana la proiezione è di venerdì – interruppe Franco- E’ un’occasione particolare: danno “Morire a Madrid”, un film documentario sulla guerra di Spagna. Sono previste presenze illustri, di politici e intellettuali. Noi ci saremo tutti>>.

<< Ci saremo tutti!>> ribadì ad alta voce Renatina, gli volse le spalle e si allontanò inghiottita dal gruppo, ancheggiando anche lei più del dovuto.

(Selezione dei brani dal libro di F. Romeo, CATANEIDE, Città del Sole Edizioni, a cura di Enzo Movilia)

1 Commentoa“La settimana calda.”

  1. La risposta di Saro “solo un modesto lavoro delle mie parti migliori…” è un capolavoro di istrionica ironia, niente, comunque,a confronto della gestione dell’agenda per raggiungere la mitica quota 20.
    Una cosa del genere la facevamo anche noi di Trapani (oggi vivo in provincia di Padova e in zona vivono anche due carissimi amici di allora)ma l’arbitro ed il controllore era, manco a dirlo, una nostra compagna di università alla quale confidevamo le nostre pene d’amore, sesso tentato compreso.

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