Un albergo per l’Arte
Un albergo per l’Arte
di Antonio Mazza
Quanti sono i musei nel nostro paese? Ben oltre 4mila, una bella cifra che, sommandosi a quella già cospicua di chiese, castelli, borghi medioevali, dà l’idea del nostro immenso patrimonio di Bellezza che non sono pochi ad invidiarci. Aggiungiamoci il fascino dei siti naturali, la magia di certi paesaggi di mare o di montagna, e allora si comprende come, malgrado i nostri mali endemici (una spesso scarsa attenzione al passato, soprattutto da parte della politica, burocrazia, cementificazione eccetera), l’Italia resta un “unicum” nel contesto mondiale e per questo, quasi un prosieguo dei fasti del Grand Tour (sia pure in chiave di “selfie”), siamo ai primi posti nelle classifiche del turismo internazionale. Ma torniamo ai musei. Ognuno di questi, in particolare i più grandi, ha una sua parte invisibile, preclusa al pubblico, salvo fare rotazione del materiale che giace nei depositi, spesso completamente dimenticati. E qui è il punto, perché oggetti che oltre ad un loro valore artistico ne hanno un altro, pure importante, che riguarda il nostro cammino nei secoli (un manufatto che segna un preciso periodo storico, ad esempio), sprofondano in un oblìo fatto di polvere e ragnatele.
Evitiamo di perdere un tassello spesso prezioso della nostra memoria, questo è il senso di “Arte fuori dal museo”, un progetto che, se ben sviluppato, può aprire nuovi spazi in termini di Conoscenza. E’ già un evento culturale in sé la presentazione del progetto al Bettoja Hotel Mediterraneo di via Cavour, dove per un anno verrà esposta la “Dea Roma o Virtus”, una bella statua romana in marmo del II secolo d.C. scovata nei depositi del Museo Nazionale Romano e restaurata dal gruppo Bettoja Hotels. E’ l’ottimo inizio di un discorso di sinergia pubblico-privato, frutto del protocollo d’intesa siglato dalla Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura con l’Associazione non-profit LoveItaly che, fruendo della rete degli hotel del Lazio aderenti a Federalberghi, punta proprio a salvare opere d’arte dall’oblìo esponendole nei locali pubblici. Questa l’idea per ora ovviamente limitata a livello locale ma l’obiettivo è di estenderla su scala nazionale, cosa possibile in virtù della doppia valenza del progetto: recupero di un frammento della nostra memoria e sua esposizione ad uso turistico (un piccolo assaggio del nostro patrimonio artistico) e come valore aggiunto per l’albergo ospitante.
Alla conferenza stampa di presentazione erano il Direttore del Museo Nazionale Romano Stéphane Verger,Il presidente di LoveItaly Richard Hodges, la vicepresidente di LoveItaly Tracy Roberts, il coordinatore del progetto Carlo Felicioni, il presidente di Federalberghi Lazio Walter Pecoraro, il presidente di Federalberghi Roma Giuseppe Roscioli e, naturalmente, il padrone di casa, Maurizio Bettoja, presidente del gruppo Bettoja Hotels. Un’iniziativa la cui importanza è stata sottolineata anche da Massimo Osanna, Direttore Generale Musei, partendo da quel fortunato recupero effettuato da Stéphane Verger nella cantina 7 del Museo Nazionale Romano, passando per la fase successiva di incontro pubblico-privato, il restauro e infine l’esposizione in un’apposita teca (coinvolti nel progetto anche ArtCentrica, il Gruppo Mag, Zest Group). Idea molto simile, come ha detto Walter Pecoraro, era stata formulata quando era sindaco Veltroni, poi la burocrazia ha mandato tutto nel cassetto finché i tempi sono maturati e la Dea Roma figura all’interno dell’Hotel Mediterraneo, valido esempio di architettura razionalista, autore l’architetto Mario Loreti, 1938, che curò anche il design interno. Ma delle sue bellezze ha parlato Maurizio Bettoja, a cominciare dalla hall, originale degli anni ’40, con il gusto déco che caratterizza il Mediterraneo, i suoi locali abbelliti da opere d’arte, gli intarsi in legno, come quello di Prometeo sul camino, la Sala del Mosaico con scene di caccia in stile medievale, la Sala San Giorgio con l’omonimo santo in mosaico di Augusto Cernigoj ed altri mosaici sulle porte degli ascensori (partenza e ritorno di Ulisse, autore Franco D’Urso), la Sala delle Polene, lampadari e lampade disegnati da Giò Ponti, stucchi, arredamento d’epoca.
E poi l’ospite d’onore, la Dea, con sullo sfondo due capolavori, l’antica mappa del Mar Mediterraneo, spettacolare tempera su pergamena di Achille Capizzano e un singolare orologio con il quadrante in guisa di sole e la base come onde marine, firmato da Mario Loreti. Quando la statuetta fu recuperata nei depositi pur incrostata e bisognosa di cure non era in cattive condizioni e il restauro l’ha riportata al suo primitivo splendore, come documenta un video. Neanche un metro di altezza, in marmo bianco a grana fine, abbigliata come un amazzone (l’influsso della tradizione classica greca), un elmo sul capo, la sinistra che regge un’asta e la destra mutila che regge una spada corta, è un’opera di provenienza ignota ma di buona fattura. Non un pezzo integro ma composto di varie parti, anche non pertinenti, come la mano destra, sproporzionata rispetto al resto del corpo, l’espressione fiera, ben interpreta il suo ruolo di Virtus Romana che si impone in uno scenario di gran classe.
Il Bello chiama il Bello.
“Arte fuori dal Museo”, Bettoja Hotel Mediterraneo. Per il video sulla storia del progetto di restauro della Dea Roma: www.museonazionaleromano.art.centrica.it. Per l’attività di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale italiano www.loveitaly.org
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