“E la fama del suo nome tanto s’allargò, che non solo nel suo tempo fu tenuto in pregio, ma pervenne ancora molto più ne’ posteri dopo la morte sua”. Così il Vasari nelle “Vite” a proposito di messer Lionardo da Vinci, il genio che più riassume in sé quello spirito di ricerca e di armonia che caratterizza il nostro Rinascimento. Pittore e scultore ma anche grande teorico, autore di trattati di idraulica, architettura, arte della guerra, Leonardo segna il punto di passaggio dall’artigianato degli anni del medioevo a quello, più tecnico, della Rinascenza. Ed è lui l’ “Homo Technicus”, lo sperimentatore che traghetta nella nuova èra e tale è anche il senso della mostra in corso alle Scuderie del Quirinale, “Leonardo da Vinci. La scienza prima della scienza”.
Mostra molto particolare, perché il tema è la macchina come apparato meccanico quale la ideò e spesso costruì messer Lionardo. Dunque non solo l’artista nel suo èmpito figurativo, l’allievo del Verrocchio i cui capolavori ben conosciamo, bensì l’uomo del suo tempo che guarda al futuro e sogna in grande. Lo dimostrano i duecento oggetti esposti e gli ottanta meccanismi ricostruiti, un fascinoso “corpus” che, pur noi così smaliziati dall’uso e abuso del web, non manca di stupire. E il cuore di tutto è il famoso “Codice Atlantico” della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, redatto di suo pugno, con disegni, commenti, osservazioni varie. Ciò che risalta è la geometrica bellezza delle rappresentazioni grafiche, immagine speculare di quell’armonia intrinseca alla sua sensibilità di uomo del Rinascimento.
“Filatoio con fuso” , “Argano a leva”, “Studio prospettico di una ruota dentata”, la parte strettamente meccanica che trova applicazioni pratiche con “Portelli lignei della Conca di San Marco del Naviglio Martesana” i cui originali sono qui sono esposti. Siamo nel campo dell’ingegneria, in pieno sviluppo nella Toscana del XV secolo, e testi fondamentali risultano il “Trattato di architectura civile e militare” di Francesco di Giorgio Martini, che figura in mostra con note autografe di Leonardo, e il “De Divina Proportione” dell’amico Luca Pacioli, ovvero l’idealità delle forme, come l’ “icosaedro”. Ma questo concetto si rispecchia anche nella visione urbana di Leonardo, la città ideale che immagina nel suo soggiorno milanese (vedi il rapporto con la pianta di Pietro del Massaio, cartografo attivo anche a Roma).
Certo Brunelleschi è uno dei suoi numi tutelari (la Gru che compare nel Codice atlantico), ma anche il Filarete (“De Architectura”, con parti miniate), ed entrambi evocano antiche proporzioni. L’archetipo resta pur sempre l’uomo vitruviano che, in Leonardo, si espande, nel senso di vedere oltre e il “Prospettografo” ne è un po’ il simbolo. Gli oggetti così osservati acquistano una percezione nuova, assolutamente inedita: “moderna”. Ma, in proposito, ci sono anche le splendide incisioni di Durer e il famoso trattato medievale di John Peckam, “Perspectiva Communis”, che sembra anticipare le sue ricerche. Le quali non gravitano solo nell’àmbito civile, con progetti ambiziosi (le navi del lago di Nemi e un intervento per la bonifica delle Paludi Pontine commissionatogli da papa Leone X Medici) ma anche in quello militare, con progetti non meno ambiziosi (“Studio di due mortai che lanciano proiettili esplosivi” dal Codice Atlantico o una macchina da guerra che anticipa di vari secoli il carro armato).
E accanto alle invenzioni, come il “Carro automotore” (Codice Atlantico) o “Aliante” (id.) ed altro, con relativi modelli in mostra (eleganti ricostruzioni di Alberto Maria Soldatini e Vittorio Semenzi), c’è anche il lato ludico, il teatro di macchine, l’impianto scenografico che prelude alla “maraviglia” d’epoca barocca. Poca o nulla documentazione rimane di questi apparati che tuttavia dovevano essere fastosi come si deduce da uno studio di Leonardo relativo ad un carro mobile su palcoscenico o piazza. E così è stato possibile rievocare lo sfarzo della cerimonia di nozze di Gian Galeazzo Sforza e Isabella d’Aragona nel 1489, la Festa del Paradiso, per la quale egli aveva costruito una volta stellata con una grande macchina scenica che metteva in moto i pianeti (vedi lo sceneggiato nella saletta di proiezione).
La sua vasta biblioteca purtroppo nel tempo è andata dispersa e solo il celebre “Manoscritto Laurenziano” si può ammirare in mostra accanto ad altri testi, generalmente manoscritti membranacei spesso miniati, che documentano di una fase storica eccezionale. Se l’uomo del medioevo viveva in un tempo sospeso, dove il senso del transeunte impregnava le ore e i giorni, l’uomo rinascimentale si scopre ben radicato nel presente che diviene per lui mezzo di conoscenza. Una possibilità che indica e crea paesaggi nuovi, come avviene per Leonardo, ingegnere, scienziato, artista. In lui s’incarna l’ “Homo Novus” e per questo egli può affermare in tutta onestà che “sempre la pratica dev’essere edificata sopra la buona teorica”.
“Leonardo da Vinci. La scienza prima della scienza”, alle Scuderie del Quirinale fino al 30 giugno. Da domenica a giovedì h.10-20, venerdì e sabato h.10-22,30. Biglietto euro 15 intero e 13 ridotto. Sono previsti eventi correlati e laboratori per le scuole ed i visitatori. Per informazioni www.scuderiequirinale.it
Scritto da: Antonio Mazzain data: 24 marzo 2019.il27 marzo 2019.
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