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L’impero per immagini

 arco di tito CF020796+97  Immaginiamo per un attimo di tornare indietro nel tempo e vediamo le cose con gli occhi di un viaggiatore del Grand Tour che attraversa la Campagna Romana. Le rovine di un passato eroico che la costellano gli si fanno incontro come incise in un maestoso scenario di verde solitudine e così egli le vede e le ammira. E immaginiamo ancora i ruderi sparsi delle ville, gli acquedotti, i sepolcri della via Appia e innanzi, fermi in contemplazione, Montaigne, Goethe, Stendhal e tanti altri, noti o appena accennati nelle cronache dell’epoca, che nei secoli sono scesi al Sud, in quel magnifico pellegrinaggio laico che era appunto il Grand Tour.

  Ora capovolgiamo la clessidra del tempo e torniamo ad oggi, ebbene le immagini fotografiche di Luca Campigotto esposte a Palazzo Poli, dietro Fontana di Trevi, per il modo come sono state riprese e le sensazioni che trasmettono, dànno proprio l’idea di come dovevano apparire ai viaggiatori le testimonianze del passato. E’ la peculiarità del linguaggio di Campigotto, isolare le immagini nello spazio creando una dimensione a parte e così appaiono, scevre di presenza umana e quasi accese di luce propria, con effetti di grande suggestione. Ad esempio l’acquedotto che con quel solitario snodarsi delle arcate per la campagna, così sospeso fra cielo e terra, sembra davvero un’apparizione al termine del viaggio.

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  O, sulla Regina Viarum, la Via Appia, la tomba di Cecilia Metella immersa nel silenzio (e lo avverti, promana  dalla foto), poi, approdati alla Città Eterna, la visione dell’Arco di Tito con lo sfondo del campanile di Santa Francesca Romana,  l’interno del Colosseo con la fuga delle volte, la maestà del Pantheon, il fornice di Giano al Velabro. E l’immagine si propone con tutto il suo incanto che è un misto di trasfigurazione epica ed echi piranesiani (“L’archeologia mi restituisce lo sguardo stupito di quand’ero bambino e scatena la fantasia”, scrive Campigotto nella presentazione della mostra).

  E fuori dell’Urbe altre tappe di grande fascino, come Tivoli con il suo Tempio della Sibilla (un luogo obbligato per i viaggiatori del Grand Tour), Ostia, Pompei, ma l’obiettivo della camera cerca anche altrove, spingendosi in quella che fu la Gallia Romana, ed ecco il teatro romano di Arles e l’anfiteatro di Nimes, la Spagna con lo spettacolare acquedotto di Merida, e, ancora, Spalato e Istanbul con le loro vestigia di un mitico passato. In tutto 20 immagini scelte nel corpus di 140 foto che Campigotto ha realizzato per il volume “Roma, un impero alle radici di Europa”, edito dalla FMR, Franco Maria Ricci, in uscita in contemporanea alla mostra.

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  Dunque la Roma SPQR, la Roma dei cesari, l’Impero che torna trasfigurato dalla sensibilità di Campigotto, il quale ce lo restituisce in una prospettiva che definirei storico-emotiva, per come sono narrate le immagini. Innanzi alle quali si prova forse lo stesso stupore che un tempo provava il viaggiatore del Grand Tour e proprio questo dobbiamo ritrovare oggi: la capacità di stupirci, che significa soprattutto essere consapevoli di dove veniamo, perché noi siamo figli di quelle immagini.

“Roma. L’impero per immagini, fotografie di Luca Campigotto” a Palazzo Poli (Via Poli 54, Fontana di Trevi) fino al 3 maggio, da martedì a sabato 10-19, ingresso libero. Per informazioni 06.69980238 e www.grafica.beniculturali.it

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