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Nostra Madre Terra

10  Il 22 aprile si è celebrato lo “Earth Day”, il Giorno della Terra, per ricordarci che questo pianeta è fragile ed abbiamo sempre meno tempo a disposizione per salvarlo e salvare noi e le future generazioni. Un “memento” che di anno in anno si fa sempre più pressante, perché i programmi di salvaguardia sono poco o nulla rispettati (vedi gli accordi di Kyoto) e il punto di non ritorno si avvicina inesorabile. Eppure non è difficile cambiare rotta, trovare il giusto equilibrio uomo-ambiente e se è vero che aumenta la consapevolezza è altrettanto vero che molto ancora si deve fare. Ma non sono solo le istituzioni a dover agire, anche noi singoli dobbiamo impegnarci, la Terra è madre di tutti e allora un ottimo spunto può venire da “Terrantica. Volti, miti e immagini della terra nel mondo antico”, 75 opere di varia natura, un percorso nel tempo narrato negli ambulacri del Colosseo.

  All’origine fu l’uomo immerso nell’immensità del mistero cosmico e Gea o Gaia lo accolse nel suo grembo e fu per lui maestra di vita e di morte. La Terra madre e matrigna e tuttavia in lei è il seme della continuità dell’essere e come corpo gravido è rappresentato dalle culture del paleolitico e del neolitico (la Venere di Savignano e la statuetta femminile del villaggio palafitticolo sommerso del lago di Bracciano. Notevoli anche quella dell’età del rame rinvenuta ad Alghero e, perfette nella loro stilizzazione geometrica, le figure fittili della cultura cicladica, età del bronzo). La fertilità è il dato base ma Gaia rappresenta anche lo stato ferino o primigenio, come viene raffigurata nella splendida anfora della “Signora delle fiere”, la greca Potnia Theron.

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  Esiodo nella sua “Teogonia”, influenzata dal pensiero indoiranico, propone la teoria del Chaos, il vuoto primordiale poi riempito da Gaia che si unirà ad Urano, il cielo, e sarà prima la stirpe dei titani e poi quella dei ciclopi (e qui è in mostra una magnifica testa di Polifemo). E’ l’inizio dell’avvento degli dei, una complessa cosmogonia di cui Zeus, salvato dalla madre Rea (Kronos, il padre, ha divorato i suoi fratelli), ne sarà l’apice. E ora che l’Ordine è stabilito la Terra ha un ruolo primario e per gli Ateniesi significherà filiazione, “nascere da”, autoctonia (“generati da una stessa madre”, scrive Tucidide). Appartenenza che, per i romani, avrà un significato diverso, di dominio, il “mundus”, la fossa scavata all’atto di fondazione di una città, dove ciascun fondatore gettava una zolla della sua terra d’origine (quindi già una radice cosmopolita).

  Si procede poi alla centuriazione del territorio, dove si tracciano il cardus e il decumanus e gli dei propizi sono Terminus, che delimita lo spazio urbano, e i Lares, che rinsaldano i vincoli della comunità (i Lares Compitalia vegliano ai crocicchi): al centro l’  “umbilicus urbis” (quello di Roma è al Foro). Ora il rapporto con la Madre Terra è consacrato e si possono celebrare le liturgie che legano il mondo degli uomini a quello primigenio, mutuate dall’Ellade, come i Misteri Eleusini e i Riti Orfici, ma anche dagli etruschi, come le arti divinatorie o aruspicine. Persefone viene rapita da Plutone, signore del mondo infero e la madre, Demetra, dea delle messi, blocca il raccolto provocando una carestia, finché interviene Zeus: Persefone  si dividerà fra i due mondi, 1/3 sotto e 2/3 sopra (quindi la nascita delle stagioni ed il ciclo agrario).

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  E’ un culto iniziatico che ipotizza una vita oltre la morte fisica, come quello di Mithra o quello orfico, dove “…al lago di Mnemosine i guardiani ti chiederanno perché vaghi nelle nebbie funeste dell’Ade. Tu dì: io sono figlio della terra e del cielo stellato”. Orfeo trova Euridice ma si volta prima del tempo concessogli e lei ritorna ombra fra le ombre, mentre lui sarà sbranato dalle Menadi. Ed ecco i protagonisti del mito raffigurati in un bel rilievo con accanto Hermes o Mercurio, lo psicopompo, colui che accompagna le anime nel regno delle ombre (vedi anche la rara laminetta orfica con le istruzioni per il viaggio senza ritorno). Ma il vincolo con le divinità ctonie, il mondo sotterraneo, nel contatto comporta la “incubatio”, il sonno che genera virtù profetiche (e vi allude il prezioso cratere apulo con l’indovino Anfiarao). Virtù positive ma anche negative e sono le “tabellae defixionis”, tavolette di piombo o di argilla contenenti maledizioni che venivano sepolte nella terra. In mostra una lamina dove i tifosi di una fazione circense inveiscono contro l’altra augurando ogni male. Al posto dei carri mettiamoci il pallone e oggi, 20 secoli dopo, vediamo che poco è cambiato…

  L’uomo e la Terra, dal mito ai giorni nostri, un complesso universo simbolico da osservare non semplicemente con gli occhi ma da rimeditare nell’unica chiave possibile ora, in questa fase critica dove noi e nostra Madre Terra siamo vicini alla catastrofe. La chiave ecologica che all’epoca certamente non c’era (pensiamo alla deforestazione per alimentare le terme, ad esempio, o l’ecatombe di animali esotici nelle venationes) e che oggi invece è essenziale per trovare  -se ancora possibile- un rapporto di armonia con Gea (complici anche le bellissime fotografie di contorno, che evocano i paesaggi come erano al tempo dei nostri Padri). E allora il rilievo con la scena di aratura in mostra si può leggere come un auspicio che la città dell’uomo non sia più in conflitto con nostra Madre Terra. Mai più.

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“Terrantica. Volti, miti e immagini della terra nel mondo antico” al Colosseo fino all’11 ottobre. Tutti i giorni h.8,30-18,15, biglietto intero euro 12 (comprensivo di accesso al Foro Romano e Palatino), ridotto 7,50. Per informazioni 06.39967700, www.archeoroma.beni.culturali.it  e www.coopculture.it.

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