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Quel famoso ateniese

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                                                   Quel famoso ateniese

di Antonio Mazza

  Quando arrivi in fondo a via del Quirinale e sbuchi nella piazza è sempre uno spettacolo quel gruppo marmoreo situato proprio nel mezzo, Castore e Polluce, i due Dioscuri, statue colossali provenienti dalle vicine Terme di Costantino. Hanno  entrambi un cavallo al fianco e, in basso, figurano le scritte “Opus Phidiae” e “Opus Praxitelis”, ma gli autori non sono i due grandi greci, in realtà si tratta solo di copie romane di età severiana. Eppure è bello pensare il contrario, che ci sia la mano di chi diresse il cantiere del Partenone, meraviglia del mondo antico, Fidia, “episkopos”, sovrintendente ai lavori, e che un filo rosso ci colleghi con il Mito, la Grecia eroica di Pericle, la cui eco rivive nelle statue a Monte Cavallo.  Rivive, sì, non molto lontano, a Villa Caffarelli, la prima mostra monografica, “Fidia”, a cura del sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce, oltre 100 opere provenienti da istituzioni italiane e straniere.

Coppetta a vernice nera del V a.C. con la scritta "Pheidiom eimi", "Io appartengo a Fidia".

Coppetta a vernice nera del V a.C. con la scritta “Pheidiom eimi”, “Io appartengo a Fidia”.

  Poco si sa di questa figura leggendaria, che Plinio, nella sua “Historia Naturalis”, considerava “il più sommo fra tutti per il Giove di Olimpia”. E subito un omaggio che parla del fascino che l’Ellade antica esercitò soprattutto nel XIX secolo, “Pallas au Parthénon” (1896), di Auguste Rodin, scultura emblematica per la sua testa di donna sulla quale si erge un tempietto stilizzato con sei colonne doriche, che rimanda ovviamente al Partenone. Ma esiste un ritratto di Fidia? Forse è la testa in marmo bianco del I secolo d.C. ma di sicuro la testimonianza più attendibile proviene da una coppetta a vernice nera del V a.C. che reca la scritta “Pheidion eimi”, “Io appartengo a Fidia”, rinvenuta ad Olimpia. Sappiamo che il Nostro da giovane andò a bottega presso Egia per la scultura e Agelada per il bronzo, perfezionandosi fino ad essere incaricato da Pericle dei lavori di ristrutturazione dell’Acropoli di Atene.

Torso e parti dell'Atena Lemnia, copie romane.

Torso e parti dell’Atena Lemnia, copie romane.

  Accanto alle prime opere di Fidia, come l’ “Apollo Parnopios” (che libera dalle cavallette) in bronzo, figurano erme e busti dei principali personaggi di quell’epoca eroica, vedi il “Ritratto di Pericle” copia del II d.C. in marmo pentelico, ma sono presenti anche Temistocle, un’erma del II d.C., e Aspasia, l’amante di Pericle, erma del II d.C. da un originale del V a.C. Aspasia figura anche in un quadro del primo ‘800 di Gaspare Landi, lei e Pericle innanzi ad una metopa del Partenone illustrata da Fidia. Questi è ormai famoso, perché sull’Acropoli sta creando il regno degli dei che rispecchia la gloria della Grecia, statue che confermano la sua fama in competizione con un altro grande, Policleto, il cui “Canone”, basato sul rapporto forma-volume, traduce in termini più ieratici. E lo vediamo con l’Apollo tipo Kassel o il torso dell’Atena Lemnia, che compare anche in una ricostruzione bronzea del 1910-15.

"Athena Parthenos", scultura in marmo pentelico, II d.C.

“Athena Parthenos”, scultura in marmo pentelico, II d.C.

  Il progetto del Partenone era di Ictino e Callicrate, entrambi citati da Plutarco, Fidia quale “episkopos” e fu lui a progettare la colossale statua di Atena Parthénos (vergine), alta 12 metri, crisoelefantina, cioè realizzata in avorio e oro. Il suo posto era nel “naòs”, cella del Partenone (il nome deriva dalla statua), e qui figurava in piedi, avvolta nel peplo, nella destra la Nike, la vittoria alata, e nella sinistra lo scudo sul quale erano riproposti temi già sul fregio del Partenone, una Amazzonomachia e una Gigantomachia. Il trionfo della Bellezza che però, quando mutò la fortuna di  Pericle, si volse a svantaggio di Fidia, che venne accusato di aver rubato parte di oro e avorio della statua di Atena e di aver raffigurato se stesso fra i combattenti effigiati nello scudo della dea. E’ forse lui l’uomo calvo presente nella Amazzonomachia dello splendido “Scudo Strangford” qui in mostra, copia romana in marmo pentelico del III d.C.  Colpevole di empietà, “asebeia”, profanazione del sacro.

