Nella zona del Velabro, a fianco della chiesa di San Giorgio, si trova l’Arco degli Argentari, eretto nel 204 d.C. dal collegio dei cambiavalute e mercanti di buoi, “argentarii et negotiantes boari”, in onore di Settimio Severo.
Qui vi figura il volto abraso di Geta, figlio dell’imperatore, la “damnatio memoriae” voluta dal fratello Caracalla che lo aveva fatto assassinare (alla morte del padre governarono insieme ma con risultati negativi). E qui sull’Arco è evocato un momento della storia dei Severi, una dinastia che governò l’Urbe dal 193 al 235 d.C. ed alla quale è dedicata “Roma Universalis. L’impero e la dinastia venuta dall’Africa”, mostra che si snoda fra Colosseo e Foro Romano e che, motivo per non mancarla, presenta al visitatore nuove ed interessanti scoperte.
Il percorso parte dall’Anfiteatro Flavio, nelle cui arcate sono esposti i ritratti della famiglia imperiale, a cominciare dal capostipite, Settimio Severo, originario di Leptis Magna, in Libia e Iulia Domna, sua consorte, siriana di Emesa. Con lui e i successori, soprattutto Elagabalo e Caracalla, inizia un periodo di grande rinnovamento che evoca i fasti della dinastia degli Antonini dei quali Settimio Severo si proclama discendente. E in effetti la Roma a cavallo fra II e III secolo d.C. diventa una popolosa città cosmopolita (700mila abitanti) nella quale la ristrutturazione urbana si accompagna al fiorire delle arti, del diritto, della tolleranza religiosa, dell’impegno sociale. Furono restaurati templi ed edifici pubblici, importanti costruzioni vennero edificate, come il Septizodium, poi demolito da papa Sisto V, fu promulgato, sotto Caracalla, la “Constitutio Antoniniana”, che concedeva la cittadinanza romana a tutti gli abitanti liberi dell’impero, erano permessi i culti orientali e generalmente non perseguito il cristianesimo e, infine, la politica annonaria, attenta alla parte meno agiata della popolazione (i “Minucia Frumentaria”, dove si distribuiva il grano).
Volti, busti, un raro brandello di papiro che si riferisce alla Costituzione Antoniniana concessa da Caracalla, vasellame di fine fattura, anfore olearie, argenti e, assolutamente una “chicca”, la preziosa testimonianza affiorata a Napoli durante i lavori per la metropolitana. Tre frammenti marmorei dai quali si è potuto ipotizzare un arco onorario, forse quello che ha accolto nella Neapolis romana l’imperatore Setttimio Severo al suo ritorno dall’Africa. Il lacerto più significativo mostra la poppa di una nave e, sulle onde, una foca monaca, scena interpretata come l’attracco di una nave mercantile (lo denota l’aplustre, ornamento della poppa in forma di testa di cigno). Negli altri frammenti sono rappresentati un sacrificio ed un discorso alle truppe. Nel primo compaiono militari, littori e un gruppo di persone intorno ad un altare portatile: fra queste, nella figura acefala che getta grani d’incenso, è stato identificato l’imperatore. Nel secondo altri personaggi disposti in tre gruppi di figure. Nel complesso una scoperta eccezionale, perché l’Arco di Napoli restituisce un prezioso tassello di storia romana.
Si scende poi nella zona dei Fori e qui altre novità, a cominciare dalle Terme di Elagabalo. Sorte su un preesistente edificio severiano si trasformarono poi in una sorta di domus di lusso, di tipo conviviale, con una fontana nel mezzo e, nella piccola esedra di fondo, lo “stibadium”, il letto-divano per gli ospiti. Durante i lavori di scavo sono emersi interessanti reperti marmorei esposti nel Tempio di Romolo, altra tappa della mostra. Magnifici, bisogna dirlo, come la triplice erma che costituisce davvero un “unicum”, i busti dei Severi (notare la parrucca di Giulia Domna), una flessuosa statua acefala. Ben 33 pezzi sono stati recuperati nell’area delle Terme, ora esposti in maniera molto scenografica, il che aggiunge suggestione ad un ambiente già in sé fascinoso.
Altra sorpresa. Dietro l’edificio è il Vicus ad Carinas, che collegava il Foro con il quartiere delle Carine, sull’Equilino (è rimasto il toponimo), passando per l’Arco di Latrone, che nel medioevo non godeva di buona fama (nelle mura si notano ancora le nicchie scavate per le sepolture). E di qui si gode la vista dello splendido pavimento in opus sectile del Templus Pacis edificato da Vespasiano e, dopo l’incendio del 192, ricostruito da Settimo. Nella possente struttura erano tesori d’arte ed il bottino di guerra seguito alla distruzione del Tempio di Gerusalemme, come la Menorah, il candelabro d’oro a sette bracci. Nella Bibliotheca Pacis, frequentata dall’élite culturale romana, venne poi eretta la basilica dei SS.Cosma e Damiano e la parete esterna reca ancora i segni delle griffe che reggevano la Forma Urbis (un frammento è esposto in mostra).
Dopo una sosta per (ri)ammirare l’Arco di Settimio Severo, eretto nel 203 per celebrare le campagne contro gli Arabi ed i Parti, si va verso il Palatino, verso il maestoso complesso severiano, uno spettacolare susseguirsi di arcate (17), terrazze e viae tectae (strade coperte). Infine lo Stadio Palatino dove forse fu martirizzato San Sebastiano e, altro luogo aperto al pubblico per la prima volta, la Sala dei capitelli. Interessante soprattutto per la volta a cassettoni con l’originaria decorazione in stucco ed una bellissima serie di capitelli corinzi, resti di trabeazione e frammenti di architrave. Qui Pietro Ercole Visconti, capo della commissione archeologica pontifica, che conduceva anche scavi ad Ostia, realizzò un piccolo antiquarium visitato da papa Pio IX. E i frammenti sono accatastati lungo la parete, un tesoretto da esplorare perché forse nasconde qualcosa di storicamente interessante. Anzi, senz’altro, a giudicare dalle continue scoperte che ci riserva la zona dei Fori, il cuore pulsante dell’antica Roma dei Padri.
“Roma Universalis. L’impero e la dinastia venuta dall’Africa”, fino al 25 agosto 2019. Orari Parco del Colosseo: 8,30-16,30 fino al 15 febbraio, 8,30-17 al 15 marzo, 8,30-17,30 al 30 marzo, 8,30-19,15 al 31 agosto. Biglietto intero 12 euro, ridotto 7,50 comprensivo delle mostre in corso nell’area del Foro Romano, Palatino e Colosseo. Per informazioni www.colosseo.beniculturali.it
Scritto da: Antonio Mazzain data: 25 novembre 2018.il14 aprile 2019.
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