Quel Cristo poco dopo l’ingresso, lì con la sua espressione dolente, è quasi il simbolo di un’esposizione di opere la cui bellezza è stata offesa e ferita da eventi che sfuggono al controllo umano. Arte ferita, appunto, un patrimonio recuperato spesso con grande rischio dai Vigili del Fuoco nell’area colpita dal terremoto dello scorso agosto, centinaia di reperti ora nella caserma della Scuola del Corpo Forestale dello Stato di Cittaducale. Dipinti su tela, sculture, suppellettili liturgiche, dipinti su tavola, frammenti sparsi di decorazione pittorica murale, campane orfane di chiese crollate, una varietà di opere che, con il cartiglio esplicativo a lato, narra di quei giorni drammatici non solo in termini di vite umane ma di arte.
Arte che racchiude la memoria storica dei luoghi, conservata nelle chiese, nei musei e negli antichi palazzi, oggi quasi tutti impraticabili se non completamente distrutti. Amatrice, Accumoli, frazioni come Moletano, Preta, Ferrazza, Grisciano, un territorio vasto dove il perfetto connubio fra testimonianze d’arte e bellezza della natura (la maestà dei Monti della Laga) ha come controcanto la cordialità e l’ospitalità della gente del posto. Si è, purtroppo, tentati di parlare al passato ma l’auspicio comune è la rinascita dei centri urbani e delle comunità locali e quest’assembramento di opere d’arte -e, quindi, di memoria storica- appare quasi come un augurio.
Più di un migliaio, custodite nell’autoparco della Scuola Forestale, una vasta struttura antisismica che fungerà poi da laboratorio di restauro. L’operazione è condotta da un’unità operativa diretta da Francesco Prosperetti, Soprintendente speciale per il Colosseo e l’area archeologica di Roma. E proprio grazie ai fondi del Colosseo, con il budget ricavato dai biglietti, è stato possibile intervenire, cosa di cui Prosperetti è giustamente orgoglioso. Ma andiamo più nel particolare, osservando da vicino il patrimonio d’arte recuperato e dicendo subito che, in linea di massima, i danni che esso ha subito sono meno gravi di quanto si temeva. Questo ovviamente riferito al materiale che si è potuto trasportare, mentre per quello in loco, le strutture fisse come le chiese spesso ricche di affreschi, bisogna parlare in termini ben più crudi, purtroppo.
Ci sono situazioni di forte sofferenza, come i frammenti del paliotto del XVIII secolo dipinto su cuoio, tecnica della quale abbiamo poche testimonianze e perciò pezzo abbastanza raro non facile da recuperare. Ma i nostri restauratori sono i migliori del mondo, fanno miracoli e, infatti, come dimostrazione, su un tavolo poggia una tela divisa in due zone, la superiore rigonfia e pressoché invisibile per la patina di polvere e sporcizia causata dal sisma, l’inferiore che, ripulita con cura, già rivela le figure ed i particolari del dipinto originario. Certo i danni ci sono ma riguardano soprattutto le parti murali dipinte, come si può constatare dalle cassette che contengono frammenti grandi e piccoli provenienti dal santuario della Filetta e da quello, splendido, dell’Icona Passatora (una foto lo mostra ora sventrato con la parte absidale in primo piano: una foto che, per chi ama l’arte, è un pugno allo stomaco).
Encomiabile il lavoro dei Vigili, i quali hanno profuso lo stesso impegno per ogni pezzo recuperato, a prescindere dalla sua importanza storico-artistica. E infatti, accanto alla tela o alla statua lignea di cui si avverte il tocco squisitamente artigianale, figura un’opera d’autore o, comunque, di pregevole fattura. Impossibile fare un elenco dettagliato per cui mi limito alle cose che più colpiscono l’attenzione, come la medioevale e splendida Madonna lignea in trono con Bambino da Accumoli, le croci astili ed il prezioso reliquiario della Filetta, raffinati lavori d’arte gotica di Pietro Paolo Vannini dal Museo Civico di Amatrice, dove erano anche gli sportelli bifronti con quattro santi dei secoli XV-XVI. E, ancora, la cinquecentesca Madonna con Bambino in terracotta da Grisciano, l’estasi di San Francesco, XVI-XVII secolo, da Accumoli, dove era la Madonna con Bambino e San Giuseppe, Anna e Francesco, prima metà del ‘600, autore l’Orbetto, importante pittore veronese che ha lavorato anche a Roma (vedi “La resurrezione di Lazzaro” alla Galleria Borghese).
Ma l’opera senz’altro più ragguardevole, soprattutto dal punto di vista simbolico, in quanto rappresenta l’identità locale, è la “Sacra Famiglia con San Giovannino”, 1527, di Cola dell’Amatrice. Uscita praticamente indenne dal crollo del Museo Civico attrae per la dolcezza dell’insieme, quasi un invito a non lasciarsi vincere dagli eventi e andare oltre la paura verso un nuovo ciclo di rinascita. Non a caso il luogo dove è esposta l’arte ritrovata fra le macerie è intitolato a Floriana Svizzeretto, l’indimenticabile Direttrice del Museo Civico di Amatrice, morta nel crollo del palazzo dove viveva. Perché la rinascita di questi luoghi può iniziare anche di qui, dal recupero e reintegro della Bellezza ferita.
E’ stato attivato l’Artbonus per i beni colpiti dal terremoto, www.artbonus.gov.it (ogni erogazione a favore del patrimonio culturale dà diritto ad un credito d’imposta pari al 65% della somma erogata). Chi ama l’arte non può restare insensibile.
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