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La foto ingiallita – come eravamo!

ImmagineL’ultima domenica di marzo ero solo in casa e non avendo nulla di importante o di urgente da fare, mi sono messo a rovistare nei cassetti e negli armadi senza nessuna necessità.

Occupazione più cretina  non poteva venirmi in mente, ma ero solo, mi andava di farlo e sono stato pure premiato per il mio dolce far niente.

Da un cassetto della scrivania che fu di mio suocero spuntò fuori una fotografia ingiallita e malridotta.

L’avevo vista in passato mischiata ad altre scartoffie, ma non l’avevo mai guardata bene perché credevo si trattasse della fotografia dei suoi alunni che non mi interessava affatto ma che non avevo buttato via per il rispetto dovuto ai ricordi del professor Giambattista.

E invece era una cosa che riguardava me, proprio me, e l’ho capito scrutando bene quella faccia di impunito della terza fila, l’ultimo a destra, che non ero io ma la conoscevo, eccome se la conoscevo!

Come potevo sbagliarmi?

Quegli occhietti vivi e penetranti, quel sorrisetto malizioso ed allegro di chi poteva essere se non di Salvatore Bruno, l’irresistibile imitatore di Totò che ci faceva scompisciare dalle risate durante l’ora di italiano del professor Vinciguerra?

Guardo meglio la foto per vedere in quale angolo mi ero cacciato e mi vedo in seconda fila, dietro Mariella e a fianco di Luigi. Dietro a me Mimmo, Pietro, Ciccio Pedullà e Franco.

Ad uno ad uno li riconosco tutti e di ognuno mi viene in mente il modo di parlare, di gesticolare, di ridere. Mi viene in mente un po’ di tutto e riassaporo il gusto di quei rapporti di grande amicizia, di complicità, di condivisione e di solidarietà che non ho più ritrovato nella vita da adulto, a parte quelli che mi legano a due o tre amici di allora con i quali il rapporto è più intenso e gratificante di una parentela.

Già, la foto di gruppo! Un classico di fine corso, ma credo che per noi della Quinta A sia stata qualcosa di non rituale e quelle espressioni allegre e sorridenti raccontano tutto il piacere ed il calore dello stare insieme che c’era in quel gruppo di ragazzi che stavano per prendere strade diverse dopo cinque anni volati via senza accorgercene.

Fra le tante, la faccia di Bruno mi sembra la più emblematica perché esprime e sintetizza lo spirito allegro non solo suo, ma di tutta la classe.

Salvatore era un attore nato e quando si esibiva, cioè sempre, sollecitato da Mimmo, da Pietro o da Pippo, quelli più vicini a lui, il professor Vinciguerra, l’insegnante di lettere del secondo anno, faceva la faccia cattiva e minacciava fuoco e fiamme ma poi si voltava dall’altra parte, oppure si chinava a terra facendo finta di allacciarsi una scarpa per non far vedere che rideva come un pazzo.

Una volta entrò, senza bussare, il vice preside perché le risate e gli schiamazzi erano stati uditi persino dalla presidenza, al piano terra.

Lo Sceriffo, così chiamato per lo sguardo severo ed i modi piuttosto burberi, era stato mandato dalla mite ed anzianotta preside Fenoglio per vedere cosa stesse succedendo nella Seconda A, al primo piano.

Salvatore Bruno si stava esibendo, il professor Vinciguerra si stava allacciando la scarpa, l’intera classe era voltata verso Bruno e nessuno si accorse dell’arrivo impetuoso dell’Avvocato Fragomeni, alias Lo Sceriffo.

Il vice preside bofonchiò qualcosa con occhi di fuoco ma nessuno si scompose, poi tornò rapidamente sui suoi passi e dalla porta rimasta socchiusa molti videro che stava ridendo.

Rideva, ma si guardava attorno per accertarsi che nessuno lo vedesse.

Caro il nostro vicepreside, burbero per ruolo ma non per convinzione!

Quelle facce le riconobbi tutte e di ognuno ricordai nome, cognome, soprannome, modo di parlare e di gesticolare, di scherzare, di incavolarsi, ecc.

Riconobbi quelli che mi erano simpatici, quelli che lo erano meno, quelli con cui avevo legato di più e quelli con cui non avevo mai legato.

Naturalmente con alcuni l’amicizia è durata anche negli anni successivi e due o tre di loro sono ancora tra i miei amici più cari, quasi fratelli, con i quali condivido tutt’ora tempo, vacanze e svaghi.

Naturalmente non mancavano i simpatici e gli antipatici, come è ovvio che fosse, ma non farò nomi né degli uni né degli altri perché il tempo attenua ed omogeneizza tutto e tutto viene stemperato nella dolcezza del ricordo.

Spaparanzato su una poltrona con la foto in mano, comincio a mettere a fuoco mille particolari di quegli anni indimenticabili e, a sorpresa, mi viene in mente anche il giorno, l’ora, il luogo e l’autore dello scatto.

