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La badante di Don Fefè

stor_12773330_08090Avete mai sentito, o letto,  di badanti sbadate che badano poco al badato e badano molto a se stesse? Lo faranno per sbadataggine o perché sono tutt’altro che sbadate? Fate voi! Me ne hanno raccontata una che sembra inventata, frutto della fantasia, invece non lo è affatto e chi me l’ha raccontata l’ha giurato sull’onore della sua anzianotta ….. badante che da vent’anni si prende cura di lui, scapolo sessantenne  La storia riguarda Felice, un suo parente di Roma, quartiere Nomentano. Ve la racconto tal quale come l’ha raccontata a me e non aggiungo nemmeno una parola, perché senza parole sono rimasto io, ma ve la racconto a modo mio, cioè come se raccontassi una delle tante storie che i lettori di News Arte e Cultura conoscono da anni. Eccola! La sua Cettina se n’è andata a marzo dell’anno scorso, poco dopo l’anniversario delle loro nozze d’oro, ed il signor Felice, Fefè per la moglie, per i parenti e per gli amici che gli erano rimasti, non riusciva a rassegnarsi alla solitudine in quella grande e bella casa col terrazzo che affaccia sui pini di Villa Massimo. Don Fefè non aveva figli, ma non aveva nessun rimpianto perché Cettina gli riempiva la vita. La litania di amici e parenti per convincerlo a riaccasarsi era cominciata dopo appena una settimana dai funerali della moglie. “Fefè, tu non puoi stare da solo, devi trovarti una compagna, sei ancora giovane e non puoi trascorrere le tue giornate davanti alla televisione a rincoglionirti, oppure a passeggiare senza meta attorno a piazza Bologna.affitti-uffici-piazza-bologna-roma-default-127937-0

Devi deciderti!” “Ma perché non mi lasciate in pace? Tranquilli, voi non dovete preoccuparvi perché io non romperò i cocomeri a nessuno, perciò fatevi i cavoletti vostri e lasciatemi in pace. E poi a settantasei anni chi mi prenderebbe? Conoscete qualcuna che vorrebbe un catorcio di settantasei anni? Ma fatemi il santo piacere di non rompermi l’anima, io sto bene come sto!”

Ciccio e Peppe, i due amici più cari e più vicini, erano seriamente preoccupati per lui, ma erano anche tosti e qualche settimana dopo ritornarono alla carica. “Allora fatti una badante che si prenda cura di te e della casa. Non fare il cretino e metti da parte il tuo orgoglio del cavolo” azzardò Peppe tutto d’un fiato”. “Caspita che bella idea, Peppe. Una badante, ecco quello che ci vorrebbe per questa testa di rapa. Una badante, meglio se sulla quarantina, esperta ma ancora giovane. Che ne dici Fefè?” “Che dico? Dico che ogni tanto potreste farvi anche i ca…, uuuhm, boccaccia mia statti zitta! Volevo dire i fatti vostri e che potreste andarvene a fa… vabbè, avete capito!” Agli amici la risposta, nonostante le parole colorite ed il tono fintamente perentorio, sembrò meno stizzosa del solito e Ciccio e Peppe, non visti, si fecero l’occhiolino. La settimana dopo, seduti al bar di piazzale delle Provincie,barstend-480x251 Don Fefè sorseggiò velocemente il suo caffè, si pulì le labbra col tovagliolino di carta, si sistemò comodo sulla sedia di vimini, si tolse gli occhiali con gesto lentissimo e finalmente gli uscì la parola. “Ma una badante quanto potrebbe costare?” Ciccio e Peppe non risposero. Peppe continuò a bere il suo caffè, Ciccio si accese una sigaretta. “E a chi bisognerebbe rivolgersi, alla parrocchia?” I due amici decisero di porre fine al finto broncio. “Oh, finalmente! Adesso si che cominci a ragionare!” Ciccio era raggiante. “Ci penso io!” disse Peppe. “La donna delle pulizie del mio palazzo mi ha detto che c’è una sua amica che vorrebbe venire in Italia per fare la badante. Con 600 Euro al mese, più vitto e alloggio, ti togli la paura! Vado? “Dove vuoi andare?” chiese Felice con una punta di smarrimento. “Dicevo, vuoi che le parli? In pochi giorni tu avrai la tua badante e sarai servito e riverito. Vado?” “Dove? Mi vuoi dire dove cacchio vuoi andare?” “Al Centro di ascolto di Sant’Ippolito, fai fare a me!” “ Vabbè, fai come cavolo vuoi, tanto avete deciso tutto voi!” sospirò don Fefè. “Allora vado!”

