E’ con un misto di tenerezza e nostalgia che rivedi quell’intervista di tanti anni fa in piazza San Pietro dove Albertone, l’immortale Sordi, rievocava i suoi anni d’infanzia. E un momento in particolare, quando il padre, tenendolo per mano, gli faceva traversare i vicoli di Borgo con la promessa di una “sorpresa”.
Ed eccola, usciti dalla Spina, lo slargarsi improvviso con la Basilica ampia e maestosa sullo sfondo e, ai lati, la fuga delle colonne come due enormi braccia di pietra. La “sorpresa” che lasciò senza fiato il piccolo Albertino, come senza fiato restavano pellegrini e viaggiatori del Grand Tour (vedi Stendhal, citato nella mostra), perché la Spina di Borgo aveva una intrinseca valenza prospettica nonché spirituale. Uscire dalla strettoia dei vicoli per gustare il senso dell’immensità e questo, al di là del puro piacere estetico, per il credente significava raccogliersi in sé e prepararsi all’incontro mistico.
La Spina, dunque. Ma all’inizio quella parte dell’Ager Vaticanus era una zona malsana poi bonificata in epoca imperiale, con gli Horti, come quello di Agrippina, madre di Nerone (i resti sono sotto l’Ospedale di Santo Spirito). L’area, dove si praticava anche il culto della Magna Mater Cibele (qui esposti un’ara taurobolica ed altri reperti fra i quali un’agile statuetta di Afrodite Charis ed una bella base di candelabro), era collegata a Campo Marzio con un solo ponte, il Neronianus (i resti affiorano accanto al ponte Vittorio Emanuele), finché venne costruito il pons Aelius che si raccordava al mausoleo di Adriano.
La futura zona di Borgo era ricca di monumenti, dal circo di Nerone alla Meta Romuli, demolita nel 1499 per dare spazio alla Via Alessandrina (Borgo Nuovo). Una ristrutturazione necessaria per il sempre crescente afflusso di pellegrini durante i Giubilei.
Dopo la caduta dell’Impero Romano durante l’alto medioevo intorno alla Basilica, nell’area chiamata Burg, sorsero le varie Scholae per assistere i pellegrini che giungevano alla tomba dell’Apostolo. Sassoni, Franchi, Frisoni, Longobardi i quali opposero una strenua resistenza ai Saraceni che, risalito il Tevere nell’846, misero a sacco San Pietro e l’area circostante (come già avevano fatto a San Paolo). Fortificata da papa Leone IV, la nuova Civitas Leonina vide nel tempo il vecchio Burg trasformarsi. Palazzi, chiese, una diversa viabilità e il culmine si ha nella Rinascenza, con gli edifici e i luoghi sacri firmati da famosi architetti e pittori e lo stabilirsi in zona di cardinali, prelati ed artisti (Raffaello e Domenico Fontana abitavano qui). Il Sacco del 1527 causò una grande devastazione ma, tutto sommato, la ripresa fu abbastanza rapida.
Dalle mappe d’epoca tardo ‘400 di Pietro del Massaio e Alessandro Strozzi riprodotte in cromolitografia nonché una notevole pianta di Roma a volo d’uccello, xilografia del 1493, fino alle deliziose tempere su pergamena di Gaspar van Wittel, il padre di quel Luigi artefice della Reggia di Caserta, si possono dedurre i cambiamenti intervenuti nel corso dei secoli. L’ultimo fu quello, traumatico, che suggellò i Patti lateranensi, l’abbattimento della Spina di Borgo e l’apertura di una strada dal nome simbolico, Via della Conciliazione (1936-37, ma la sistemazione definitiva avvenne nel 1950). E se, da una parte, si risanò un quartiere dove l’affollarsi degli edifici creava problemi igienici (non molti, a sentire i vecchi sopravvissuti che un tempo ci abitavano), dall’altra distrusse oltre a palazzi storici e chiese minori, ma pur sempre con una loro identità (come in genere le chiese romane), tutto un tessuto di piccolo artigianato, dalle botteghe di articoli religiosi alle tante osterie con la fraschetta affissa fuori.
E vediamo quelli che sono brandelli salvati della Spina. Frammenti architettonici ma anche pittorici, di discreta fattura, come le decorazioni di Palazzo Alicorni, poi ricostruito da Marcello Piacentini e Alessandro Spaccarelli, i progettisti di Via della Conciliazione. O l’affresco di Santa Caterina delle Cavallerotte, così chiamata perché le monache ivi ospitate erano figlie di romani ricchi che servivano nella milizia a cavallo. O, ancora, il ciclo della Vita della Vergine di San Giacomo a Scossacavalli, la cui piazza creava un largo spazio all’interno della Spina (solo la Fontana del Maderno si salvò e venne ricomposta innanzi a Sant’Andrea della Valle, dove si trova). Fu anche parzialmente demolito il palazzo del Cardinal Cesi, famoso per il suo giardino ricco di sculture, considerato una meraviglia della Roma rinascimentale (così appare nel bel dipinto del fiammingo Hendrick van Cleef).
Alcuni edifici vennero isolati come la chiesa dell’Annunziatina, ricostruita sul Lungotevere Vaticano, o quella di San Lorenzo in Piscibus, inglobata nelle nuove strutture novecentesche. E fra acqueforti (il Falda in particolare), pitture (rimarchevoli Fammilume e la Tommasini), foto (veri documenti d’epoca: albumina e gelatina al bromuro d’argento, talune stereoscopiche), è come se si ricostituisse la vecchia immagine della Spina di Borgo prima del progetto piacentiniano (vedi il plastico). In passato c’erano già stati piani di rimodellamento dell’area, da Carlo Fontana a Cosimo Morelli, fino all’amministrazione francese che ne aveva incaricato il Valadier ma non se ne fece nulla, solo Piazza Pia ad opera di Giuseppe Poletti nel 1852. E di qui partì il piccone demolitore, sventrando fino all’ultimo edificio che celava la Basilica, Palazzo Rusticucci, di epoca tardo rinascimentale, punto privilegiato per assistere alle cerimonie papali (come si può dedurre dal dipinto di Ippolito Caffi). Qui innanzi ogni anno si svolgeva la solenne e suntuosa processione del Corpus Domini, la cui scenografica bellezza attirava masse di popolo e fascinava i viaggiatori del Grand Tour.
“Portà un vecchio un par d’ora in pricissione/ pe Piazza Rusticuccia e er Colonnato,/ tritticanno là in cima inalberato/ sotto quer culiseo de pivialone”, il solito Belli che brontola in “Er Papa in ner Corpusdommine”. Ma lui, si sa, aveva sempre da ridire.
“La Spina di Borgo. Dall’Agro Vaticano a Via della Conciliazione”, Musei Capitolini fino al 20 novembre. Tutti i giorni h.9,30-19,30, biglietto euro 15 integrato mostra più museo, 13 ridotto.
Scritto da: Antonio Mazzain data: 25 novembre 2016.il11 dicembre 2016.
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