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Caro Vincent

Autoritratto 1887, olio su cartone - c. Kroller-Museum, Otterlo, The Netherlands

Autoritratto 1887, olio su cartone – c. Kroller-Museum, Otterlo, The Netherlands

                                                                          Caro Vincent

di Antonio Mazza

  “Vorrei dipingere uomini e donne con un so che di eterno, di cui una volta era simbolo l’aureola, e che noi cerchiamo di rendere con lo stesso raggiare, con la vibrazione dei colori”. In questa frase è racchiusa l’essenza dell’arte di Vincent Van Gogh, la pittura come ricerca spirituale che la gamma cromatica esalta nel delineare l’aura, quella vibrazione di energia che ognuno di noi promana e che solo una sensibilità particolare può percepire. Vincent aveva quella sensibilità, suo pregio e sua dannazione, un’umiltà di fondo presente in tutti i suoi lavori, la semplicità ma anche il giusto orgoglio dell’artigiano consapevole del proprio valore, sì da poter affermare “quanto sbaglia l’uomo che non si considera piccolo, che non si rende conto di non essere che un atomo”. Una frase che gli scaturisce dall’anima, essendo lui figlio di un pastore della chiesa riformata olandese, permeata di quei rigori tipici del pensiero calvinista.

I mangiatori di patate 1885, litografia su carta velina -  c. Kroller-Muller Museum, Otterlo, the Netherlands

I mangiatori di patate 1885, litografia su carta velina – c. Kroller-Muller Museum, Otterlo, the Netherlands

  Vincent ha un carattere fragile, non riesce ad inserirsi nel suo ambiente, si sente  un reietto e ritrova se stesso solo a contatto con il mondo umile dei contadini e minatori, fra i quali esercita l’ufficio di catechista volontario. Dopo la rottura con il padre s’impegna in vari mestieri ma soprattutto segue la sua vena artistica che sin da ragazzo l’ha spinto verso il disegno. E’ un giovane con la testa piena di sogni, alla ricerca di una purezza figurativa che, avvicinatosi alla pittura, gli fa sentire affine al suo sentire quasi francescano la Scuola di Barbison, per il realismo di sapore tardo romantico che la caratterizza. In particolare Millet ed anche, durante il soggiorno parigino, gli impressionisti, con i quali approfondirà il senso del colore fino a dargli quella valenza psicologica che lo renderà famoso. Ma non in vita, conclusa tragicamente a 37 anni con un colpo di pistola, e fu Johanna Bonger, la sorella di Theo, l’amato fratello, organizzando  mostre e stabilendo contatti con i critici, a farlo finalmente conoscere nel suo giusto valore. E a Palazzo Bonaparte,  grazie al collezionismo di Helene Kroller-Muller, possiamo ammirare i capolavori provenienti dal suo museo, per importanza secondo solo al Museo Van Gogh di Amsterdam.

Natura morta con cappello di paglia, 1881, olio su tela - c. Kroller-Muller Museum, Otterlo, The Netherlands

Natura morta con cappello di paglia, 1881, olio su tela – c. Kroller-Muller Museum, Otterlo, The Netherlands

  Cinque sezioni e 50 opere, introdotte da un piccolo florilegio di altre opere importanti del museo, quali il “Ritratto di Giovanni di Sassonia”, di Luca Cranach il vecchio”, “Au café”, di Auguste Renoir e lei, l’amante del Bello, Helene Kroller-Muller, donna volitiva e dallo guardo intelligente come la raffigura Floris Verster. E qui si varca la soglia del palpitante universo di Vincent, quel periodo olandese che lo vede impegnato a rappresentare gli ultimi, la loro fatica quotidiana, il loro umile e dolente trascorrere nei giorni sempre eguali del loro esistere. “Donna che pela patate”, “Contadina che raccoglie il frumento”, “Donne nella neve che trasportano sacchi di carbone”, “I mangiatori di patate”, “Uomo che avvolge il filato”,  combinazioni di gessetti, acquerelli, carboncini, pastelli, litografie con il “Vecchio che soffre” ad esprimere un malessere simile se non identico a quello che Vincent vive ogni giorno della sua vita. Un malessere ontologico che, quando lui scopre l’uso del colore (il quadro di passaggio è “Natura morta con cappello di paglia”, di limpida bellezza), trova proprio nel gioco cromatico il suo dato più significante.

