Pubblicato: 27 maggio 2019 di Nica Fiori in News // 0 Commenti
Cosa c’è di più perfetto dei cinque solidi platonici? Non è forse ad essi che aspirano gli umani nella loro ricerca dell’assoluto? Sembra chiedersi Giampiero Abate (Roma, 1970) nelle sue opere esposte a Roma nella galleria Margutta Home nell’ambito della mostra “Ultrareale”, dal 21 maggio al 7 giugno 2019. Il titolo, come scrive la curatrice Alessandra Redaelli, “non è scelto a caso. Ultrareale è qualcosa che va al di là del reale (non è iperreale, per intenderci), ma piuttosto perché lo trascende”.
Le opere, realizzate con la tecnica precisissima dell’acrilico ad aerografo su tela, sono di una pulizia formale impeccabile, ma la perfezione tecnica da sola non è arte, mentre Giampiero Abate “riesce a dare all’algida perfezione di un dipinto ad aerografo la potenza emotiva che tocca dentro e che ci costringe a pensare”.
In questa ricerca di Abate l’arte trova il proprio spazio all’interno del dialogo tra il reale e l’ideale. Il bello artistico diventa così una domanda sui nostri bisogni e sulle nostre aspirazioni più profonde. Ci rendiamo conto che l’uomo vorrebbe raggiungere la perfezione, andare al di là del reale, ma, così come il biblico Lucifero, non può equipararsi a Dio ed è destinato a cadere.
I solidi platonici, così chiamati in onore di Platone, che li analizza nel suo “Timeo”, sono figure geometriche, definibili attraverso un algoritmo, e allo stesso tempo oggetto di studio e venerazione da parte di scienziati, sacerdoti, maghi e filosofi d’ogni tempo e tradizione, in quanto meravigliose strutture archetipiche connesse con gli aspetti cosmologici e metafisici dell’universo. A partire dal Rinascimento tra gli estimatori di questi solidi ci sono stati Luca Pacioli, Piero della Francesca, Leonardo da Vinci, Athanasius Kircher e poi ancora Keplero, Newton. In campo artistico e in tempi più recenti se ne sono occupati Escher e lo scultore Adriano Graziotti.
Parliamo dei poliedri regolari, cioè dotati di una simmetria geometrica, ottenuti congiungendo poligoni regolari (triangolo, quadrato e pentagono) tutti uguali tra loro e con diedri e angoloidi uguali. Sono cinque in tutto, anche se da essi ne possono derivare molti altri.
Il tetraedro, l’esaedro (cubo), l’ottaedro e l’icosaedro rappresentano per Platone i quattro principi fondamentali dell’universo, fuoco, terra, acqua e aria, mentre il quinto solido, il dodecaedro, è quello “di cui il dio si servì per decorare l’universo”. Questa particolarissima struttura geometrica, composta di 12 facce pentagonali, oltre ad aver avuto varie attribuzioni quali “etere”, “cosmo”, “tutto” etc., possiede innumerevoli qualità, la più interessante delle quali è connessa proprio coi pentagoni che ne costituiscono le facce. Il pentagono è una figura piana regolare che, per essere inserita nella circonferenza, necessita di uno strano passaggio nel mondo degli irrazionali. Infatti mentre tutti i poligoni regolari sono facilmente rapportabili alla lunghezza del raggio e quindi facilmente realizzabili, il pentagono può essere costruito solo attraverso la proporzione aurea, cioè il numero irrazionale 1,618… che compare nella successione di Fibonacci.
Ricordiamo che i solidi di Platone non sono solo teorici, ma esistono in natura. Il cloruro di sodio, ad esempio, si dispone in esaedri, mentre i cristalli di fluoruro di calcio sono ottaedri. Gli uomini e le donne al centro dei dipinti di Giampiero Abate condividono con i solidi una gelida perfezione. Sono nati, infatti, all’interno di un mondo totalmente artificiale (un sofisticato software 3D), senza modelli vivi né alcun legame con la realtà. Ci colpiscono per il dinamismo delle loro perfette anatomie nello spazio invaso dai poliedri, i cui colori, spruzzati con l’aerografo, richiamano, ma non sempre, quelli degli elementi, come il rosso del fuoco nel tetraedro.
Verità e artificio, vita e assenza di vita, possibile e impossibile, reale e “ultrareale” si fronteggiano in questi dipinti in una “battaglia che prende le forme di una caduta, non solo fisica, ma anche metaforica, spesso convulsa in torsioni di sapore manierista”, come scrive la curatrice.
La mostra Ultrareale sembra rifarsi alla tradizione dell’arte classica, ma con una tecnologia decisamente avanzata: consente, infatti, anche l’uso della Realtà Aumentata applicata all’arte grazie alla partnership con AR Market. Mediante un’App scaricabile gratuitamente sul proprio smartphone, il visitatore potrà entrare “all’interno” dei dipinti, in una dimensione “ultrareale”, con un’immersione completa, emozionale e interattiva. L’organizzazione della mostra è curata da Arts in Rome.
Giampiero Abate. ULTRAREALE
Margutta Home, via Margutta 55 – Roma
21 maggio-7 giugno 2019
Ingresso libero
Scritto da: Nica Fioriin data: 27 maggio 2019.il20 giugno 2019.
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