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Sulle orme di Sigerico

20160901_  Sulla facciata del Duomo di Fidenza, fra le più belle chiese romaniche d’Italia, in uno dei bassorilievi figura un gruppo di pellegrini in marcia verso Roma, per rendere omaggio alla tomba di Pietro. Qui passava la Via Francigena, era una tappa importante, la “submansio” 19, come la descrisse l’arcivescovo Sigerico nel suo lungo viaggio da Canterbury a Roma per ottenere il “pallium”, l’investitura papale. Mille km. il tratto italiano, un percorso che ora, dopo anni di cure ed una preziosa quanto intelligente sinergia fra istituzioni pubbliche e private, può ospitare in sicurezza i pellegrini del nuovo millennio.

  La Via Francigena è Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa, candidata all’Unesco, un cammino nella storia e nelle bellezze d’Italia ma, soprattutto, un cammino all’interno di sé, che tale è il pellegrinaggio, a prescindere dall’atto di fede. Questo lo spirito che anima la prima guida ufficiale della Via Francigena edita da Terre di Mezzo, a cura di Roberta Ferraris  con il contributo di Luciano Callegari e Simone Frignani. E’ un agile volumetto di formato tascabile, quindi di  poco ingombro per lo zaino del viandante che deve comunque puntare all’essenziale (vedi istruzioni a pag.24). Le 45 tappe del percorso, a partire dal Passo del Gran San Bernardo, sono descritte minuziosamente per quanto concerne la logistica, dalla segnaletica all’ospitalità e, naturalmente, la parte più immediata, distanze e dislivelli.

  Prima i giusti consigli, soprattutto per chi ha poca o nulla pratica di cammino di lunga percorrenza. Dall’abbigliamento al ritmo di passo da tenere, che deve essere sincronico rispetto a quanto stiamo facendo, non una passeggiata più o meno impegnativa ma qualcosa di più intimo, ovvero “il passo del pellegrino”, dove s’intreccia un dialogo fra paesaggi esterni e paesaggi interni, dell’anima (e qui è il corpo che sceglie i suoi ritmi). La discesa verso Roma, la Nuova Gerusalemme dei viandanti medioevali, inizia dal valico montano ma, prima l’A. dà alcuni preziosi consigli per chi è alla sua prima esperienza. Anzitutto il tempo a disposizione, da un week a più settimane e poi l’arte e i panorami sempre mutevoli, con la possibilità di  scegliere fra 5 segmenti della Francigena (pagg.14-15).

  Passato il San Bernardo entriamo in Val d’Aosta, con i suoi celebri castelli e caratteristici borghi alpestri, attraversando la capitale di regione, la romana Augusta Praetoria. Sentieri, antiche mulattiere, stradine di paese, tutto è meticolosamente riportato nella Guida e così sarà per l’intero tracciato fino a Roma, nessun particolare viene trascurato. E poiché la Francigena, oltre a percorso di fede, è anche un’immersione nella Storia e nella Bellezza ecco segnalati quei punti dove più si concentrano vicende umane ed arte. Per esempio, restando nella Valle, Issogne, nel cui maniero erano ospitati i pellegrini, o il bel borgo di Bard con il suo famoso castello. Il Piemonte si offre poi al viandante con le sue dolci colline, le risaie del vercellese, i magnifici complessi conventuali, come la spettacolare Sacra di San Michele. E in Val di Susa, descritta nell’Itinerarium Burdigalense del IV secolo,    iniziano le varianti di percorso, all’epoca utilizzate come alternative a strade che spesso diventavano impraticabili ed oggi per evitare zone trafficate o per includere aree degne di visita.

  Ecco, questo è il pregio maggior dell’aver rilanciato la Via Francigena, la possibilità di scoprire centri senz’altro “minori” ma con delle loro peculiarità (storia, cucina, artigianato) finora ignorate. Ne sono costellati tutte le regioni attraversate e, in molti casi è davvero una scoperta turistico-gastronomica (e qui rimando a “La bisaccia del pellegrino”, mia recensione del luglio 2015). Ma continuiamo a scendere verso Roma, attraversando la Pianura Padana. Centri importanti come Pavia, capitale del regno longobardo, Piacenza, con il suo splendido Duomo romanico, Fidenza che, come ho detto all’inizio, reca testimonianze visibili del passaggio dei “romei”, ma anche poco noti, come ad esempio Orio Litta, sorto dove era una grangia bedettina, l’ordine monacale che ha bonificato vaste aree paludose e malariche non solo in Italia ma in tutta Europa, preservando così l’agricoltura nell’alto medioevo, quando ogni ordine sembrava crollare.