Era il 7 giugno del 1965, ultimo giorno di scuola dell’ultimo anno e a Siderno faceva già un caldo da mare.

Quel giorno decidemmo di fare la foto di gruppo perché dopo, con la preoccupazione degli esami, non ci sarebbe stato il tempo e forse nemmeno la voglia.

Il fotografo Coluccio si raccomandò di farci trovare pronti all’uscita dalla scuola, a mezzogiorno in punto, perché avrebbe chiuso il negozio per qualche minuto e sarebbe venuto a farci due o tre scatti.

Lo ricordo bene perché andammo io e Mimmo Pellegrino a chiederglielo e non mancammo di dirgli che dopo avremmo fatto la raccolta dei soldi per pagarlo.

“Non vogghiu sordi, ma non facitimi u perdu tempu ca ndaiu da fari!”.

Coluccio l’ha fatto perché sapeva che non avevamo nemmeno il becco di un quattrino, ma quando ci chiamò per ritirare le foto gli portammo tre pastarelle che avevamo comprato da Mimmo Strati sul corso principale. Vai a capire perché solo tre!

E gli amori? Non diciamo nulla dei cuori infranti della mitica Quinta A?

Diciamo, diciamo!

Beh, per la verità non molto, ma quel poco che posso dire lo dico non per sentito dire ma perché ho raccolto i sospiri del mio “cerchio magico”.

Franco si struggeva per Susy ed alternava giorni da affamato a giorni di digiuno quasi completo, ma ho sempre avuto il sospetto che quelle visite così frequenti e così prolungate nel suo bel negozio di dolciumi sul corso principale non fossero fatte per andare a dare un bacetto a mamma e a papà.

Luigi mi ha fatto consumare non so quante paia di scarpe lungo la strada che porta alla stazione ferroviaria perché da quelle parti abitava la ragazza del suo cuore.

In quegli anni andava per la maggiore una canzonetta il cui ritornello suonava più o meno così:

“La ragazza del mio cuore sei

E baciare non ti posso mai,

Sempre tra la gente te ne stai

E sola con me non vuoi uscire mai!”

L’ho detestata per anni.

Ma Luigi aveva lanciato già la lenza nell’azzurro Ionio e alla lenza stava per abboccare la magnifica preda che gli avrebbe allietato la vita per sempre.

Mimmo, innamorato perso già a diciott’anni, non perse tempo e appena sistemato i conti con il lavoro, convolò a nozze con la sua bella brunetta.

Di altri ho notizie di seconda mano non verificate, pertanto è meglio non parlarne.

E di me?

Erano gli anni di un tenero amore con una ragazza di un paese vicino, poi gli esami di Stato, la borsa di studio e la buona sorte mi catapultarono a Roma ed il tenero amore svanì senza eccessivi rimpianti.

All’orizzonte, però, si materializzò ben presto ….

4 Commentia“La foto ingiallita – come eravamo!”

  1. Anch’io mi sono ritrovato in una vecchia foto custodita da mia madre e capitatami in mano per puro caso ma con grandissima emozione.
    Devo però aggiungere che dei compagni, ventidue per l’esattezza, sono riuscito a riconoscerne non più di tre ed ho stentato persino a riconoscere me stesso. L’emozione comunque è stata fortissima ed ho provato davvero un gran piacere. Pagherei chissà che cosa per rivivere solo per un istante l’atmosfera che regnava tra di noi, ma forse il ricordo è anche più bello della realtà e trentotto anni lasciano il segno in chiunque. Ciò nonostante, non c’è dubbio che flash come questo proposto dall’autore sono una boccata d’aria pura.

  2. giovanna innocenti // 18 maggio 2015 a 16:52 // Rispondi

    io ho un rappoarto bellissimo con i miei compagni di ragioneria per ovvi motivi siano rimasti meno di dieci ma con un affetto che è tipico di chi ha passato anni bellissimi anse se come i tuoi senza fronzoli il dopo guerra non era tenero ma chi se ne accorgeva…. mi hai ricoradto quegli anni grazie giovanna

  3. In quella fotografia non c’è solo la classe della scuola del Signor Movilia, bravo come sempre a distillare emozioni dal più profondo del cuore e della mente, ma c’è una generazione intera, la mia compresa.
    Una foto simile ce l’ho anche io ed anche io non riconosco più le persone ed è un vero dispiacere

  4. Andare a rovistare nei cassetti della memoria, e non solo in quelli dei mobili di casa, è uno sport molto praticato ed io penso che sia un esercizio utile e piacevole perchè è bello rivisitare i ricordi che non necessariamente significano nostalgia, semmai curiosità ed interesse.
    C’è poi un’altra cosa che mi sembra assodata: le amicizie più vere e più forti sono quelle che si fanno in gioventù, sui banchi di scuola, e non ai giardinetti o al centro anziani.

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