Ricordo il momento in cui, durante lo storico viaggio in Terra Santa, papa Francesco toccò il muro che separa Israele dalla Palestina, senza dire una parola, che già quel gesto significava tutto. E ricordo anche la smorfia di disappunto di Netanyahu, il quale non ha poi mostrato alcun entusiasmo per l’incontro di preghiera a Roma con Shimon Peres e Abu Mazen ospiti di Bergoglio. In molti vi hanno visto una speranza, come dei nascenti embrioni di pace, ma io non mi sono fatto illusioni, aspettando il peggio.
E infatti il peggio c’è stato, con una tempistica eccezionale ed anche un po’ sospetta, il rapimento e l’uccisione dei tre ragazzi israeliani cui è seguita quella dell’adolescente palestinese bruciato vivo. Due tragedie che hanno fatto da innesco ad una tragedia più ampia e tuttora in atto, che vede ancora una volta la striscia di Gaza tramutata in un inferno. Non si sa se Hamas sia davvero responsabile della morte dei tre ragazzi o è stata l’iniziativa di qualche gruppo estremista salafita, di certo è il pretesto che il falco Netanyahu cercava per liquidare il movimento che, secondo molti analisti delle questioni medio orientali (vedi soprattutto Tony Cordesman), Israele ha direttamente o indirettamente aiutato per indebolire l’OLP.
Diritto all’autodifesa, certo, ma non al massacro e questo lo affermo senza giustificare Hamas, la cui politica suicida di sfidare il quinto esercito del mondo lanciando razzi artigianali o poco più (è come voler uccidere un elefante con la fionda) non fa che ritorcersi su una popolazione già stremata dal blocco israeliano e costretta in un territorio sovraffollato (quasi 5000 abitanti per km. quadrato). Ed è anche ovvio che i bombardamenti (da terra, dal mare, dall’aria), anche se i militari sostengono il contrario, di non mirare ai civili, fanno strage. E l’abbiamo visto e lo vediamo ogni giorno ai Tg, con il corredo di proteste a livello mondiale per questo che si chiama “uso sproporzionato della forza”.
Ma la carneficina prosegue, anche usando armi proibite (le “flechette bombs”, che esplodono disseminando frammenti che straziano i corpi) e i bambini pagano il più alto tributo di sangue, come già in passato (ho ancora negli occhi il pianto del portavoce dell’Onu: l’avrei abbracciato). Israele non si ferma, ha la (giusta) ossessione dei tunnel e finché non saranno distrutti proseguirà fino in fondo. Ma qual è il fondo? Davvero oggi, con la tecnologia così sofisticata di cui dispone Israele, non c’erano altri mezzi meno distruttivi per localizzare i tunnel e le rampe di lancio di Hamas? Questa non è più un’azione di difesa finalizzata, questa rischia diventare (se non lo è già) una guerra di sterminio. E, naturalmente, qualcuno mi taccerà di antisemitismo, perché Israele ha sempre ragione. In realtà il peggior nemico di Israele è proprio Israele, nella forma uno stato laico ma nella sostanza una teocrazia, uno stato dove chi realmente comanda sono i rabbini ed i coloni (il vero cuore del problema) su uno sfondo veterotestamentario e messianico che non concede molto spazio al dialogo con l’altro (cioè i palestinesi).
Un dialogo che non è mai andato avanti nell’ultimo periodo, anzi, sono continuati gli insediamenti favoriti dal Likud e dai movimenti di destra, che mal sopportano ogni apertura a favore dei palestinesi (infatti “Peace Now”, con la sua parola d’ordine “Due popoli due stati”, è completamente emarginato). Ovvio che qualcosa doveva succedere e la scintilla non poteva che venire da Gaza, dove più si avverte l’oppressione israeliana, con il blocco da terra e dal mare e Hamas che detta legge (ma ha anche costruito una rete assistenziale). Organizzazione terroristica? Certo, ma distruggerla in “questo” modo porterà Israele (e tutto l’Occidente) a pagare un prezzo altissimo.
Ed è l’antisemitismo che si sta diffondendo, un virus sempre latente nel corpo sociale, che può saldarsi ad un altro virus più pericoloso, quello dell’integralismo islamico. Sono focolai in espansione, non più circoscritti in lontane aree tribali afghane o del Waziristan, ma sempre più aggressive, dall’Africa al Medio Oriente. Infiltrazioni qaediste in Nigeria come in Sudan e in Somalia e, ancora, Siria, Libia, Iraq, dove l’Isis ha proclamato il califfato e si ripromette di invadere l’Europa, memore dei tempi quando la Spagna era Al-Andalus e la Sicilia un emirato arabo (e per l’Iraq bisogna ringraziare Bush che, con le sue menzogne, ha scoperchiato il vaso di Pandora, scardinando completamente gli equilibri politico-religiosi, con i risultati che sappiamo).
Un virus dicevo, i cui effetti possono essere letali se l’Europa resta a guardare come sta facendo e non capisce che quella che sta avanzando è una nuova barbarie. E’ la Jihad, la crociata contro l’Occidente corrotto e blasfemo, uno scontro di culture che si può e si deve evitare, perché la proposta jihadista è il nulla, la distruzione totale in nome di una Shar’ia che, così conformata, è una dittatura religiosa della peggior specie (eppure Jihad per il musulmano “normale” è sinonimo di superamento di sé nella preghiera, ascesi mistica. Ma il problema è intrinseco all’Islam e già ne ho parlato varie volte, la mancanza di una struttura gerarchica, come la chiesa cattolica, per cui ogni imam dà la sua interpretazione della legge coranica).
Ricapitolando quanto sta accadendo a Gaza e che suscita proteste ovunque, anche nello stesso mondo ebraico, la condanna dell’Onu per crimini di guerra (senza risparmiare Hamas, ovviamente), l’atteggiamento ambiguo degli Stati Uniti, che da un lato condannano e dall’altro riforniscono di armi Israele (ma si sa, qui la lobby sionista è fortissima: vedi l’Aipac), la debole presa di posizione dell’Europa, Italia in primis (come al solito), l’odio antisemita che trova nel qaedismo il suo brodo di coltura, insomma tutto questo rischia di fermentare una miscela velenosa che può solo portare ad attentati suicidi nel vecchio Continente (ne sanno qualcosa inglesi e spagnoli). E, francamente, non la vedo bene per il prossimo futuro.
A proposito, dopo l’uccisione dei tre ragazzi israeliani le case degli assassini sono state rase al suolo. Non mi risulta che per il palestinese si sia andati oltre le parole di esecrazione di Netanyhau. Come mai?
Scritto da: Antonio Mazzain data: 1 agosto 2014.il31 agosto 2014.
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