badante-532x510Si chiamava Pethra, quarant’anni appena compiuti, biondina con capelli stopposi e un po’ arruffati, né grassa né magra, dieci o dodici parole di italiano, qualche raro sorriso ed occhi che scrutavano il badato, la casa, i mobili, l’affaccio sui pini, gli elettrodomestici, i tappeti persiani, ecc. ecc. Occhio umido, tra il languido e il raffreddato. “Avrai 600 Euro al mese e dovrai occuparti della casa e del mio guardaroba. Della spesa e della cucina mi occuperò io. Va bene?” “Va buono!” rispose Pethra e si ritirò in camera sua per disfare la valigia.

Pethra si dava da fare a più non posso per cambiare tutto secondo i suoi gusti, quasi mai coincidenti con quelli dell’affranto Fefè, prossimo al collasso per lo sconforto di quella rivoluzione in atto nella sua casa. Non stava ferma un minuto ed il poveretto cercava scampo nella fuga verso il mercato di via Catania, oppure attardandosi lungo via Ravenna e viale delle Provincie, giusto per ritardare il più possibile il rientro a casa. Un giorno, era di sabato, rientrò un po’ prima del solito e vide Pethra uscire dal bagno completamente nuda. La donna non si scompose per niente, gli dispensò un sorrisetto enigmatico tipo Gioconda e a passo lentissimo si avviò verso la sua camera. Don Fefè deglutì una volta, due volte, tre volte, poi si chiuse in cucina e cominciò a pelare patate e verdure e a spadellare con energia inconsueta. anziani-di-rv-cucina-9264783Venti minuti più tardi la casa era avvolta da profumi soavi che non si sentivano nemmeno ai tempi di Cettina. I giorni passavano veloci e, impercettibilmente, cambiavano anche le abitudini di Don Fefè. Nel senso che non si attardava più per strada ma, fatta la spesa, correva a casa. Pethra non era né stupida, né cieca, ed il cambiamento del suo datore di lavoro lo aveva notato, eccome se l’aveva notato. L’aveva notato al punto che le spalline del trasparentissimo vestitino che indossava scivolavano dalla loro sede naturale con sempre maggiore frequenza e nel sedersi le gambe si scoprivano e si aprivano sempre nel momento in cui l’euforico Don Fefè si trovava in strategica posizione. “Pethra, mi rendo conto che per quello che fai in questa casa 600 Euro, più i contributi, non sono tanti, perciò dal mese prossimo te ne darò 700. Intanto, se ti stanno bene e ti piacciono, puoi indossare i vestiti della mia povera moglie. Più in là vedrò di darti qualcosa in più”. Pethra si fece uscire una lacrima di commozione e Don Fefè l’abbracciò esitante. Lei ricambiò l’abbraccio e, abbraccia tu che abbraccio anch’io, padrone e serva si accomodarono davanti alla televisione per seguire le storie strappalacrime di Maria de Filippi, ma cinque minuti dopo la testolina bianca di Don Fefè, inquieta assai fino a quel momento, trovò requie sull’accogliente seno di Pethra. Da quel giorno qualcosa cambiò in quella casa. No, non “qualcosa” soltanto: cambiò tutto, sia di giorno che di notte, e se ne accorsero pure Ciccio e Peppe, assai preoccupati per l’amico quando Don Fefè disse loro che Pethra gli aveva chiesto di sposarla. “E tu cosa le hai risposto?” chiesero in coro i due amici. “Le ho detto …ehm,…le ho detto di si!” “Le hai detto di si?”chiese Ciccio sbigottito.

