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Le “delizie” di Haendel

  WM-recto-disqueTrenta anni di carriera musicale all’insegna della ricerca, un periodo denso di scoperte, riletture, proposte inedite, un progressivo ed esaltante work in progress che ha maturato uno dei migliori ensemble europei di musica barocca. La Simphonie du Marais, fondata da Hugo Reyne nel 1987, si è distinta non solo nella rivisitazione del patrimonio nazionale ma anche di quello italiano, tedesco, inglese, sempre con un timbro particolare al quale non è certo estranea la personalità del direttore e flautista Hugo Reyne. Dal suo tocco scaturiscono suggestioni nuove come risulta da questa interpretazione di due gioielli del periodo inglese di Haendel: la “Water Music” e i “Royal Fireworks”, la cui solarità ben si addice a celebrare il trentennale della Simphonie du Marais (ricordo le recenti ed ottime interpretazioni di Rameau, “Les Indes galantes”, e Bach, i “Concerti Brandeburghesi”).

  Ma come predisporre l’ascoltatore alla novità di un Haendel diverso dai canoni consueti? Nel vivace ed ironico booklet d’introduzione Reyne storicizza i due eventi, la “Water” composta nel 1717 quale colonna sonora per il viaggio notturno sul Tamigi di re Giorgio I e i “Fireworks” nel 1749 per celebrare la fine della guerra di Successione austriaca. E naturalmente è la prima che più intriga Reyne e lo spinge a coinvolgere l’ascoltatore creandogli l’ambiente intorno, il battello reale al quale è affiancato quello dei musici, lo scorrere del fiume nel riverbero notturno, il fondersi di suoni e mormorìo d’acque. E già questo è colore e l’artefice è lui, Reyne, nella doppia veste di addetto alla navigazione fluviale e direttore d’orchestra.

  “The King arrives!”, il Re è a bordo ed ecco l’ouverture che s’apre in uno zampillare di note fra gaie e civettuole, dove l’Allegro s’impone per la sua effervescenza “liquida”, in perfetta sintonia con il fluire del corteo reale sulle onde del Tamigi. Ed è proprio il ritmo del fiume che regola la melodia, ora lenta e ora vivace, con quei deliziosi Minuetti che riflettono il clima di bordo, disteso e allegro, l’idillio quale riflesso della “verzura” ai bordi del fiume. I colori sono sgargianti ma non accesi, l’estate non è ancora al suo colmo, quando già s’avverte una tonalità sfumata che preannuncia i turgori autunnali (la traversata di re Giorgio avviene il 17 luglio). E dunque un che di bucolico promana dal paesaggio e, sul filo di un Andante dolcemente misterioso, si spande all’intorno e avvolge come un’aura incantata il battello reale.

  Siamo al cuore pulsante, il centro segreto del pellegrinaggio fluviale, il suo senso ultimo che è insieme celebrazione di prestigio e immersione nell’ambiente, il tutto scandito dal dialogo serrato fra corni e trombe dell’Allegro poi ripreso e sviluppato nei tempi successivi con l’intervento dell’oboe. Dal delizioso Alla Hornpipe alla Sarabande e poi Rigaudons I e II ed altro è tutta una luminescenza, un’aria di festa nella quale emerge la traccia di Reyne, il suo flauto come immagine speculare alla funzione di comando. E mentre spiega a re Giorgio ciò che appare sulle rive, le ville dei nobili, il percorso s’avvia alla conclusione, con maestosa lentezza, come si conviene ad un evento simile ed il fiume acquista allora un sapore di metafora: sempre diverso e sempre uguale, come lo scorrere della vita.

  Ma bando alla malinconia, ora scoppiettano i fuochi, i “Royal Fireworks” increspano il velo della notte e s’effonde nell’aria l’Ouverture Adagio briosamente alla francese che trascolora poi negli arditi arabeschi dell’Allegro all’italiana. Il cielo s’accende di riflessi, ma non violenti, perché qui si celebra la pace e dunque anche la melodia risulta soffusa, con effetti quasi color pastello. Infatti il Largo alla Siciliana si intitola “La Paix” e scorre lieve, è finito il tempo della collera, e il successivo Allegro, “La Réjouissance”, segna l’inizio della festa: il sereno che segue al buio dell’anima (di regola si termina con Minuetto I e II ma Reyne ha preferito invertire e, francamente, così ha più sapore).

haendel

  Davvero un bel viaggio, pur se cronologicamente non omogeneo (i “Royal Fireworks” datano trent’anni dopo la “Water Music”), ma che importa, il risultato è di una avvolgente malìa. E’ il timbro particolare di cui dicevo all’inizio, la scelta di Reyne di dare una versione “morbida” delle due composizioni haendeliane, in particolare la “Water Music”, in genere eseguita un po’ sopra le righe. E le sue mezze tinte vanno perfettamente in sincrono con ciò che la musica vuole evocare, così che umanità e natura si fondono in un momento unico, come appare nei quadri di genere del XVIII secolo. Un lavoro di fine fattura e gran nitore formale, non semplice perché non esiste un ordine preciso dei movimenti, bisogna sapersi orientare con una certa logica (talune esecuzioni ne portano 17 altre 20). Reyne sembra aver fatto la scelta giusta, anche nella conclusione, una Bourrée che parafrasa il finale de “La Resurrezione”, oratorio composto da  Haendel a Roma grazie al marchese Ruspoli, suo mecenate. E con lui all’unisono La Simphonie du Marais, in ideale navigazione sul Tamigi, una notte stellata di tre secoli fa…

Haendel, “Water Music & Royal Firework Music”, nell’interpretazione della Simphonie du Marais diretta da Hugo Reyne (con booklet di 32 pagine) per la collana “Musiques à la Chabotterie”, euro 20.

 info. www.simphonie-du-marais.org

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