Pubblicato: 1 maggio 2016 di in News // 3 Commenti
La preghiera dei giocatori del lotto.
Il gioco, in ogni tempo, è stato sempre nelle corde della gente: da quello più comune dei dadi a quelli d’azzardo come, la zecchinetta, per arrivare poi al gioco della roulette nei vari casinò del mondo e, più diffusamente, al gioco del lotto, enalotto , bingo e a quello delle Slot machines che, purtroppo, sono diventate la disgrazia del nostro tempo perché creano dipendenza e distruggono le finanze di tanti disgraziati che si illudono di fare il colpaccio della vita. Infatti, per alcuni, il desiderio di ricchezza, conquistata senza fatica, fisica o mentale, è un punto di arrivo di una prospettiva che porta i “dipendenti dal gioco” a giocarsi tutto quello che possiedono, casa compresa, oltre che il denaro, e persino i beni di chi sta loro accanto, fino alla rovina totale che a volte conduce al gesto estremo del suicidio.
L’esperienza del gioco d’azzardo è evocata da una famosa canzone di Domenico Modugno, Vecchio Frack, nella quale si parla di un raffinato signore che avendo perso tutto, muore suicida. Il tutto è sfumato dalla dolcezza della melodia che suscita pena per il vecchio ed elegante signore, ma la realtà è molto più cruda e non ha nulla di romantico, semmai suscita rabbia nei confronti di un sistema che specula sulle debolezze di tanti poveri cristi.
A questo punto la domanda è d’obbligo:
E’ stato sempre così?
Ossia: il gioco d’azzardo ha sempre ammaliato la gente?
La risposta è si perché il demone che lo governa non dorme mai.
In passato i giochi più comuni e “pericolosi“ erano il gioco delle tre carte, quello della zecchinetta ed il gioco del lotto, per tanto tempo proibiti a Roma.
Il lotto esisteva in Francia già dal XVI secolo, in seguito si diffuse nel nord d’Italia a Venezia, a Genova e infine a Napoli, nel 1682, più volte vietato e poi ripreso, come del resto avvenne anche a Roma.
Qui, poi, nel 18° secolo, al papa Clemente XI Albani venne in mente di fare gestire il lotto dallo Stato e così entrò ufficialmente nel Lazio. La prima estrazione si ebbe il 17 settembre 1703, a piazza Navona, sotto il portico del cortile del Palazzo Pamphilj, alla presenza di un notaio e di un giudice ed i numeri vennero estratti da due orfanelli di Santa Maria in Aquiro.
Il gioco continuò sotto il successore di papa Clemente, ma quello che venne dopo, Benedetto XIII, lo proibì dichiarandolo “ingiusto e iniquo”.
La proibizione non durò a lungo e nel 1732, un altro Clemente, XII, lo riammise perché tanto lui che i suoi successori si resero conto che il lotto era la gallina dalle uova d’oro, tanto cospicui erano gli introiti, devoluti in parte in beneficenza e a volte anche per finalità culturali.
L’estrazione fu spostata nella piazza del Campidoglio e la prima avvenne in occasione del carnevale del 14 febbraio 1732 e di essa si conoscono i numeri fortunati:
56,11,54,18 e 6
In seguito vennero stabilite nove estrazioni l’anno e nacquero i botteghini del lotto nelle principali vie di Roma, poi, dal 1743 in avanti, l’estrazione avvenne nella loggia del Palazzo di Montecitorio alla presenza di un notaio e con un solo fanciullo che estraeva direttamente i numeri, mentre la gente, assiepata nella piazza, ascoltava la lettura dei numeri con interesse e gran curiosità.
Vincere al lotto divenne il pensiero dominante di ricchi e poveri, di nobili e plebei, di gente colta e di ignoranti e tutti si rivolgevano al loro santo di fiducia perché provvedesse a far uscire gli agognati numeri.
Un santo tra i tanti veniva particolarmente invocato per la bisogna, san Pantaleone, invocato anche dai napoletani.
Secondo Gigi Zanazzo, studioso di tradizioni romane, se si volevano conoscere in anticipo i numeri che sarebbero stati estratti, bisognava lasciare la finestra aperta e mettere sul comò carta, penna e calamaio, in modo che il santo potesse trascrivere i numeri vincenti del lotto!
A Napoli, dove il gioco del lotto era ancora più sentito che in altri luoghi, la situazione era più complessa ed i destinatari delle suppliche non erano soltanto i santi.