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“Ma allora ti sei rincoglionito del tutto!” aggiunse Peppe scuotendo la testa. “La colpa è vostra!” tagliò corto Don Fefè. “E allora auguri e figli maschi” dissero quasi in coro gli amici. ( e poi….)

5 Commentia“La badante di Don Fefè”

  1. Non è il primo caso che sento e non sarà l’ultimo.
    Oggi, in Italia, le badanti, parlo soprattutto di quelle straniere, sono indispensabili per l’assistenza agli anziani perchè la vita si allunga e le famiglie non sono in grado di prestare l’assistenza di cui il congiunto anziano, spesso disabile, ha bisogno.
    Non tutte le badanti sono come quella di don Fefè, ma quando si tratta di anziani soli il rischio c’è.

  2. Francesco Foti // 20 dicembre 2015 a 19:56 // Rispondi

    Qualcuno scrisse che la solitudine è la peggiore delle condanne, e io mi trovo assolutamente d’accordo: Personalmente non riuscirei ad immaginarmi a vivere da solo, impazzirei. Poi il signor Fefè ha voluto recuperare gli anni della sua seconda ,inaspettata giovinezza, rivissuta con la maturità di una persona adulta e pienamente consapevole delle sue azioni, rivivere attimi fugaci e dimenticati, rassegnandosi di averli suo malgrado persi per sempre, a mio avviso non si possono eguagliare con nessunissima cosa di valore, per quanto preziosa possa essere. Complimenti don Fefè anche se questa avventura dovesse essere l’ultima.
    E complimenti al S. Movilia per averci raccontato questo avvenimento con uno squisito senso dell”umorismo nel dialogo confidenziale degli amici del nostro simpatico personaggio, non unico, ma uno dei tanti.distinti saluti
    Foti Francesco

  3. La badante che, oltre a fare il suo mestiere di colf e accompagnatrice di chi è anziano e solo, esplica anche il ruolo di consolatrice sentimentale è un classico della vita sociale degli ultimi anni del ventesimo secolo e dei primi anni del nuovo millennio. Ed Enzo ce lo mostra con il consueto garbo e il solito sorriso. Nella nostra società, in cui esiste una classe di persone anziane relativamente benestanti, più o meno in salute e che vivono da sole si è verificato il fenomeno del “badantismo”, grazie alle diverse condizioni economiche esistenti fra i diversi paesi della comunità europea. La migrazione di manodopera dai vari paesi dell’est
    verso le ricche nazioni occidentali si è in gran parte trasformata da migrazione maschile a femminile. Colf e badanti trovano facilmente lavoro presso di noi mentre i loro uomini spesso tornano in patria per le note difficoltà dell’economia italiana. Così appare frequente la presenza di queste signore che, sorprendentemente adattandosi agli usi e alla lingua, svolgono un’attività prima esercitata dalla famiglia patriarcale. Mio fratello, ottantottenne, rimasto da poco solo, è ora rispettosamente assistito da quella che lui definisce la “mia dama di compagnia”. Così mia sorella, nel suo appartamento a due piani di distanza da quello della figlia è governata da una simpatica signora ucraina. Insomma, queste badanti, se non ci fossero bisognerebbe inventarle.

  4. Gabri e Massimo // 3 gennaio 2016 a 3:13 // Rispondi

    Che dire… auguri a don Fefè. E cari saluti e tanti auguri di buon anno all’autore che tanto amiamo per il suo stile inconfondibile.

  5. Ci si rende conto dell’amore nella terza e quarta età(esiste la quarta?) quando uno dei partners viene a mancare.
    Credete a me, l’amore non ha età e si evolve nel tempo assumendo contorni diversi ma non meno intensi, anzi!
    Poi, quando uno dei due parte per altri lidi, il superstite subisce un trauma che gli avvelena l’ultimo tratto dell’esistenza e non vede l’ora di salutare il mondo che all’improvviso gli è diventato ostile, anzi nemico.

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