Quelli della Cisterna
Quelli della Cisterna
di Antonio Mazza
Erano un gruppo di amici, tutti artisti e tutti amanti della cucina romana che si ritrovavano periodicamente in quella storica trattoria nel cuore di Trastevere, per cene conviviali dove, ovviamente, si parlava soprattutto d’arte. E di Roma, la sua storia, il suo patrimonio di cultura, il suo passato da preservare e il suo futuro da costruire, e fu così che nacque il gruppo dei Romanisti della Cisterna. Tutta bella gente: Trilussa, poeta vernacolare, Ettore Petrolini, attore e autore di teatro, Augusto Jandolo, poeta e scrittore, Giuseppe Ceccarelli (Ceccarius), giornalista e studioso delle tradizioni popolari, Vitaliano Rotellini, giornalista (fondò il “Fanfulla”), Franco Liberati, giornalista e drammaturgo, Ignazio Mascalchi, attore del cinema muto. Tutti romani doc salvo l’ottavo membro del sodalizio, il tarantino Ettore Veo, giornalista e commediografo, ma, come scrive Ceccarius, “aveva già tali benemerenze per i suoi studi sul nostro dialetto, che gli furono de jure riconosciuti titoli di romanità”. E quel tempo di una città della memoria ritorna nella piccola ma succosa mostra al Museo di Roma in Trastevere, “I Romanisti. Cenacoli e vita artistica da Trastevere al Tridente (1929-1940)”.
Cinque sezioni per illustrarne un periodo denso di fermenti, l’inizio di una storia che continua, ormai intrinseca all’anima segreta dell’Urbe. Ecco una panoramica del gruppo, una foto collettiva, seduti e in piedi e sembra di avvertire, sullo sfondo, l’acciottolìo di piatti e posate e, dalla cucina, una voce che ha un qualcosa di rituale, “pronta la carbonara!”. In questo clima di calda giovialità, così tipicamente romanesco, risaltano i personaggi di quelle riunioni intellettualgastronomiche. Al nucleo iniziale si aggiungono altri ospiti graditi che rendono le riunioni conviviali sempre più caciarone ma anche culturalmente più intriganti. E sono nomi che conosciamo bene, Luigi Pirandello, Gabriele D’Annunzio, Massimo Bontempelli (il suo fascinoso “realismo magico”), Filippo Tommasi Marinetti, Giacomo Balla.
Fra le tante foto d’epoca Cesare Pascarella, altro insigne poeta romanesco, in uniforme d’Accademico d’Italia, Trilussa che celia con Arturo Dazzi, scultore (sua la stele Marconi all’Eur), il grande Ettore Petrolini. Trilussa, ovvero Carlo Alberto Maria Salustri, è un po’ una figura centrale, del quale il Museo in Trastevere custodisce un Fondo con migliaia di documenti, oggetti, foto, carteggi (qui esposta una sua corrispondenza con Pirandello). Ma i Romanisti vissero anche la trasformazione urbanistica della città, le demolizioni operate dal regime in funzione trionfalistica, come via dell’Impero, o nazionalpopolare con l’abbattimento di quartieri spesso fatiscenti. Giornalisti, storici, archeologi si mobilitarono, Massimo Pallottino, il famoso etruscologo, Carlo Pietrangeli, specializzato in museologia (futuro direttore dei Vaticani), Antonio Munoz, che molto s’impegnò per il patrimonio storico-artistico cittadino (simpatica la sua caricatura per mano di Urbano Barberini).
E la pittura rese testimonianza di operazioni che talora erano solo distruzioni, come rappresentato in un olio di Orazio Amato, “La Meta Sudante”, opera notevole di epoca flavia, demolita per facilitare le parate del regime. Cito anche, in quanto mostra i lavori in corso, “Piazza Bocca della Verità durante le demolizioni, di Antonio Barrera. Ma c’è anche la Roma nei suoi scorci classici, come “Trinità dei Monti”, di Orfeo Tamburi, o meno noti ma non meno pittoreschi, come “Vicolo del cipresso”, di Carlo Alberto Petrucci. E il puro paesaggio, come quello in quadretti di piccolo formato eseguiti da Diego Angeli fra fine ‘800 e anni ’30, che documentano il dentro e il fuori della città, un paesone circondato dai silenzi della campagna romana. E tutto, appare animato da un tocco gentile, direi affettuoso, che si condensa in colori caldi, talora pastosi, come a meglio esprimere il legame con Roma.
Legame che, ospitati dal 1933 nell’accogliente studio di via Margutta di Augusto Jandolo, i Romanisti consacrarono nella Strenna omonima che vide la luce alla vigilia della guerra. La copia n.1 anno XVIII Era Fascista Staderini editore pagg.153 lire 15 reca la prefazione di Giuseppe Bottai, il ministro della cultura non però così ortodosso come il regime imponeva. E’ in una bacheca a parte, reliquia storica di un’esperienza che, in parallelo ad altre avventure analoghe (la rivista “Capitolium”, l’Istituto di Studi Romani con il suo mensile. Un cenacolo della cultura romana fu anche il Caffè Aragno), ha contribuito a creare l’immagine ideale di una città dove la Storia non è solo un accumularsi di monumenti ma un’anima viva che racchiude ed esprime la sua umanità proiettata nel tempo. E questo è il senso del ciclo di incontri previsti al museo, conferenze, reading, concerti, ideati e coordinati da Donato Tamplé, Presidente del Gruppo dei Romanisti. L’avventura continua.
“I Romanisti. Cenacoli e vita artistica da Trastevere al Tridente 1929-1940”, al museo di Roma in Trastevere fino al 14 giugno. Da martedì a domenica h.10-20, biglietto euro 8,50, ridotto 7,50 per i residenti, 9,50, ridotto 8,50 per i non residenti, comprensivo di accesso a tutte le mostre in corso. Gratis con la MIC card. Per informazioni 060608 e www.musediromaintrastevere.it . La mostra è a cura di Roberta Perfetti e Silvia Telmon, promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai beni Culturali, con la collaborazione del Gruppo dei Romanisti. Organizzazione Zètema Progetto Cultura.
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