Il popolo, infatti, pur di vincere non badava all’appartenenza del destinatario della supplica e si rivolgeva tanto ai santi come pure ai folletti e alle varie anime dell’aldilà, come quella del Monaciello , delle anime del purgatorio, e di quelle dei pezzentelli, i morti sulle strade abbandonati insepolti.
Questi ultimi ricevevano sepoltura e messe in suffragio delle loro anime, ma in compenso dovevano fornire ai loro devoti i famosi numeri del lotto.
Ovviamente, in caso di perdita, i giocatori delusi bestemmiavano come turchi e mazzolavano “gli intermediari”, cioè le persone che facevano da tramite tra il giocatore ed il Santo ( o il folletto e gli altri destinatari della supplica).
A Napoli, come a Roma, i fondi del lotto venivano utilizzati per opere di beneficenza e di assistenza. In particolar modo alle “zitelle” povere e alle orfanelle veniva assegnata una dote perché potessero sposarsi.
Anche a Roma si ricorreva, oltre che all’aiuto di san Pantaleone, a quello di qualche santone, per ricevere la “ soffiata” dei famosi numeri del lotto.
Dal 1836 al 1845, nel convento dei Cappuccini, c’era fra’ Pacifico , ma il papa Gregorio XVI, avvertito di ciò, decise di farlo trasferire in un convento fuori Roma. Fra’ Pacifico allora, prima di essere allontanato dai suoi “fedeli”, fornì per l’ultima volta i numeri, una bella cinquina che sbancò i botteghini del lotto romano! Il monaco burlone, però, volle togliersi uno sfizio e i numeri furono presentati “nascosti” sotto la seguente filastrocca o rebus :
Roma, se santa sei,
perché crudel se’ tanta?
Se dici che se’ santa
Certo bugiarda sei!
Lettura per chi non ha dimestichezza con i rebus: 66,70,16,60,6.
Questa fu la vendetta/burla di fra’ Pacifico.
Scritto da: in data: 1 maggio 2016.il2 maggio 2016.
3 Commentia“San Pantaleone, fammi vincere i soldoni”
Un tempo era il gioco del lotto il passatempo di giovani e anziani, poveri e ricchi, donne ed uomini, e ognuno pregava il suo santo per il colpo di fortuna con quei due soldi spesi.
Oggi coi mangiasoldi sparsi dappertutto nemmeno san Pantaleone può salvare quei disgraziati che si giocano anche l’anima loro e distruggono persino la famiglia.
Molto interessante questa ricostruzione della inquietante passione, direi vizio del gioco, che chiama in causa i santi di fiducia, come se questi parteggiassero per l’uno o l’altro dei devoti, ma è interessante anche perchè mette in guardia da un pericolo incombente, specialmente in tempo di crisi e di ristrettezze economiche: la maledizione ed il demone del gioco d’azzardo.
Trovo che sia cosa indecente che lo Stato ci speculi pure sopra. Conosco un caso di una donna che è finita sul lastrico a causa del gioco alle slot machine, e dire che non era nemmeno una giovincella. E sa signora come è finita? Ha perso marito, figlia e casa. Chissà quale santo avrà pregato e se pure l’ha fatto, il poveretto s’è girato dall’altra parte.
Sante parole, signora mia, sante parole!
Una mia vicina di casa non si è più ripresa a causa delle prodezze del figlio col gioco d’azzardo.
E non vi sono stati santi a porvi rimedio.
Un tempo era il gioco del lotto il passatempo di giovani e anziani, poveri e ricchi, donne ed uomini, e ognuno pregava il suo santo per il colpo di fortuna con quei due soldi spesi.
Oggi coi mangiasoldi sparsi dappertutto nemmeno san Pantaleone può salvare quei disgraziati che si giocano anche l’anima loro e distruggono persino la famiglia.
Molto interessante questa ricostruzione della inquietante passione, direi vizio del gioco, che chiama in causa i santi di fiducia, come se questi parteggiassero per l’uno o l’altro dei devoti, ma è interessante anche perchè mette in guardia da un pericolo incombente, specialmente in tempo di crisi e di ristrettezze economiche: la maledizione ed il demone del gioco d’azzardo.
Trovo che sia cosa indecente che lo Stato ci speculi pure sopra. Conosco un caso di una donna che è finita sul lastrico a causa del gioco alle slot machine, e dire che non era nemmeno una giovincella. E sa signora come è finita? Ha perso marito, figlia e casa. Chissà quale santo avrà pregato e se pure l’ha fatto, il poveretto s’è girato dall’altra parte.
Sante parole, signora mia, sante parole!
Una mia vicina di casa non si è più ripresa a causa delle prodezze del figlio col gioco d’azzardo.
E non vi sono stati santi a porvi rimedio.