Chi di noi non conserva in qualche angolo della casa una vecchia foto del periodo scolastico, una di quelle affollate istantanee di gruppo di fine anno? E’ un frammento del nostro passato, qualcosa che, pur ingiallito dal tempo che tutto corrode, ci parla ancora di lontane primavere in cui la vita era un quotidiano stupore. La gioventù come un periodo fluttuante, il periodo dei sogni possibili, soprattutto allora, all’inizio degli anni ’60, quando gli italiani si scaldavano al tepore – poi rivelatosi ingannevole, ma questa è un’altra storia – del boom economico. Quell’età ancora incerta, che stai appena uscendo dall’adolescenza e la fine della scuola ti prospetta il mondo dei “grandi”: quell’età che Enzo Movilia e Pietro Parisi rivivono nel ricordo suscitato dalla foto di gruppo in chiusa dell’anno scolastico 1965. E ne è scaturito un libro-amarcord a due mani, “Quei ragazzi della Quinta A”.
“Io ricordo che..” e inizia Movilia a rievocare quei lontani giorni di Siderno, Istituto Tecnico “Guglielmo Marconi”. Immagini sfocate dei compagni di classe, una classe mista, immagini che invadono le pagine con la chiassosa freschezza della loro verde età. Ed ecco Nino, Tano, Mimmo, Luigi, Alba, Gabriella e tutti gli altri, protagonisti di una serie di quadretti che non sono solo “poster” giovanili ma anche ritratto antropologico di un paese del Profondo Sud anni ‘60. Perché dietro i vari episodi rivissuti, dalle patatine fritte rubate alla professoressa di matematica al cha cha cha di Gabriella durante l’ora di religione, occhieggia sornione un’umanità semplice e genuina (soprattutto qui, dove il retaggio contadino è forte, campagne e poderi oltre il nucleo cittadino: un modo di “sentire” le cose non ancora omologato dal consumismo incipiente).
E poi il mitico viaggio alla Fiat di Torino, il soggiorno a Genova e Roma, il colorito ritratto della Badessa quando ormai il giovane Movilia è giunto nell’Urbe e dimora alla Casa dello Studente. Un primo addio alla Quinta A che però gli resterà sempre dentro e i ricordi diventano, col tempo, preziosi camei della memoria che, dopo cinquant’anni, vengono tolti dalle teche dove erano custoditi e riassaporati in tutta la bellezza di quegli anni spensierati. Nostalgia, certo, ma senza il peso spesso oppressivo del rimpianto, solo la giusta consapevolezza di aver percorso un tratto felice della propria vita. Ed è poi il tono che anima le pagine scritte dall’altro ex della Quinta A, Pietro Parisi, “Ed io ricordo che…”, a dar manforte con i suoi quadretti alla galleria di tipi già tracciata dal suo compare.
Babù, u’ Musuni, ‘u Cavaleri, u’ Pumadoru, soprannomi che celano caratteri non sempre socievoli, magari anche ispidi e tuttavia in quell’accolita di ragazzi si trova sempre il punto di armonia. Complici anche gli insegnanti, come la signorina Alviggi, il cui fratello Nino sedeva fra i banchi della Quinta (ma trattato alla stregua degli altri, imparzialmente) o Benedetto, il professore di ragioneria che raccomandava di frenare gli ardori politici perché, si sa, i giovani hanno il sangue caldo (e di lì a poco , con tutti i morti ammazzati, la maggior parte sui vent’anni, si capì quanto avesse ragione). E’ il clima della classe, la sua tipologia umana di fresca anche se talora rude spontaneità e qui ripeto quanto detto sopra, il luogo, Siderno, con un vasto entroterra contadino, quindi una situazione antropologica particolare.
I valori, questi c’erano, l’amicizia in primo luogo, che diventava fra i ragazzi sorniona complicità. Ed entusiasmo corale che si contagiava all’intorno, come nel caso del giornalino di classe, pochi fogli in ciclostile e un grande successo di pubblico per i suoi toni fra serio e faceto (dalle goliardate in latino maccheronico all’affondo nella spinosa – e tuttora irrisolta – “Questione Meridionale”, che l’Italia si trascina dai tempi dell’Unità). E anche qui il mitico viaggio a Torino, con momenti di panico (il pranzo d’etichetta alla Fiat), i rapporti interpersonali, le “cotte”, il momento della separazione, quando ognuno si avvia per la sua strada. E, infine, il guardarsi indietro e ritrovarsi da “grandi” con alcuni dei compagni di un tempo e magari scriverci insieme un libro.
