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Il volo interrotto

(Al Museo Civico di Zoologia riprende la mostra “La via delle api”. Con piacere pubblico l’articolo che scrissi a suo tempo)

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                                                          Il volo interrotto

di Antonio Mazza

  Le api. Ovviamente, essendo questo un giornale che, come dice il titolo, si occupa di arte e cultura, per riflesso quasi condizionato vien da pensare allo stemma Barberini. Le api, appunto, e invece no, qui il riferimento è all’insetto reale, la cosiddetta “apis mellifera” o ape domestica, quella del miele insomma, la cui fama si perde nel tempo. Già nel neolitico era conosciuta, come testimoniano una pittura rupestre di 7000 anni fa nella Cueva de Arana, in Spagna, ed un dipinto egizio del 600 a.C. Per non parlare dei babilonesi, gli etruschi, gli arabi e naturalmente i romani che erano gran consumatori di miele, magari seguendo le ricette di Apicio. E dunque il piccolo insetto si merita ben un articolo, soprattutto ora che rischia seriamente l’estinzione, come risulta da “La via delle api”, in corso presso il Museo Civico di Zoologia.

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  Una mostra concepita in forma binaria, per così dire, dove alla parte scientifica si accompagna quella meramente ludica, essendo indirizzata sia agli adulti che ai bambini. Quindi didattica nel senso pieno, trasmettendo informazioni che possono essere recepite senza problemi di sorta, il simpatico imenottero quale protagonista di una narrazione fluida e colorita. Ape regina, fuchi e operaie sono responsabili di un percorso complesso che ci coinvolge direttamente, qualcosa che inizia con l’impollinazione e, gradualmente, si riflette sull’intera catena alimentare. Nel piccolo e meraviglioso mondo dell’alveare, dove tutto è simmetria e logica (al contrario del mondo-alveare umano), la regina, fecondata dai fuchi (grazie ai segnali lanciati con i feromoni) e assistita dalle operaie, può produrre migliaia di uova al giorno. Ed inizia il ciclo, da uova a larva, poi pupa ed infine ape. Gli insetti comunicano fra loro, la mitica “danza delle api” con la quale si scambiano messaggi relativi all’impollinazione ed è interessante, in questo senso, la “costanza floreale”, ovvero il rapporto univoco dell’ape bottinatrice con “quel” fiore scelto e non un altro. E qui, per attrazione elettrostatica, avviene il rilascio del polline che si trasferisce sull’addome dell’ape, seguito da una prima trasformazione del nettare che poi coinvolgerà le colleghe dell’alveare. Ha svolto il suo compito e grazie a lei, che impollina il 75% delle specie agricole importanti, sia frutta che vegetali, oltre a garantire il foraggio per gli animali (pensiamo all’impollinazione del trifoglio e dell’erba medica), grazie a lei, dicevo, è garantita la massima parte della nostra alimentazione. Fino ad ora.

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  Perché, ormai è allarme comune ovunque, l’apis mellifera sta scomparendo. Le responsabilità le conosciamo, il nefasto CO2, i pesticidi, i campi elettromagnetici, le monoculture che inaridiscono i terreni, il cemento che divora spazi prima liberi e verdi. Non solo questi, anche le specie aliene, come la vespa velutina, uno dei tanti risultati negativi della globalizzazione (purtroppo l’area mediterranea è invasa dalle specie aliene) e l’ape di buckfast, ape ibrida che provoca un inquinamento genetico. Il problema è grosso e si sta studiando e da anni sperimentando non solo in Italia per impedire una possibile catastrofe ambientale. Infatti, con questo ritmo, nel 2030 addio api e, 4 anni dopo, crisi profonda e irreversibile per un’umanità ridotta alla fame (vedi sopra).
Il percorso didattico della mostra, che si sviluppa nel segno dell’Ape Agnese (mi ricorda un po’ l’Ape Maia degli ’80), vuole essere un momento di riflessione su questo insetto che da sempre accompagna e in fondo condiziona la nostra esistenza. In senso non solo gastronomico, pensiamo all’architettura, le strutture a nido d’ape, note fin dall’antichità (vedi le “muqarnas” delle moschee arabe). E’ dunque importante preservare la biodiversità e anche l’impegno del singolo ha un suo valore, come, al termine del percorso (anche multimediale), richiama simbolicamente l’Albero degli Impegni (ricordiamo inoltre che la presenza delle api testimonia della qualità dell’aria). E si chiude così questa “via delle api” che è narrata come un gioco, ma è un gioco serio, dove siamo tutti coinvolti in prima persona.

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“La via delle api” al Museo Civico di Zoologia”, via Ulisse Aldrovandi 18, fino al 29 maggio, da lunedì a venerdì h.9-19, biglietto euro 8,50 non residenti, 7 residenti, gratuito con MIC card. Per informazioni www.museodizoologia.it e www.zetema.it La mostra è a cura di Massimo Capula e Paola Marzoli su progetto di Carla Marangoni, in collaborazione con il Gruppo Api Sparse-A.P.S. in Apicoltura e Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana “M.Aleandri” di Roma.

Scritto da: Antonio Mazza in data: 7 marzo 2021.

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