La musica dell’anima
La musica dell’anima
di Antonio Mazza
Gli Arconti, una tipica famiglia del Sud, dove si intrecciano le parentele fino a creare una sorta di inestricabile viluppo generazionale, un po’ come le ère geologiche, l’una sovrapposta all’altra. Lui è Giuliano, adolescente introverso che studia musica senza molta convinzione, quasi solo per volontà materna, mentre il padre, Berardo, è del tutto assente, troppo impegnato a masticare gelosia nel corso della propria vita (a lui Innocenzo, nonno di Giuliano, aveva preferito Giuseppe, il nipote rimasto orfano di padre). Ma se Lorelai, sua madre, con una umoralità di carattere che la rende imprevedibile (“affettuosità discontinua”, così si esprime in proposito Giuliano) è una figura centrale del libro, pure il reale baricentro è Luce, la nonna, la matriarca che riassume in sé le contraddizioni familiari. E da questo nucleo iniziale di personalità in conflitto fra loro si diparte “Il Piano di Luce”, di Riccardo Garbetta, autore soprattutto di racconti che si cimenta in un romanzo complesso, dove la vicenda personale trova nei continui riferimenti musicali il suo controcanto poetico.
Quaranta capitoli ed ognuno, imperniato su un personaggio o una situazione, scandisce il graduale ma sofferto cammino del protagonista verso la consapevolezza di sé. Da Palo del Colle, paesino a pochi km. da Bari, giunge a Milano dove, ospite di Giuseppe, finalmente potrà capire se il pianista è davvero ciò che vuol fare da grande. Ma chi è in realtà il cugino Giuseppe che l’ha trattato con sufficienza (“saresti tu il futuro pianista?”) e ora ha assunto il ruolo di mecenate? Con base nella sua sfarzosa dimora Giuliano può dedicarsi alla musica, conoscendo altri personaggi-chiave della sua storia, la granitica Gerharde Weilburg, “responsabile della casa”, Valenti, il maestro di piano, Costanza Manieri, donna misteriosa quanto seducente, Giacomo, lo scanzonato autista romano doc, Giasone, il cagnone meticcio che adotta Giuliano da subito, Matilde, giovane aspirante pianista con la quale ha un vago rapporto platonico. Molto vago, incerto come il suo comportamento con tutto l’ambiente che lo circonda perché lui non s’è ancora spogliato del complesso del provinciale e, soprattutto, dei suoi fantasmi.
Gli Arconti, questo brulicante paesaggio umano solcato da incomprensioni ed intrighi, dove la figura materna risulta forse la più ambigua fra tutte, da Giuliano destrutturata e poi ricostruita più volte, alla ricerca della verità (i rapporti con la sterminata famiglia, i suoi amanti). E così il cugino Giuseppe, sempre lontano, e quando finalmente sta per giungere a Milano lui, che pure è ansioso di scoprire la sua vera personalità, tende ad evitare l’incontro. E continua quello stillicidio di non detto che pesa però sulla coscienza di Giuliano, tanto da fargli dire che “il vero dramma della nostra storia è di procedere sempre con cautela, per sottrazioni, reticenze, astensioni, di esporci solo ai devastanti effetti del non fare, non dire, non chiedere, non osare”. Appunto, lo sfiorare le cose e tirar via, per pudore o per paura, e quindi mai responsabilizzarsi, perché non si ha il coraggio di affrontare le ombre che non sono fuori ma dentro noi stessi. Ed è solo nell’incontro con la matriarca, Luce, che Giuliano riesce ad intuire un’altra realtà al di là di ogni schema, realtà peraltro gradualmente maturata in lui attraverso un brillante percorso musicale. Ma la chiave di tutto è il cugino con quella sua strana annotazione al brano prediletto da Giuliano, il Preludio n.18 di Chopin, “rallentare”. Ovvero fermarsi anche, se occorre, per ascoltare la vita.
La musica, questo trascolorante e magnifico basso continuo che anima le pagine de “il Piano di Luce” e che non può non fascinare il lettore. I Numi Tutelari, Bach, Beethoven, Mozart e poi gli altri, anch’essi grandi, da Scarlatti a Chopin, Schumann, Schubert, fino a Stockhausen e Alban Berg (e i riferimenti a famosi direttori d’orchestra e solisti: Klemperer, Von Karajan, Walter, Rubinstein, Gilels, Gould). E tutto ciò dona un ritmo particolare al libro, diciamo l’inizio come un adagio poi segue in tempi di moderato cantabile e infine termina con un allegro ma non troppo. Ma quello che risalta maggiormente in “Il Piano di Luce” è la sua struttura “classica”, con quel sapore di saga familiare che ben s’innesta su quello da tipico “bildungsroman”, il romanzo di formazione. E il risultato è un libro certamente complesso, denso di risvolti e pause meditative, ma intrigante e godibile, con quel suo drammatico e tuttavia malizioso intreccio di parole e musica.
“Il Piano di Luce”, di Riccardo Garbetta. Artdigiland ed. pagg.360, euro 18,00.
Inserire un commento