Il bombardamento dell’Abbazia era stato un errore tattico, perché in questo modo i tedeschi, che già tenevano saldamente in mano la zona, respingendo gli attacchi alleati, disponevano ora di un caposaldo difficilmente espugnabile. I muri sbriciolati, le buche provocate dalle bombe, i cumuli di pietre e statue frantumate, costituivano ora trincee dalle quali si potevano tenere sotto mira le truppe attaccanti. Britannici, indiani, neozelandesi, tutti vennero decimati perché i Diavoli Verdi lassù, truppe scelte che già avevano dato filo da torcere agli alleati ad Ortona, avevano scatenato un inferno di fuoco. Sembrava dunque che la Linea Gustav, dal Garigliano al Sangro, passando per la piana di Cassino, non potesse essere infranta in quel punto, poi il generale Alexander mise in campo le truppe polacche del II Corpo d’Armata.
Non fu facile neanche per loro, la resistenza tedesca era accanita, ma i polacchi combattevano in nome della loro patria tradita (il patto Molotov-Von Ribbentrop) che, secondo le promesse, si sarebbe ricostruita dopo la guerra. E, al comando del generale Anders, attaccarono a più riprese, soprattutto verso quota 593, detta Monte Calvario (e mai nome fu più tristemente appropriato). Fu una lotta durissima, finché i tedeschi abbandonarono la posizione per non restare accerchiati dalle truppe coloniali francesi (le famigerate truppe coloniali) e la bandiera polacca venne issata sulle rovine del monastero. Ma per i reduci non ci fu una patria rinnovata, traditi ancora una volta, perché la Polonia, in base agli accordi di Yalta, finì nell’orbita sovietica. E i caduti riposano qui, nel cimitero alle falde di quota 593, dove sull’obelisco commemorativo è scritto “Per la nostra e la vostra libertà noi soldati polacchi demmo l’anima a Dio, i corpi alla terra d’Italia, e alla Polonia i cuori”.
Tutto ciò fa ormai parte della nostra memoria storica ora riproposta perché è stato riaperto il “Percorso della Battaglia”, che include la “Cavendish Road”, utilizzata durante la terza battaglia di Cassino e poi dai polacchi. All’inaugurazione erano presenti Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio, il Sindaco della Città di Cassino Giuseppe Golini Petrarcone, l’Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario di Polonia Tomasz Orlowski e l’Abate di Montecassino Dom Donato Ogliari. Una cerimonia breve ma toccante che, nel rievocare quel tragico episodio di 70 anni fa, ne ha sottolineato il punto di passaggio verso la liberazione dal nazifascismo. Lì, nella polvere e nel sangue, stava per nascere il concetto di una nuova Europa che però oggi, come ha notato Zingaretti, sembra ripiegarsi su se stessa.
Alla base della scalinata che mena all’obelisco “L’arte contemporanea lungo il Percorso della Battaglia”, due installazioni emblematiche nel loro esprimere il senso della continuità della vita in un luogo di morte. “Favi di miele”, di Simone Canetti, fotografo e scultore, che ha esposto in Italia e all’estero, vincitore del Premio Terna 04, è un’arnia trasparente, il ciclo vitale delle api come la natura che si rigenera (malgrado le follie umane). “Un petalo di viola su un pavimento di cemento”, di Alessandro Piangiamore, anch’egli fotografo e scultore con esposizioni in Italia e all’estero, è una struttura di cemento che imprigiona i fiori, tre superfici dove i petali risultano inglobati ma visibili, non cancellati. L’allegoria è evidente, talvolta, anzi spesso, l’esistenza umana s’appesantisce e calpesta tutto, ma non riesce a soffocare le idee, i sogni, le speranze.
Ogni anno il Cimitero Militare è visitato da migliaia di persone, moltissimi i polacchi che cercano fra le targhe un nome familiare e sempre coperta di fiori è la tomba del generale Wladyslaw Anders, qui sepolto insieme alla moglie. Dopo la spartizione della Polonia fu rinchiuso alla Lubjanka, il terribile carcere moscovita dei servizi segreti sovietici (all’epoca NKVD poi KGB), mentre migliaia di polacchi venivano deportati in Siberia o finivano con un colpo alla nuca nelle Fosse di Katyn, per ordine di Stalin. Poi ci fu l’Operazione Barbarossa, i nazisti invasero l’Unione Sovietica e allora si permise la ricostituzione di un esercito nazionale, addestrato dai britannici in Persia. I polacchi combatterono valorosamente sul fronte italiano ma, quando si celebrò la vittoria furono esclusi dalla parata, per non turbare il dittatore del Cremlino che si era impadronito del paese. Aveva trionfato la ragion di stato e Anders, come tanti suoi commilitoni, non tornò più in patria, morendo in esilio (qui a Cassino è stato istituito il Museo Memoriale del II Corpo d’Armata Polacco).
Una pagina triste che affiora da questo “Turismo della memoria”, voluto dalla Regione Lazio nell’àmbito del progetto ABC, Arte, Bellezza, Cultura. Parole che sono un manifesto programmatico, rivitalizzare quei punti dove maggiormente si condensa la storia del nostro paese e farne momento di incontro e riflessione. Tante sono le nostre eccellenze, arte, paesaggio, gastronomia, e ABC ne focalizza il meglio per impostare un discorso organico all’Italia nel suo complesso. Ricomporre il fascino di un paese sempre amato dai turisti d’Oltralpe (pensiamo al Grand Tour) e nel mondo, questo il senso di un’attività che non si ferma solo ad incrementare il turismo ma sollecita interventi ove vi siano urgenze (come il caso di Civita di Bagnoregio, del quale ho scritto) e, in parallelo, non trascura i giovani. Così il progetto per le scuole che riguarda l’approfondimento sugli anni ‘70 e ’80, anni cruciali per il Paese, incontri e dibattiti anche con apporti cinematografici. Quindi, come si vede, un’azione a tutto campo che merita di essere seguita perché il fine è evidenziare la bellezza di cui abbonda l’Italia. E, di questi tempi, è molto importante.
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