Anni ’70, la “Neue Welle” del cinema tedesco, il suo affermarsi a livello mondiale con registi del calibro di Fassbinder, Herzog, Schlondorff, Kluge, Reitz, Von Trotta. E Wim Wenders, una delle personalità più interessanti la cui problematica seguirà sempre un doppio binario, il motivo del viaggio e, quasi un’immagine speculare, quello del tempo. “Alice nella città”, “L’amico americano”, “Paris, Texas”, “Il cielo sopra Berlino”, “Lisbon Story”, “Al di là delle nuvole”, moncler soldes in co-regia con Michelangelo Antonioni, solo per citare alcuni titoli. E la fotografia come immagine di un paesaggio urbano in continua evoluzione e che lui coglie nell’attimo in cui diventa memoria. Ma è una memoria dell’assenza, come traspare dalla mostra in corso a palazzo Incontro, “Wim Wenders. Urban Solitude”.
“Le città hanno volti e caratteri, come le persone”, scrive come commento ad una foto ed è un po’ il leit-motiv dell’intera esposizione. Ma qui non ci sono persone, la figura umana è altrove (salvo un paio di immagini, come vedremo), ed è una scelta precisa, in quanto solo col paesaggio urbano nudo quale unico protagonista si può doudoune moncler homme documentare l’assenza. Particolari, scorci, inquadrature, poche le prospettive “in totale”, perché è proprio dal raffigurare il piccolo e non il grande della città che scaturisce la solitudine. Il senso di un tempo raggelato espresso dalle immagini americane, che peraltro rimandano ad un suo famoso film, “Paris, Texas” (1984), con la sound-track di Ry Cooder. E proprio un dolceacre sapore blues esprimono le immagini americane, “Mississippi Town”, “Entire Family” e soprattutto “Woman in the Window” che evoca il clima della pittura di Hopper, quasi una citazione (non a caso c’è la figura umana che dà l’effetto come di una concrezione del paesaggio urbano).
Solitudine metropolitane, appunto, e il discorso sull’assenza (e, in contemporanea, sulla memoria dell’assenza) prosegue con le istantanee di Onomichi, omaggio a Yasujiro Ozu, con Mizoguchi uno grandi maestri del cinema giapponese. “Tokyo-Ga” (1986) è un atto d’amore nei suoi confronti e qui la foto si ispira all’intimismo malinconico dei suoi film. “The House on the Corner”, “Swimming Pool” (una figura s’intravede nel cimitero Shinto, a contrasto della doppia solitudine: del mondo dei morti e del mondo dei vivi sullo sfondo), “The Window”, doudoune moncler pas cher “Onomichi at Dusk”. Poi l’obiettivo vira ad Est, la Germania, e qui è memoria piena, ogni foto come una reliquia della ex DDR, documento di tempo e spazio che non sono più (emblematici i muri con i graffiti che sbiadiscono o il vuoto lasciato dagli edifici del vecchio regime).
D’altronde, come scrive Wenders negli “haiku” che accompagnano le foto, “ogni immagine è una capsula del tempo”. doudoune moncler femme Vero, nello scatto si imprigiona l’attimo sedimentandolo (e sublimandolo) in una dimensione che resterà per sempre incontaminata, a differenza della realtà rappresentata. moncler pas cher “Urban Solitude” si può ben definire come uno sguardo filosofico sul divenire delle cose, l’occhio che le seleziona e le isola in una serie di peraltro splendide immagini. Dove il motivo dell’assenza ne costituisce il fascino segreto.
Wim Wenders. Urban Solitude” al palazzo Incontro (Via dei Prefetti 22) fino al 6 luglio.
Martedì-domenica h.11-19, lunedì chiuso. Biglietto euro 8 intero, 6 ridotto.
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