Qui è l’antica Valle Murcia, incastonata fra Aventino e Palatino, area vastissima dove, in epoca regia, si svolgevano cerimonie e ludi sacri poi, nel IV secolo a.C. vennero costruite le prime “carceres”, stalle in legno per i cavalli. Fu Giulio Cesare a far edificare il circo in muratura con la spina al centro abbellita da Augusto e poi Costante con gli obelischi che Domenico Fontana, l’architetto di Sisto V, recuperò ed eresse a San Pietro e San Giovanni. Devastato dall’incendio del 64 d.C., che, come riporta Tacito, si sviluppò “in quella parte del circo contigua al Palatino e il Celio”, venne restaurato da Traiano. Con i suoi 600 metri di lunghezza per 140 di larghezza ed una capienza di oltre 250mila persone Il Circo Massimo ospitava ludi di ogni genere ma, soprattutto, le seguitissime corse con le quadrighe.
Dopo la processione iniziale con littori, trombettieri, magistrato, aurighi e sacerdoti che, compiuto il giro del circo, rendeva omaggio all’imperatore, iniziava la gara. Quattro le “factiones”, bianchi, rossi, verdi e azzurri, i quali con i loro carri dovevano girare sette volte intorno alle “metae” che delimitavano la spina al centro dove erano sette uova sacre ai Castori e sette delfini sacri a Nettuno (e questi segnalavano al pubblico quando i carri compivano il giro). Per il vincitore corone e anche premi in sesterzi, fama da “divo”, ma erano soprattutto i cavalli ad attirare l’interesse del pubblico. L’ultimo intervento di restauro si ebbe con Costantino poi, con la caduta dell’Impero, l’immensa struttura andò in rovina e, nel medioevo, i marmi finirono nelle calcare della zona.
I lavori sull’emiciclo orientale, l’unica parte ancora emergente del circo, iniziarono nel 1928 ma furono interrotti nel 1936 per via dell’acqua, comunque l’architetto Antonio Munoz isolò il complesso facendolo diventare zona monumentale. E così è giunta fino ad oggi ma con un valore aggiunto in più, i lunghi restauri che hanno permesso di ripristinare non solo l’emiciclo ma anche la torretta medioevale sorta fra le rovine. E questa è storia che si aggiunge alla Storia perché qui Jacopa de’ Normanni de’ Settesoli, terziaria francescana e moglie di Ignazio Frangipane, ospitò San Francesco. La Torre della Moletta, così chiamata perché vi era un mulino alimentato dall’Acqua Mariana che giungeva dai Colli Albani tramite un acquedotto voluto da papa Calisto II (“marrana” deriva da “ager maranus”, è una corruzione del termine). Ne beneficiava tutta l’area che, nel tempo, ospitò valche, opifici, officine, fino all’industrializzazione a metà del XIX secolo, con la Compagnia Anglo-Romana del Gas. Infine, negli ani ’30, venne usata dal regime fascista per eventi vari come la mostra autarchica all’indomani delle sanzioni per la campagna di Etiopia.
Che il Circo Massimo fosse un’opera superba lo si può dedurre non solo dall’imponenza di ciò che resta, l’emiciclo orientale restaurato con grande cura, ma dai frammenti dell’Arco di Tito innanzi alla Torre della Moletta. Imponente, su tre fornici con colonne alte sui 10 metri, doveva senza dubbio impressionare chi entrava in città dalla vicina Porta Capena (su un frammento resti di quella che era la dedica all’Imperatore). Un tratto di basolato ricorda che i cortei trionfali che attraversavano la Valle Murcia e poi, passando per il Foro, sotto gli archi di Tito e Settimio Severo, risalivano la Via sacra fino al tempio di Giove Capitolino.
E basolato troviamo ancora nella parte esterna dell’emiciclo, peraltro riportato nella Forma Urbis Severiana custodita nel Tempio della Pace. E’ la strada esterna, sulla quale, tra i fornici, erano situate le tabernae dove gli spettatori potevano rifocillarsi ma anche uffici di cambiavalute (si scommetteva forte sui cavalli), qualche lupanare ed una “fullonica”, tintoria dell’epoca. Una grande vasca con funzioni di abbeveratoio è al centro della strada e di qui il visitatore odierno può accedere alle gallerie che menavano alle gradinate della cavea (senatori a piano terra, plebe al piano superiore). Lungo il percorso i resti di antiche latrine (il canale di scolo si trova al piano sottostante).
Un colpo d’occhio dalla terrazza panoramica ricavata nella Torre dà l’idea della maestosità dell’intero complesso circense il cui centro, la “spina”, è sotto l’attuale superficie (dalle indagini geofisiche condotte in collaborazione con l’ISPRA l’originaria pista romana risulta trovarsi a circa sei metri di profondità). Dire ”affascinante” è un eufemismo, perché questa è Roma, una meraviglia continua.
“Area Archeologica Circo Massimo”, piazza di Porta Capena. Da martedì a domenica h.10-16, dal 12 dicembre sabato e domenica h.10-16 e da martedì al venerdì su prenotazione allo 060608. Biglietto euro 4 intero, 3 ridotto. Per informazioni www.sovraintendenzaroma.it
Scritto da: Antonio Mazzain data: 20 novembre 2016.il23 aprile 2021.
Inserire un commento