La Scuola Romana di via Cavour, il gruppo di pittori che, nell’Urbe degli anni ’30, proponeva un discorso alternativo a quello ufficiale, rappresentato sia dalla corrente di “Novecento”, con Sironi quale personalità di punta, sia da quella di “Ritorno all’ordine”, filiazione diretta della rivista “Valori plastici”. Quindi una visione estetica in contrapposizione a moduli figurativi che attingevano alla tradizione, quasi una sorta di neo classicismo riletto in chiave moderna. Era un gruppo aperto ad esperienze di sapore espressionista (Mafai, Scipione), ma frequentato anche da artisti il cui linguaggio pittorico aveva in sé una potenzialità diversa, dichiaratamente poliedrica. Ed è il caso di Corrado Cagli, al quale è dedicata un’interessante mostra al Museo di Palazzo Cipolla al Corso: “Corrado Cagli. Folgorazioni e mutazioni”.
Colpisce subito, nel salone principale, “Veduta di Roma”, un gigantesco trittico dove si affollano e quasi si pigiano i principali monumenti della città antica e quelli della città barocca. E’ una rappresentazione allegorica nella cui densità, anche cromatica, ben si esprime il concetto di “romanitas”, reso più incisivo da quelle panoplie ai lati, ma senza accenti retorici (siamo nel pieno del Ventennio). Ciò che risalta è un segno agile e deciso e tuttavia un po’ sfumato, quale risulta dai simboli zodiacali dipinti su un tavolo circolare al centro della sala (modello della Fontana dello Zodiaco a Terni) o da tele come “Neofiti”, “Navigatori”, “La nave di Ulisse”, “Edipo a Tebe”, figure quasi stilizzate e talora con uno spessore tragico (“Romolo e Remo”, l’uno che traccia il solco e l’altro che giace ucciso ai margini). E sono opere intrise di un qualcosa che rimanda a un tempo remoto, arcaico: alle sorgenti del Mito.
E’ una tappa della continua ricerca che impronta il cammino artistico di Cagli, la voglia ed il gusto della sperimentazione, anche con generi diversi, come la ceramica (“Venere”, “Pescatore”, “Icaro”, di sapore déco). E diversificare in senso creativo è ora il suo modo di esprimersi, così passa dalla decorazione murale all’affresco, “Orfeo che incanta le belve”, presentato alla XXI Biennale di Venezia del ’38 (qui è in mostra il cartone preparatorio). E’ affascinato dalla pittura pompeiana ma il suo punto di riferimento è la purezza delle linee rinascimentali, Piero della Francesca, Leonardo. Si vedano “Bacchino”, “Passaggio del Mar Rosso”, dove la corposità cromatica acuisce il senso del dramma, e soprattutto “Pellegrino”, un disegno dal taglio squisitamente leonardesco.
A causa delle leggi razziali nel ’38 Cagli emigra, passando dalla Francia agli Stati Uniti e, arruolato nelle file della US Army, partecipa allo sbarco in Normandia ed alla liberazione del campo di concentramento di Buchenwald. Di quell’orrore ne lascia testimonianza in alcuni disegni eseguiti sul posto e alla tragedia della Shoah dedicherà il monumento di Gottinga, in memoria della Notte dei cristalli (gli uni e l’altro, in bozzetto, sono presenti in mostra). Il periodo americano coincide con la fase neometafisica, con opere di forte introspezione, come “La veglia e il sonno”, ma altri capitoli si aggiungono alla sua ricerca pittorica, dalla Quarta Dimensione alle Impronte dirette e indirette, senza trascurare la grafica, alle quale dedica lavori di grande impegno sociale e politico (la strage di Portella della Ginestra, l’alluvione del Polesine).
I Motivi cellulari, le Variazioni Orfiche, le Metamorfosi, simbolicamente espresse da “Apollo e Dafne”, una tela dove, nella rappresentazione del mito, proprio nella sua componente figurativa, si avverte un profondo respiro pànico. E’ la personalità multiforme di Cagli, il suo andare verso ed oltre le cose, un eclettismo di fondo che, come già accennato all’inizio, comporta anche l’esperienza di materie diverse. Così passiamo dalla tempera su carta (“Dal libro di Ester”, “Inferi”, dai toni astratti) all’arazzo, con opere complesse e arcane come “La ruota della fortuna” e “Tancredi” (questa in particolare, con un che di onirico nei personaggi solo abbozzati, a differenza dell’altro arazzo, dove palpita la vita).
E poi la serie delle Carte, che nelle sue mani diventano come dei micro mondi tutti rughe ed increspature, le Mutazioni modulari, che caratterizzano l’ultimo periodo della sua vita. Notevole la serie dedicata a Erasmo da Rotterdam, “Elogio della pazzia”, che combina il grottesco della maschera e l’eleganza figurativa. Importante è poi il suo contributo al teatro, qui raccolto in un settore a parte. Un contributo peraltro non indifferente, in quanto Cagli fondò nel 1948 il New York City Ballet insieme al coreografo George Balanchine e l’impresario Lincoln Kirstein, Leon Barzin quale direttore artistico. Attività che in Italia ebbe un fortunato prosieguo, come risulta dai quadri dove figurano bozzetti di costumi per teatro lirico, commedie, drammi, balletti. Ed è questo un’altro dei tanti, fascinosi aspetti di “un artista fortemente ed incredibilmente contemporaneo”, come ha detto il Prof.Avv.Emmanuele F.M.Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale.
“Corrado cagli. Folgorazioni e mutazioni” a Palazzo Cipolla fino al 6 gennaio 2020. Da martedì a domenica h.10-20, biglietto euro 7 intero 5 ridotto. Per informazioni 0697625591 e fondazione@fondazioneterzopilastrointernazionale.it . La mostra, a cura dello storico e critico Bruno Corà, Presidente della Fondazione Burri, in collaborazione con l’Archivio Cagli, è promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale e organizzata da Poema S.p.A, con il supporto di Comediarting.
Scritto da: Antonio Mazzain data: 17 novembre 2018.il16 febbraio 2020.
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