Io dipinto
di Antonella D’Ambrosio
Fino al 22 marzo si può ancora visitare la mostra dall’intrigante titolo “Io dipinto”, la collezione di autoritratti del Novecento di Franco e Maria Antonietta Nobili. Si tratta della possibilità di ammirare l’intera collezione, prima privata, che i Musei Vaticani mettono a disposizione del pubblico nelle Salette della Torre Borgia. È una collezione veramente particolare ed esposta in forma chiara e gradevole, tanto da arricchire chi la visita: comprende i nomi più noti dell’arte italiana tra primo e secondo Novecento come Giacomo Balla, Giorgio de Chirico, Mino Delle Site, Emilio Greco, Pietro Marussig, Pippo Oriani, Ottone Rosai, e gli altrettanto celebri nomi della Scuola Romana e dintorni, come Ferruccio Ferrazzi, Franco Gentilini, Virgilio Guidi, Mario Mafai, Luigi Montanarini, Adriana Pincherle, Fausto Pirandello e Alberto Ziveri, assieme ad artisti stranieri come Xavier Bueno, Jean Cocteau e José Ortega. Gli interessi umanistici dei coniugi Nobili si palesano con la presenza di scrittori-artisti come Carlo Levi, Trilussa e Mino Maccari; una rappresentanza ottocentesca è costituita dagli intensi autoritratti di Antonio Mancini, Filippo Palizzi ed Ettore Ximenes, mentre l’autorappresentazione, a figura intera come “Amazzone”, dell’ancora poco nota veneziana Linda Buonajuti è stata scelta come opera di apertura dell’esposizione e come quarta di copertina del bel catalogo.
Le cinque figlie dei collezionisti hanno generosamente donato ai Musei Vaticani questa notevole raccolta costruita dai genitori nel corso della loro vita insieme. La mostra, come pure l’imperdibile catalogo, è a cura della dottoressa Rosalia Pagliarani del Reparto Arte Ottocento e Contemporanea dei Musei Vaticani. La particolarità di questa collezione è ben sintetizzata da questa frase della curatrice: «Ogni volta che ci si immerge nello studio delle collezioni tematiche, o “particolari”, si apprende soprattutto qualcosa sull’identità di chi colleziona. Perché collezionare sembra avere a che fare, più di tutto, con l’essere: essere in un certo modo, pensare in un certo modo, avere degli interessi specifici, costruire il mondo attorno a sé, con-formandolo». Perché così importante farne tesoro ? sono 64 opere notevoli, molte delle quali inedite. Stupisce trovarsi difronte al pittore stesso, si può vedere il quadro e contemporaneamente chi lo ha dipinto. Ognuno ha, oltre che una mano diversa, una espressione diversa, una impostazione diversa. Uno psicologo può sbizzarrirsi ad analizzare ogni pittore: c’è chi guarda negli occhi lo spettatore e dunque anche se stesso mentre si ritraeva, chi invece si è effigiato di profilo, come Mario Delitala; chi è assorto nei suoi pensieri, o addirittura chi, come Leila Lazzaro, si è ritratta in un piccolo quadro posto accanto al ritratto del suo cane. In altri casi, invece, l’artista si è messo in posa con la tavolozza in mano, in una postura tradizionale, come per esempio Luigi Montanarini. Il lungo e appassionato studio sotteso, già apprezzabile dalla chiarezza della Mostra, è ben palese nel ricco catalogo di autori vari in cui le dettagliate schede che prendono in considerazione ogni singola opera, giustamente inserite in ordine alfabetico per una più rapida consultazione, sono precedute da articoli sulla storia della collezione e dei collezionisti e da due interessanti saggi sulla collezione come “specchio del sensibile” di Rosalia Pagliarani e sul processo di auto-rappresentazione delle opere di Micol Forti.
Il volume, frutto di studi e ricerche approfondite, presenta al pubblico nella sua interezza la Collezione Nobili, che, come abbiamo detto, comprende i nomi più noti dell’arte italiana tra primo e secondo Novecento, esponenti della Scuola Romana, alcune presenze estere, nonché autori ottocenteschi attivi a cavallo tra i due secoli. Il catalogo, come la mostra, si apre con il ricordo di Franco Nobili: la vita, la famiglia, l’impegno politico, l’amore per l’arte e il particolare indirizzo che, assieme alla moglie, volle dare alla sua collezione privata. Seguono pagine che spaziano da approfondimenti sulla loro attività di collezionisti e sullo stretto legame con le gallerie, alle influenze del mondo culturale e politico in cui Nobili operava, per giungere a un’acuta analisi sul senso della autorappresentazione.
Un sottoinsieme della collezione Nobili è rappresentato da una serie di autori sardi, o operanti in Sardegna, frutto degli abituali soggiorni estivi della famiglia nell’isola. Franco Nobili entra, così, in contatto con il pittore Elio Pulli, anch’egli appassionato per la pesca, e tramite Pulli la fama della sua collezione raggiunge anche altri artisti residenti nel sassarese, desiderosi di entrare a far parte della raccolta. Altri invece provengono dalle piccole gallerie d’arte locali. Abbiamo, dunque, anche un’interessante testimonianza dell’autoritratto sardo del secondo Novecento. Vi compaiono non solo nomi di autori noti nel panorama nazionale come il già nominato Mario Delitala, maestro del folklore sardo, che disegna l’autoritratto esposto all’età di novantadue anni, ormai quasi cieco, e Costantino Spada, artista anticonvenzionale e ribelle, o il cagliaritano Giorgio Scano, dedito prevalentemente alla grafica, o il paesaggista Franco Carenti. Liliana Cano, friulana di adozione sassarese, si ritrae mentre fuma il sigaro proponendo un modello di femminilità non remissiva.
Sarebbe un peccato comprare il pur esaustivo catalogo senza aver visto la mostra, e dal vivo le pennellate e la vivida presenza di ciascun pittore, ma altrettanto manchevole fare a meno di un catalogo, Edizioni Musei Vaticani, che resta perenne al piccolo prezzo di 25 euro.
“Io dipinto”, Salette della Torre Borgia, Musei Vaticani, fino al 22 marzo. Da lunedì a sabato h.8-20, visita libera incluso nel biglietto d’ingresso, euro 20 intero e 8 ridotto. Gratis ultima domenica del mese.
Bellissima recensione molto approfondita
Grazie per le interessantissime parole pennellate intorno a questa mostra, talmente immersive che sembra quasi di esserci stati!