In fondo, leggendo “Quei ragazzi della Quinta A” ritroviamo tutti qualcosa di noi perché tutti abbiamo avuto accanto allora quel tipo di umanità, nel positivo e nel negativo. E dunque i ricordi del duo Movilia-Parisi sono in parte anche i nostri, certo diversi, antropologicamente diversi, come ho scritto, che ben diverso era allora il clima umano fra una scuola del Sud rurale ed una grande città del centro-nord (i miei ricordi romani, ad esempio, sono decisamente incolori, improntati più sui rapporti di forza che sulla solidarietà). E infatti quelli che il Tempo non ha dispersi, rintracciati dal duo, evocano con piacere i giorni della Quinta A: i giorni in cui la vita era ancora un frutto acerbo.
“Quei ragazzi della Quinta A”, di Enzo Movilia e Pietro Parisi, Città del Sole, pagg.160, euro 10. Tutti i proventi della vendita del libro andranno alla Casa di riposo Sebastiano Pezzimenti di Palizzi Superiore ed alla Casa Emmaus di Palizzi Marina.
Scritto da: Antonio Mazzain data: 22 maggio 2016.il7 maggio 2017.
Luigi dei “Quartieri alti” c’est moi!
Studiavamo, anche, in classe, per la scuola e per la vita e poi, ritrovandoci fuori dall’aula, direi socraticamente, passeggiavamo nel paese oggi Città, continuando quella frequentazione con i Docenti che ha amalgamato un Gruppo coeso il quale ha brillato agli esami di Diploma.
Non eravamo distratti da telefonini et similia, studio pomeridiano, anche per gruppi con ripassi e confronti del sapere appreso; poi voglia di sana competizione per primeggiare, ma senza colpi bassi.
Redattore, uno dei cinque, del Giornale di Classe affrontai temi seri, allora di attualità, ancora oggi tali e da sempre, per la “Questione Meridionale” ed anche faceti con il “De Puellarum Inopia”, grido di dolore in latino maccheronico per la carenza di donne nella nostra Scuola.
Amicizie cementate in anni di frequentazione scolastica e fuori delle aule che ancora oggi durano, con Pietro e con Vincenzo (Enzo) in particolare. Il primo collega di Banca – le nostre rispettive nutrici si frequentavano da giovanette e scorrazzavano anche a cavallo in quel di Palizzi ove la mia si recava in vacanza – ed il secondo compagno di Facoltà, dopo la Quinta A, ed incrociato nel mondo del Lavoro. Io Funzionario di Tesoreria Centrale della B.N.L. a gestire la Liquidità dell’Azienda bancaria ove ho prestato servizio ed egli di là a coordinare la Tesoreria di una Azienda del Gruppo ENI/Agip. Destini incrociati che oggi, da pensionati, ci consegnano molti ricordi, indelebili, oltre quei mitici anni della gioventù.
Quant’è bella giovinezza che si lieta …
Da anni seguo i servizi del Dottor Movilia su questo giornale e conoscendo il suo modo avvincente di raccontare immagino che il libro sia davvero godibile.
Spero di poterlo avere ordinandolo alla Casa Editrice.
Mio padre ottantenne ne sarà felice
Luigi dei “Quartieri alti” c’est moi!
Studiavamo, anche, in classe, per la scuola e per la vita e poi, ritrovandoci fuori dall’aula, direi socraticamente, passeggiavamo nel paese oggi Città, continuando quella frequentazione con i Docenti che ha amalgamato un Gruppo coeso il quale ha brillato agli esami di Diploma.
Non eravamo distratti da telefonini et similia, studio pomeridiano, anche per gruppi con ripassi e confronti del sapere appreso; poi voglia di sana competizione per primeggiare, ma senza colpi bassi.
Redattore, uno dei cinque, del Giornale di Classe affrontai temi seri, allora di attualità, ancora oggi tali e da sempre, per la “Questione Meridionale” ed anche faceti con il “De Puellarum Inopia”, grido di dolore in latino maccheronico per la carenza di donne nella nostra Scuola.
Amicizie cementate in anni di frequentazione scolastica e fuori delle aule che ancora oggi durano, con Pietro e con Vincenzo (Enzo) in particolare. Il primo collega di Banca – le nostre rispettive nutrici si frequentavano da giovanette e scorrazzavano anche a cavallo in quel di Palizzi ove la mia si recava in vacanza – ed il secondo compagno di Facoltà, dopo la Quinta A, ed incrociato nel mondo del Lavoro. Io Funzionario di Tesoreria Centrale della B.N.L. a gestire la Liquidità dell’Azienda bancaria ove ho prestato servizio ed egli di là a coordinare la Tesoreria di una Azienda del Gruppo ENI/Agip. Destini incrociati che oggi, da pensionati, ci consegnano molti ricordi, indelebili, oltre quei mitici anni della gioventù.
Quant’è bella giovinezza che si lieta …
luigi m.
Da anni seguo i servizi del Dottor Movilia su questo giornale e conoscendo il suo modo avvincente di raccontare immagino che il libro sia davvero godibile.
Spero di poterlo avere ordinandolo alla Casa Editrice.
Mio padre ottantenne ne sarà felice