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Roma deserta

  E’ il titolo del primo dei tre appuntamenti per organo che l’Istituzione Universitaria dei Concerti presenta al pubblico dopo i silenzi causati dal lockdown, con la città come cristallizzata nel tempo. Roma deserta, appunto, al cui ritorno ai ritmi quotidiani sono dedicati tre concerti nella Chiesa Evangelica Luterana di via Sicilia, un’imponente costruzione in stile neo romanico.

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Interno a tre navate con matronei ed un abside con un bel mosaico dove figura il Cristo Pantocrator in mandorla, in basso un sobrio altare e a lato l’ambone con scolpite figure di profeti ed evangelisti. Il soffitto anch’esso a mosaico completa il quadro e rende tutto di grande fascino, proprio la cornice giusta per il concerto d’organo eseguito da Livia Mazzanti.
Apre il grande Frescobaldi, la “Toccata sesta” (dal II Libro di Toccate), con le sue limpide sonorità come un susseguirsi ed intrecciarsi di onde sonore, un discorso tutto verticale che si risolve in un luminoso finale (e l’apice sarà nei “Fiori musicali”) . E’ la bellezza del “ricercare”  da lui ripresa (e ampliata) da musicisti precedenti (Cavazzoni, Claudio Merulo, i Gabrieli), la struttura compositiva che poi i tedeschi, soprattutto Bach, sviluppano per l’arte della Fuga. Segue “Jeux d’escalier”, di Mario Berlinguer, una sorta di colorito “capriccio” ispirato alla scalinata di Trinità de’ Monti, con l’organo in guisa impressionista, le note-immagini ad evocare quel brusìo umano che ogni giorno percorre lo storico scalone. E una lieve spruzzata di ponentino sullo sfondo.
Domenico Zipoli, prete gesuita che si recò nelle misiones argentine e qui restò componendo musica nel Nuovo Mondo (vedi i “Vespri di Sant’Ignazio”). In Italia era conosciuto soprattutto per due magnifiche raccolte di “Sonate di intavolatura per organo e cimbalo”, la cui agilità ed eleganza ritroviamo qui nella “Canzona in sol minore”, dove la forma del “ricercare” viene declinata con un linguaggio piuttosto innovativo. E, poiché il concerto è a musiche alternate nel tempo, succede un contemporaneo, Giacinto Scelsi, peraltro importante nella formazione musicale di Livia Mazzanti. “In nomine Lucis” è un brano particolare, la sua linea melodica rivelando un che di umbratile e criptico, scorrendo in maniera carsica fino a sfociare in una dimensione di luce, come appunto suggerisce il titolo.
Un altro personaggio importante della Roma musicale del ‘600, Bernardo Pasquini, che fu maestro dei concerti di Cristina di Svezia e clavicembalista del principe  Borghese e del teatro Capranica. Di lui la deliziosa “Toccata settima in re minore”, fresca, solare, un gioco di chiaroscuri che quasi anticipa il gusto rococò ma, soprattutto, una squisita padronanza tecnica unità ad una soave levità di tocco che si avverte sostanzialmente per cembalo (e infatti Pasquini ne è considerato un maestro. La sua tomba è nella chiesa di San Lorenzo in Lucina). E suggella la serata Franz Liszt, “Evocation à la Chapelle Sixtine”, dove i turgori ed i languori dell’organo romantico attingono alle note del “Miserere” di Allegri e l’ “Ave Verum” di Mozart (in un suo viaggio a Roma con il padre Leopold, Mozart fanciullo lo imparò a memoria e poi lo trascrisse).
Livia Mazzanti, un bel curriculum come musicista, Premio Speciale della Giuria al Concorso Internazionale d’Organo di Roma e Diplòme de Concert della Schola Cantorum conferitole a Parigi. Concerti in Italia, Europa, America, Medio Oriente, incisioni con varie etichette discografiche e presenza stabile all’organo della Chiesa Evangelica Luterana. Il programma a compositori alternati, antico-moderno, ha permesso di recepire in pieno le qualità del suo stile, che trascolora in modo uniforme da tonalità fluide a tonalità più compatte. Nessuna sbavatura di sorta, anzi, un vigore melodico che in taluni brani (Frescobaldi, Scelsi, Pasquini) ne esalta la tessitura cromatica. Sì, davvero un’eccellente maniera per celebrare la fine (speriamo) del lockdown romano.

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