Pubblicato: 16 maggio 2016 di Nica Fiori in News // 0 Commenti
Era dal novembre 2013 che Villa Aldobrandini era stata chiusa al pubblico per consentire una serie d’interventi di restauro e messa in sicurezza. Finalmente i Romani e i turisti possono nuovamente godere di un giardino pensile con affacci panoramici nel cuore di Roma.
Un’oasi verde dove natura e architettura convivono in felice ma precario equilibrio, visto che i problemi legati alla sua manutenzione più volte l’hanno costretta a lunghe chiusure e al conseguente oblio. E pensare che un tempo ha ospitato anche una scuola elementare e, d’estate, gli spettacoli teatrali di Checco Durante.
Per inquadrarla topograficamente, va precisato che questa villa, che deve il nome al cardinale romano Pietro Aldobrandini (1571-1621), occupa lo spazio trapezoidale compreso tra via Panisperna, largo Magnanapoli, via Nazionale e via Mazzarino, sulla quale, tra ruderi di epoca romana, si apre l’attuale ingresso al parco con una scenografica scalinata (opera di Cesare Valle, 1938).
La trasformazione urbanistica della zona, all’epoca dell’apertura di via Nazionale, che corre su un piano più basso, ha nettamente sconvolto l’aspetto della storica villa secentesca oltre a diminuirne in sensibile misura l’ampiezza. Essa si presenta ora come un giardino completamente racchiuso tra alti muraglioni, dai quali però, specie dal lato di largo Magnanapoli, lo sguardo spazia lontano fino al Gianicolo.
Il monte Magnanapoli che, con molta fantasia, deve il suo nome, secondo alcuni, alla presenza di edifici termali di un certo Paolo (balnea Pauli), o alla presenza nell’area di costruzioni fortificate dei Colonna, che, essendo conestabili del regno di Napoli, si fregiavano del titolo di Magnus Neapolis Conestabilis, godeva per la sua posizione elevata di un’aria particolarmente pura. Proprio per la salubrità del luogo il duca Ippolito d’Este lo scelse per costruirvi una villa, acquistandone il terreno, ma morì senza aver realizzato il suo desiderio. In seguito il “monte” fu acquistato dalla famiglia Vitelli, che vi costruì un palazzotto ma ben presto la proprietà passò alla Camera Apostolica e fu allora donata da papa Clemente VIII Aldobrandini al nipote Pietro, da poco creato cardinale. Egli affidò all’architetto Carlo Lambardi l’ampliamento del primo edificio e la costruzione di un padiglione nel giardino (quello d’angolo che si affaccia su largo Magnanapoli dal lato della chiesa di Santa Caterina): il tutto fu portato a compimento nel 1602, come risulta dalle cronache dell’epoca che riportano alla data del primo maggio una visita del papa per ammirare i lavori.
L’edificio principale, di sobrie linee barocche, presenta una facciata su via Panisperna situata a sinistra di un ampio portale che introduce ad uno spiazzo al quale fa da fondale un grande ninfeo; un’altra facciata coronata da statue si trova sul lato ovest verso i giardini. Il dislivello del terreno portò ad un differente numero di piani: tre su via Panisperna, due sul lato ovest. Mentre il pianterreno era adibito ai servizi, i piani superiori erano sontuosamente decorati e soprattutto ricchi di opere d’arte. La collezione di capolavori raccolta dal cardinale comprendeva dipinti di Tiziano, del Correggio, del Parmigianino ora dispersi in vari musei e le celeberrime Nozze Aldobrandine (ora nella Biblioteca Vaticana), un dipinto murale databile al I secolo d.C. scoperto per caso sull’Esquilino da due “tombaroli” dell’epoca, che fu ammirato e studiato da Pietro da Cortona, da Rubens e molti altri artisti. Dopo la morte del proprietario la villa appartenne per un certo periodo ai Pamphili, quindi ai Borghese e acquistò nuova importanza quando divenne sede del governatore francese di Roma, il conte Sextius de Miollis, tra il 1811 e il 1814. Dopo tornò nuovamente alla famiglia Aldobrandini fino al 1929, quando lo stato, per evitare che fosse venduta a privati per fini speculativi, la acquistò destinando il palazzetto principale a sede dell’Istituto per l’Unificazione del Diritto Privato, mentre il giardino venne ceduto al Comune di Roma per fini di pubblica utilità.
La villa ha subito negli anni diverse modifiche, ma le maggiori sono state eseguite nel 1876, in occasione dell’apertura di via Nazionale. Furono costruiti lungo il muro di cinta due padiglioni gemelli, simili a quello già eretto dal Lambardi, mentre nel 1920 fu aggiunto un nuovo edificio su via Panisperna, opera di Clemente Busiri Vici. Il giardino non conserva più le statue antiche (sostituite ora da copie in resina), che lo ornavano, ma è sopravvissuto un pregevole sarcofago marmoreo che ha sul coperchio le figure acefale di una coppia di sposi. Fino al 1929 vi erano anche le statue delle Stagioni, ora nella villa Aldobrandini di Frascati, che sono state riconosciute dal critico Federico Zeri come opera di Pietro e Gianlorenzo Bernini.
Ciò che lo rende particolare, a parte gli affacci panoramici sulla Torre delle Milizie e sull’Angelicum, è la presenza di alberi d’alto fusto, in particolare un gigantesco platano e un maestoso Gingko Biloba (albero considerato un fossile vivente perché appartenente ad una specie presente sulla Terra già 250 milioni di anni fa), frammisti a molti esemplari di agrumi, a cespugli di mirto e gruppi di palme dalle foglie a ventaglio. La rarità di alcune piante lo rende un vero e proprio orto botanico, come nel caso di un albero davvero singolare, l’Erithrina cristagalli, così chiamato per i fiori rossi che richiamano nella forma la cresta di un gallo, o il Lagerstroemia Indica, o albero di San Bartolomeo, perché il tronco si squama come una pelle (san Bartolomeo venne scuoiato vivo) e oltretutto la fioritura ad agosto coincide con la festa del santo. In questa stagione sono notevoli le fioriture delle numerose camelie (spesso veri alberi più che arbusti), dislocate sul lato di via Nazionale e, dal lato di via Mazzarino, dell’acanto, la bellissima pianta invasiva che caratterizza diversi siti romani e la cui foglia è il motivo decorativo dei capitelli corinzi.
Gli interventi di manutenzione a cura della Sovrintendenza Capitolina hanno riguardato il restauro di alcuni pregevoli marmi antichi e delle basi che sorreggono le statue presenti nel giardino, la pulizia e la riattivazione delle fontane, la messa in sicurezza degli arredi instabili, il recupero degli elementi architettonici deteriorati dei padiglioni. In area archeologica, gli interventi, non ancora conclusi, sono consistiti nella messa in sicurezza di murature e aree a rischio. La villa è stata dotata inoltre di un complesso sistema di videosorveglianza ed allarmi antiintrusione che ne assicurano la copertura visuale completa.
Villa Aldobrandini Roma, Via Mazzarino, 11 Orario: dalle 7 al tramonto
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