Il seminatore, 1888, olio su tela - c. Kroller-Muller Museum, Otterlo, The Netherlands

Il seminatore, 1888, olio su tela – c. Kroller-Muller Museum, Otterlo, The Netherlands

  Se l’esperienza parigina (vedi il delizioso “La collina di Montmarte”), con la conoscenza dell’Impressionismo, dà un tono nuovo e più solare alla sua pittura (“mi servo del colore in maniera più arbitraria, per esprimermi con maggior forza”), questa comunque continua a maturare nel profondo un dolore che da individuale si fa universale. Assomma in sé tutto il malessere di quel mondo di umiliati e offesi rappresentato più volte ed al quale sente di appartenere, espressione fisica del “Weltschmerz”, il Dolore Universale, al quale nessun essere umano sfugge. Ma qui si intrecciano anche la solitudine, il bisogno estremo di purezza, il tempo che scorre inesorabile, il dissidio con Gauguin. Emblematico “Il seminatore”, opera splendida, in apparenza serena, non inquietante come “Paesaggio con covoni di grano e luna nascente”, dove il grano ed i monti sembrano attraversati da un moto ondoso (e si avvertono echi stilistici del “pointillisme” di Seraut e Signac). Un disagio che diventa disturbo mentale, fino al ricovero di Vincent nell’ospedale psichiatrico di Saint-Paul-de-Mausole (da lui raffigurato nel malinconico “Il giardino del manicomio a Saint-Remy”). E tutto appare drammatizzato dalla vivida pastosità del colore.

Paesaggio con covoni di grano e luna nascente, 18  , olio su tela - c. Kroller-Muller museum, otterlo, The Netherlands

Paesaggio con covoni di grano e luna nascente, 1889 , olio su tela – c. Kroller-Muller museum, otterlo, The Netherlands

  Quinta sezione della mostra, la fase finale della vita e dell’arte di Van Gogh. Al ritratto cui si era dedicato cercando di enucleare l’aura del soggetto, la sua essenza (“Chi posa per il ritratto è una persona in carne e ossa, ma è la sua emanazione che va afferrata”), con risultati notevoli a livello espressivo (“Testa di donna”, “Testa di donna con cuffia bianca”, “L’amante”) e alle nature morte, ora alterna il paesaggio che, nella sua panica violenza, riflette un anelito di assoluto. Talora il segno tende al “giapponesismo” che allora andava di moda (evidente in  “Pini al tramonto”), ma più  in generale dall’impasto di colori scaturisce un’immagine d’angoscia del profondo, come nel tormentato “Il burrone”. E il dolore di una delle sue ultime opere, “Vecchio disperato (alle porte dell’eternità)”, trova la sua immagine speculare nell’autoritratto al termine della mostra, il suo volto come una scultura antica, solcata dalle rughe del tempo, lo sguardo fisso in un’eternità oltre il tempo e lo spazio. E, quale amaro controcanto per il vitalismo che esprime, “Interno di un ristorante”, quadro denso di luce, con quei tavoli addobbati e pronti per un banchetto al quale Vincent Van Gogh non parteciperà mai.

Vecchio disperato (alle porte dell'eternità) 1890, olio su tela - © Kroller-Muller Museum, Otterlo, the Netherlands

Vecchio disperato (alle porte dell’eternità) 1890, olio su tela – © Kroller-Muller Museum, Otterlo, the Netherlands

  Il banchetto della vita.

Interno di un ristorante, 188 , olio su tela - © Kroller-Muller Museum, Otterlo, the Netherlands

Interno di un ristorante, 188 7, olio su tela – © Kroller-Muller Museum, Otterlo, the Netherlands

“Van Gogh. Capolavori dal Kroller-Muller Museum” a Palazzo Bonaparte fino al 26 marzo 2023. Da lunedì a venerdì h.9-19 e sabato e domenica h.9-21, Biglietto intero euro 18 (audio guida inclusa), ridotto 16 (idem). Prenotazione e prevendita euro 1,50. Per informazioni 068715111 , www.mostrepalazzobonaparte.it  e www.arthemisia.it . La mostra, in collaborazione con il Kroller-Muller Museum, Otterlo, The Netherlands, è a cura di Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti. Patrocinio di Regione Lazio, Comune di Roma – Assessorato alla Cultura e Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi.

1 Commentoa“Caro Vincent”

  1. Fabrizio Dringoli // 30 ottobre 2022 a 10:10 // Rispondi

    Bel commento ad una mostra che si annuncia interessante.Mi sembra che A Mazza ben descriva l aggrovigliato tormento esistenziale di Van Gogh così evidente nelle sue vibranti opere,ripercorrendo brevemente le fasi della sua vita breve e sfortunata

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