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L’Aquila e la sua identità

P1010040  Cosa contribuisce a formare la fisionomia di un luogo, nel senso di appartenenza? Il vissuto di chi lo abita, certo, che assomma in sé lo stratificarsi delle generazioni che lo hanno preceduto, la memoria storica nella quale affondano le cosiddette “radici”. Ogni luogo ha quest’humus particolare e quando viene sconvolto da un evento naturale o umano ne risulta offuscato il suo profilo e la coscienza collettiva viene ferità nella sua identità. Così è stato per il dramma dell’Aquila, il disastroso terremoto del 2009, e da anni, faticosamente, si cerca di ricomporla ed oggi, con l’inaugurazione del MUNDA, il nuovo Museo Nazionale d’Abruzzo, è stato compiuto un passo importante, soprattutto simbolicamente, perché un luogo è anche la Bellezza che esso racchiude.

  E di Bellezza ve n’è a profusione qui a Borgo Rivera, nell’ex edificio che un tempo era il mattatoio comunale, quattro grandi sale dove si ripercorre la storia artistica dell’aquilano e dell’Abruzzo in generale.P1010054 Che viene sintetizzata, anche, in quanto i circa 150 pezzi esposti sono una parte dell’immenso patrimonio custodito nelle 41 sale della Rocca Spagnola resa inagibile dal terremoto. I crolli e poi le infiltrazioni d’acqua hanno danneggiato statue lignee, tavole dipinte, quadri, e lungo è stato il lavoro di restauro ma i risultati sono eccellenti. Ora le opere ospitate in questo spazio che si può senz’altro definire di archeologia industriale (il mattatoio entrò in funzione nel 1883) possono usufruire di tecnologie avanzate, poggiando su piastre  antisismiche oscillanti ala minima vibrazione. La struttura, anch’essa a suo tempo lesionata, è stata imbrigliata con fasce di acciaio inossidabile, tipo “pacchetto” reso ormai infrangibile.

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  Dunque la Bellezza ritrovata ed è con una certa emozione che si percorre un itinerario che parte dall’Età del Ferro e risale fino al Medioevo e poi tocca la Rinascenza ed il Barocco. Fanno da introduzione alcuni reperti del periodo leggendario dei Marsi e dei Vestini, soprattutto corredi funebri, e, in proposito, entrambe dall’antica Amiternum, notevoli un coperchio cinerario con effigie di serpente (il culto infero, le divinità ctonie) ed una lastra con corteo funebre (eccezionale l’impianto scenografico). Un salto nel tempo e siamo nel medioevo, tutto l’incanto insieme dolce e severo delle sculture lignee sacre, le splendide Madonne d’Abruzzo, la “sedes sapientiae” e la Madonna “lactans”, una tipologia diversificata per esaltare il culto mariano (che trova un parallelismo espressivo nel “Christus triumphans” e nel “Christus patiens”).

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  La “Madonna de Ambro”, la “Madonna delle Concanelle”, Vergini in trono (la “sedes sapientiae”) o che nutrono il Bambino (“lactans”), commoventi testimonianze supportate dalla purezza stilistica del romanico o del primo gotico. E in mezzo figurano ricordi visibili del dramma, come il Cristo di Penne, che ancora reca sul legno le cicatrici della rovinosa caduta al suolo. Ma ora è armonia di forme e colori, che s’impongono con opere di squisita fattura, come il “Trittico di Beffi”, ammirato negli USA da un milione di visitatori, o il “Polittico della Madonna in trono col Bambino e santi”, di Jacobello del Fiore. Vicini ai moduli del gotico internazionale  denotano una grande sensibilità non solo artistica ma di “pietas”, in particolare il trittico, il lato del “transitus
Mariae” con Gesù che reca in cielo la sua anima bambina e l’incoronazione, narrato nei modi tipici della “edificatio” medievale.P1010077

  Emblematico, in questo senso, è anche “L’albero della croce o delle Sette Parole”, dello stesso autore del trittico, Leonardo di Sabino da Teramo. E, continuando il percorso, risalta l’eleganza dei reliquiari e cofanetti in argento o avorio (stupendo quello realizzato nella bottega degli Embriachi), le vetrate, un nodo di croce processionale di Nicola da Guardiagrele, famoso orafo e cesellatore (ricordo il suo splendido paliotto d’argento nel duomo di Teramo). Il tardo gotico si presenta con autori notevoli, come il Maestro di Caramanico, il Maestro delle Storie di San Giovanni da Capestrano, il Maestro dei Polittici Crivelleschi e il più importante, Saturnino Gatti, che lavora non solo su tavola (le sue pregevoli Madonne) ma plasmando la terracotta (magnifici il “Presepe” e la “Madonna con Bambino”, di morbida plasticità). E poi, ovviamente, le tante raffigurazioni di San Bernardino (il suo famoso Cristogramma “JHS”, che si ritrova un po’ dovunque), il cui corpo è conservato nell’omonima chiesa aquilana da poco restaurata. E siamo ormai alle soglie della Rinascenza.P1010056

  Cambiano le forme, muta il linguaggio anatomico ed è l’agile “San Sebastiano” di Silvestro dell’Aquila, la principale città d’Abruzzo come centro d’irradiazione del “nuovo”. Altri nomi di primo piano, come Francesco da Montereale (una “Pietà” d’impostazione quasi geometrica), Pompeo Cesura (un sorprendente “Cristo alla colonna”), Giovan Paolo Donati (Tobiolo e l’angelo”). Transitiamo infine nel Barocco, incontrando personalità di rilievo come Giacinto Brandi, molto attivo a Roma (“La nascita della Vergine” e “Il transito della Vergine”, sottoposti ad un complesso lavoro di restauro) e Francesco Solimena. Ma i più interessanti sono i pittori della Scuola napoletana, di matrice caravaggesca, Andrea Vaccaro, Massimo Stanzione, Bernardo Cavallino e soprattutto lo Spagnoletto, Jusepe de Ribera, per quel tratto severo (“La Maddalena in meditazione del teschio”) e Mattia Preti. Fra le sue tele risalta il “Martirio di san Bartolomeo”, di grande drammaticità, senza dubbio la più caravaggesca delle sue opere, in genere sfumate rispetto ai toni talora aspri del Merisi (e qui basta confrontare con le altre due esposte, “Cristo e l’adultera” o “Il tributo della moneta”, decisamente “soft” o con le opere della mostra in corso a Roma a Palazzo Corsini).

  In sintesi questo è il MUNDA, la rinascita dell’arte aquilana e d’Abruzzo dopo la catastrofe, il recupero di un’identità violata e non a caso il museo è situato innanzi alla Fontana delle 99 Cannelle, simbolo della città (e restaurata dal Fai). Ha ragione il Ministro Dario Franceschini a dire che “Per l’Aquila e per tutta Italia è un grande giorno di festa”. Che, ovviamente, sarà completa quando l’Aquila, ora immenso cantiere (è stato riaperto il corso ed alcune aree sono transitabili), potrà finalmente risorgere.

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MUNDA, Museo Nazionale d’Abruzzo, L’Aquila, Borgo Rivera.

Da martedì a domenica h.9-19, chiuso lunedì. Biglietti: 4 euro intero, 2 ridotto.

Fino al 3 gennaio ingresso gratuito. Per informazioni www.munda.abruzzo.it

1 Commentoa“L’Aquila e la sua identità”

  1. Gianfranco // 3 gennaio 2016 a 20:24 // Rispondi

    Complimenti al Direttore per l’articolo interessantissimo!!!

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