"Scudo Strangford", replica scudo Atena Parthenos, marmo pentelico. III d.C.

“Scudo Strangford”, replica scudo Atena Parthenos, marmo pentelico. III d.C.

  Ma ci sono testimonianze visive, disegni, stampe, di come era un tempo il Partenone prima che, nel 1687, durante la guerra fra veneziani e turchi un colpo di bombarda distruggesse l’edificio che gli ottomani, fortificando l’Acropoli, avevano destinato a polveriera? Sì, entrambe preziose, il “Codice Hamilton 254” del XV secolo, un accurato disegno che riproduce la facciata occidentale del Partenone eseguito dall’umanista Ciriaco de’ Pizzicolli di Ancona (concesso in prestito eccezionale dalla Biblioteca Statale di Berlino per sole 8 settimane), e il “Taccuino Carrey” (1674), che riproduce la decorazione originaria. Di particolare interesse le incisioni di Francesco Fanelli, 1707, che mostrano il Partenone nel momento dell’espolosione. Vi sono poi quattro frammenti del fregio, prima metà V a.C., con le sagome di un oplita, soldato di fanteria, un cavaliere, uomini barbuti. Da un’installazione multimediale, che permette di avere una percezione “live” del Partenone, si accede poi allo spazio dove viene rievocato il concorso di Efeso, 440 a.C.,  per la migliore statua di Amazzone ferita, vinto da Policleto.

Francesco Fanelli, il Partenone colpito dalle bombarde veneziane, 1707.

Francesco Fanelli, il Partenone colpito dalle bombarde veneziane, 1707.

  Uno spazio dove, insieme alla vincitrice, “Amazzone ferita del tipo Sosikles”, copia del II d.C., figurano volti e busti, in particolare una rara “Amazzone in basanite del tipo Mattei” in basalto verde del II d.C. E siamo ora idealmente entrati nell’ “Officina di Fidia”, il laboratorio che produsse quel capolavoro assoluto che era il “Colosso crisoelefantino di Zeus”, una delle sette meraviglie del mondo antico, alto 12 metri, il dio seduto in trono, lo scettro sormontato da un’aquila nella mano sinistra e un globo con una Nike che gli porge la corona nella mano destra. Un capolavoro perduto del quale si celebra il ricordo con monete, una “Testa di Zeus in terracotta” del I a.C. e il modellino in tiglio e noce del Tempio di Zeus a Olimpia. A questo punto vien spontaneo da chiedersi quale sia l’eredità di Fidia. La sua tecnica, il linguaggio del marmo, impatta in Grecia e Magna Grecia, ed ecco una “Testa acrolitica di una dea” in marmo pario, 470-60 a.C.9 ed una “Statua acrolitica di Apollo” in marmo greco, 440-30 a.C. (notare anche la “parrucca” dello stesso periodo, un’autentica curiosità). Nel tempo la sua fama non è diminuita, anzi, come risulta dai calchi ottocenteschi delle teste dei Dioscuri, un tempo attribuiti a lui e Prassitele, ma soprattutto per il fascino che esercitò su due grandi scultori del XIX secolo, Antonio Canova e Bertel Thorvaldsen. E il gruppo marmoreo realizzato nel 1820 da  Giovanni Ceccarini, “Antonio Canova sedente nell’atto di abbracciare l’erma fidiaca di Giove” è come un’immagine lanciata nel futuro.

Sala delle Amazzoni.

Sala delle Amazzoni.

“Fidia” ai Musei Capitolini-Villa Caffarelli fino al 5 maggio 2024, tutti i giorni h.9,30-19,30, Biglietto solo mostra euro 13 intero, 11 ridotto. Per informazioni 060608 e www.museicapitolini.org

"Canova sedente in atto di abbracciare l'erma fidiaca di Giove", di Giovanni Ceccarini,1820.

“Canova sedente in atto di abbracciare l’erma fidiaca di Giove”, di Giovanni Ceccarini,1820.

 

1 Commentoa“Quel famoso ateniese”

  1. Dringoli fabrizio // 1 febbraio 2024 a 12:13 // Rispondi

    Bene ..la descrizione è così puntuale che fa venir voglia di visitare la mostra..ottime le precisioni sulle statue e l opera del grande Fidia

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