  E scendiamo ancora, incontrando paesini, abbazie (come la cistercense Chiaravalle della Colomba), antichi ponti, pievi isolate nella campagna, paesaggi che spesso hanno il sapore di un capriccio geologico (tipo i Salti del Diavolo in Val Baganza, comune di Parma), Berceto e di qui, per il Passo della Cisa, entriamo in Toscana, dove inizia la parte forse più suggestiva dell’intero percorso. Alla dolcezza del paesaggio fa da controcanto quella delle cittadine toccate dalla Francigena, Pontremoli (con il suo misterioso Museo delle Stele), Aulla (San Caprasio), Sarzana (il castello di Castruccio Castracane, signore di Lucca e condottiero ghibellino), le rovine dell’antica Luni. E poi Massa, Camaiore (e quel gioiellino che è la pieve di Santo Stefano), Lucca la magnifica con le sue spettacolari facciate di chiese.

  Sono solo alcune citazioni in quanto i centri attraversati o sfiorati nonché i luoghi d’interesse (e non parliamo delle varianti di percorso) superano il centinaio. E in Toscana, come già detto, si trova il fulcro più fascinoso. Ed ecco Altopascio, anche punto informativo della Francigena, il cui antico Ordine degli Ospitalieri gestiva il Ponte a Cappiano, XXIV “submansio” del percorso di Sigerico (ed ora elegante struttura medicea dove è situato l’ostello per i pellegrini), San Miniato, la campagna disseminata di poderi, San Gimignano, che proprio alla Francigena deve il suo sviluppo e la sua bellezza (vedi il Duomo), Monteriggioni con la splendida ed intatta cinta muraria, Siena, una delle più belle città d’Italia, gioia per gli occhi e per l’anima (penso alla Maestà di Duccio).

  Prosegue il cammino. La Grancia di Cuna, fattoria medioevale in restauro (ci capitai  negli anni ’80 e ne rimasi ammaliato), le Crete Senesi, Buonconvento, dove morì Enrico VIII di Lussemburgo, l’ultimo re del Sacro Romano Impero (non lontano la dolce Montalcino e la magnifica abbazia di Sant’Antimo, fondata da Carlo Magno), Bagno Vignoni dove i pellegrini si ristoravano nell’acqua termale, poi le varianti sull’Amiata (da un lato Abbadia San Salvatore e dall’altro Radicofani con la sua fortezza che domina la vallata). E finalmente siamo nel Lazio, a poco più di 100 km. da Roma. Acquapendente, con la cattedrale del Santo Sepolcro, Bolsena con Santa Cristina, Montefiascone con San Flaviano, Viterbo medioevale e l’emozione di camminare sulla Cassia Antica, calpestando il basolato dove sono passati folle di “romei” in preghiera (a questo tratto della Francigena, percorso con altri pellegrini, ho dedicato un articolo, gennaio 2016).

  Vetralla, Sutri, “donatio” del re longobardo Liutprando a papa Gregorio II (e qui inizia a costituirsi il “patrimonium petri”), la Valle del Treja, Formello, le rovine dell’etrusca Veii, La Storta, poi la salita di Monte Mario, il Mons Gaudi, così chiamato perché di lì si scorgeva San Pietro. Infine, superata la chiesa di San Lazzaro dei lebbrosi, dove i pellegrini malati restavano in quarantena (ma su tutta la Francigena erano gli “xenodochia, ospedali dove si curavano i viandanti),  l’ultimo tratto percorso spesso in processione e cantando l’inno dei pellegrini (“O Roma nobilis, orbis et domina”). E la Nuova Gerusalemme accoglieva i “romei”, molti restavano, altri proseguivano sulla Francigena sud per imbarcarsi verso Terra Santa. E il ciclo si era compiuto.

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“La Via Francigena. 1.000 km a piedi dal Gran San Bernardo a Roma” a cura di Roberta Ferraris, con il contributo di Luciano Callegari e Simone Frignani. Pagg.260. euro 18, Terre di Mezzo Editore. Per informazioni sulle credenziali necessarie per il “testimonium”, al termine del pellegrinaggio, nonché consigli pratici ed altro www.viefrancigene.org

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