Cina. Le tombe di Mawangdui
La straordinaria scoperta di tre tombe di epoca Han a Mawangdui, nella provincia dello Hunan (Cina meridionale), avvenuta tra il 1972 e il 1974, suscitò all’epoca grande clamore in tutto il mondo, soprattutto per l’incredibile conservazione della salma di una donna, dando un nuovo impeto alla ricerca archeologica cinese in una zona dove si favoleggiava da secoli della presenza di tombe di principesse. Degli oltre 3000 oggetti che sono stati ritrovati negli scavi, tra cui lacche, sete, bronzi, giade e manoscritti, 76 sono esposti a Palazzo Venezia nella mostra “Le leggendarie tombe di Mawangdui. Arte e vita nella Cina del II secolo a.C.”.
Come sottolinea il sottotitolo della mostra, da questi oggetti si può capire il tenore di vita e le alte competenze artistiche e tecnologiche di un impero come quello cinese che si sviluppò per alcuni secoli in contemporanea con l’impero romano: due imperi questi che sono stati messi a confronto qualche anno fa, sempre a Palazzo Venezia, nella grande mostra “L’aquila e il dragone”. E nella stessa sede, come ha ricordato la Soprintendente Speciale per il Polo museale romano Daniela Porro, si è chiusa a marzo l’esposizione dedicata alla Cina arcaica, mentre a Pechino si è da poco inaugurata la mostra dedicata al Barocco romano, per ribadire uno scambio culturale tra Italia e Cina siglato nel 2010.
Gli oggetti esposti, provenienti dal Museo provinciale dello Hunan, sono di grande raffinatezza e forte impatto visivo: sono stati ritrovati tutti nelle tre tombe della famiglia di Li Cang, primo Marchese di Dai. Come in molte civiltà antiche, le tombe erano concepite come dimore ultraterrene e per questo venivano fornite di una quantità impressionante di oggetti artistici e cultuali. Straordinariamente ben conservato è il rarissimo stendardo funerario di seta dipinta, a forma di T, che descrive il viaggio dell’anima della defunta principessa Xin Zhui, moglie di Li Cang, verso l’immortalità. I motivi iconografici sono relativi al mondo celeste nella parte superiore, a quello terrestre al centro e a al mondo infero ultraterreno nella parte inferiore. Un sole rosso con un corvo nero ci incuriosisce nella raffigurazione del cielo. Il corvo non è forse il messaggero del Sole nel mitraismo? Anche se il mondo cinese appare molto chiuso, chissà che non possa esserci stata una trasmigrazione di idee e simboli da una religione a un’altra. In fondo il mitraismo è di origine indo-iranica e la Cina deve aver avuto rapporti con quel mondo. Anche il motivo della pesatura dell’anima ci ricorda analoghe credenze presso popoli antichi, come gli Egizi, mentre ci appare esclusivamente cinese la raffigurazione di un pipistrello con una connotazione positiva, in quanto ha lo stesso suono della parola “Fu”, che vuol dire felicità.
Quanto alla principessa, il cui corpo è stato ritrovato quasi intatto nella tomba 1, grazie a una particolarissima tecnica di seppellimento in ambiente sterile, possiamo farci un’idea della sua aristocratica bellezza da una statua a grandezza naturale, che ne ricostruisce l’aspetto all’età di circa 38 anni. Un filmato descrive la straordinaria scoperta e gli studi effettuati sul suo corpo.
Sono esposti in mostra diversi capi d’abbigliamento di preziosa seta, tra cui calzini, guanti, una gonna, e un sacchetto per contenere profumi, a rimarcare l’importanza di questo tessuto già nel III e II secolo a.C., tanto che i cinesi venivano chiamati Seres, ovvero popoli della seta, come riferisce Plinio nella sua “Storia Naturale”, anche se all’epoca si era ben lontani dal sospettare che si trattasse di un tessuto animale. Plinio infatti riferisce che si trattava di “un filato ricavato dalle loro foreste, staccando una peluria bianca dalle foglie dopo averle macerate in acqua”.
Di bella fattura sono molti lussuosi oggetti in legno laccato, tra cui un vassoio, piatti, fiasche per alcolici, mestoli, contenitori per cosmetici, come pure uno specchio in bronzo con motivi a draghi, sigilli in giada e in agata, pettini in legno, armi in corno, ma le cose più interessanti della mostra sono sicuramente i manoscritti su seta e i testi scritti su listelli di bambù e tavolette lignee, che costituivano una vera e propria “biblioteca sotterranea”. Ci sono testi che riportano l’inventario degli oggetti conservati nelle tombe, mentre altri trattano gli argomenti più svariati, come quelli a tema medico e farmacologico, con tanto di ricette, o quello sulla divinazione attraverso l’interpretazione dei fenomeni astrologici e atmosferici.
Le leggendarie tombe di Mawangdui. Arte e vita nella Cina del II secolo a.C.
Roma, Palazzo Venezia, dal 3 luglio 2014 al 16 febbraio 2015.
Orario: dalle 10 alle 19; lunedì chiuso.
Ingresso: 4 euro, ridotto 2 euro
info: www.mondomostre.it
molto interessante
un mondo lontanissimo da noi ma vicino per molti aspetti culturali intercomunicanti