La mostra sul DNA al Palaexpo
Date le evidenti somiglianze tra genitori e figli, si è sempre intuito che ci dovesse essere qualcosa che si potesse trasmettere di generazione in generazione; però fu solo nella seconda metà dell’Ottocento (1865) che Gregorio Mendel enunciò le tre leggi sull’ereditarietà dei caratteri ereditari degli esseri viventi. Passate all’epoca quasi inosservate, le leggi vennero riscoperte nel 1900 da altri scienziati e da allora fu tutto un susseguirsi di studi e ricerche che permisero di individuare i fattori ereditari (chiamati geni) e la molecola che li costituisce, ovvero l’unica molecola in grado di duplicarsi, rendendo così possibile la riproduzione della vita: l’acido desossiribonucleico, più noto con l’acronimo DNA.
La storia appassionante della genetica è protagonista di un’ampia mostra dal taglio didattico nel Palazzo delle Esposizioni di Roma dal titolo “DNA. Il grande libro della vita da Mendel alla genomica”, a cura di Bernardino Fantini, Telmo Pievani, Sergio Pimpinelli, Fabrizio Rufo. Il Palaexpo di Roma conferma la sua propensione a trattare argomenti scientifici, come già ha fatto con Darwin, con Homo sapiens, con le meteoriti, con i numeri ecc. rendendo partecipe il grande pubblico (e in particolare le scolaresche) delle scoperte che hanno cambiato il nostro modo di vedere le cose.
“Una sostanza invisibile permea la natura e le nostre vite… Ha una struttura biochimica definita e un’architettura mirabile, ma sfugge ai nostri sensi”, scrive Telmo Pievani nel catalogo (Silvana Editoriale), eppure “l’immagine lineare del DNA, icona di casualità e destino, di speranza e condanna al contempo, ha permeato la società… Non a caso diciamo, di ciò che più ci caratterizza, che ce l’abbiamo scritto nel DNA”. In realtà, più che di un’immagine lineare, si tratta di una doppia elica, che si avvolge a spirale, non così dissimile, in fondo, da quel simbolo antico di sapienza, il caduceo di Ermes (due serpenti attorcigliati intorno a un bastone con due ali) che è divenuto il simbolo farmaceutico della medicina.
Compito non facile della mostra è quello di “raccontare l’invisibile” e lo fa con una pluralità di linguaggi: dalla scrittura sintetica alle immagini fotografiche e ai video; dalle grafiche ai cartoon; dai reperti originali che rievocano storie di scienziati e di esperimenti scientifici agli allestimenti che contribuiscono a rendere la visita un “percorso emozionale”. Apre l’esposizione una messa in scena coinvolgente, una sala che si presenta come un ambiente liquido dove è proiettato sui quattro lati un filamento della molecola della vita, il cui linguaggio scritto è costituito da un alfabeto di quattro lettere (A, T, C, G), corrispondenti alle basi azotate del DNA (adenina, timina, citosina, guanina), che cadono a pioggia formando le sagome di diversi esseri viventi. In effetti, il DNA è universale: riguarda sia il mondo animale, sia quello vegetale, come pure i microrganismi; ciò che cambia è la sequenza delle basi, che trasmette informazioni diverse.
Dopo questa prima installazione immersiva nella materia, si è introdotti nella prima sezione storica dedicata al padre della genetica, il monaco boemo Gregorio Mendel (botanico, matematico e meteorologo) che nel monastero agostiniano di Brno portò avanti per molti anni, a partire dal 1854, i suoi esperimenti di ibridazione sui piselli e con i dati statistici ottenuti formulò le leggi dell’ereditarietà (1865) in anticipo sui tempi. Infatti, pur inviando estratti del suo lavoro in tutta Europa, non riuscì all’epoca a suscitare l’interesse degli altri studiosi. Oltre a una ricostruzione scenografica dell’orto dell’abbazia, sono presenti documenti e cimeli, tra cui anche il microscopio e gli occhiali di Mendel, mentre un exhibit interattivo permette ai visitatori di visualizzare tutte le possibili combinazioni con le relative probabilità che si possono avere incrociando due geni di una coppia di genitori.
La seconda sezione storica, novecentesca, riguarda la nascita della genetica, gli studi sui cromosomi (i componenti del nucleo della cellula dove sono allineati i geni) e le mutazioni, quei cambiamenti nel DNA che stanno alla base dell’evoluzione. Si va dalla riscoperta dei risultati di Mendel da parte di Hugo de Vries, Karl Correns e Erich von Tschermak agli studi sul moscerino della frutta Drosophila melanogaster da parte di Thomas Hunt Morgan, alla genetica di popolazione, alla genetica biochimica e all’eugenetica. Grande spazio viene dato alla storia dell’agronomo Nazareno Strampelli e al suo miglioramento genetico del grano che egli portò avanti a Rieti negli anni Trenta, consentendo all’epoca l’autosufficienza agraria in Italia.
Seguono le altre sezioni che illustrano la struttura molecolare del DNA, scoperta nel 1953 da James Watson e Francis Crick, che ebbero per questa scoperta il Nobel (la cristallografa Rosalind Franklin, che pure contribuì a individuare la doppia elica, non potè averlo perché morì prima), quindi, evidenziando via via i contributi di vari studiosi, si passa attraverso il suggestivo “Bosco di cromosomi”, un’installazione di 23 colonne con caratteristiche bande che alludono ai 23 cromosomi delle cellule riproduttive umane (le cellule normali ne hanno 46). Si parla quindi di clonazione nella sezione “Dolly e le altre”. Della pecora Dolly, il primo mammifero a essere clonato, è esposta la maschera funeraria in gesso, il cranio e altre ossa e un maglione realizzato con la sua lana. Il percorso prosegue con la medicina su misura, con i cacciatori di fossili e di molecole (pensiamo alle impronte di DNA utilizzate nella genetica forense), per finire con la settima e ultima sezione intitolata “Leggere il codice, riscrivere il codice: io sono davvero il mio genoma?”
Gli interrogativi sono molti e l’impressione è che le nuove frontiere della genomica, la bioingegneria e la biologia sintetica, possano avere delle implicazioni etiche difficilmente risolvibili. È giusto immettere in natura organismi con il genoma sintetizzato in laboratorio? Potremo “costruire” organismi viventi senza sentirci in colpa? Per approfondire ulteriormente i temi trattati in mostra sono previsti una serie di incontri settimanali gratuiti e visite guidate su prenotazione.
DNA, il grande libro della vita da Mendel alla genomica
Roma, Palazzo delle Esposizioni, Via Nazionale 194
10 febbraio – 18 giugno 2017
Orari: venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 22.30; lunedì chiuso; gli altri giorni dalle 10.00 alle 20.00;
Biglietti: Intero € 10, ridotto € 8
Informazioni e prenotazioni: tel. 06 39967500; www.palazzoesposizioni.it
Vorrei solo fare una precisazione: Rosalind Franklin non prese il premio Nobel perchè il Dr. Crick era allora (1961) ed è tuttora un essere abbietto che considerava le donne come esseri inferiori. E’ vero che la Franklin nel 61 era morta, ma il premio Nobel può essere conferito anche alla memoria. l’esimio dr. Crick si prese tutto il merito.