Il Tesoro di Napoli
“Il sollievo che il miracolo produce nel popolo è incredibile. Se non si verifica, si disperano e la costernazione è generale”, così scriveva nel 1729 Montesquieu nel suo “Voyage en Italie”. E,quasi due secoli dopo, una grande giornalista e scrittrice, Matilde Serao, in quel denso ritratto napoletano che è “Paese di cuccagna”: “Ad un tratto nella pausa di immenso silenzio che sussegue alla preghiera, l’arcivescovo si voltò al popolo: la faccia del sacerdote irradiata di una luce quasi divina, pareva trasfigurata: e la bianca mano levata in alto, mostrava l’ampollina, il Prezioso Sangue nel sottilissimo involucro di cristallo bolliva. Quale urlo!”. E sono pianti, applausi, preghiere gridate, agitare di fazzoletti, perché “ ‘O Sangue” si è sciolto, il miracolo si rinnova come da secoli è (quasi) sempre stato: la città non ha da temere alcuna ira degli dei. Napoli e San Gennaro, un culto che viene da lontano e che, nel tempo, ha sedimentato fino a divenire simbiotico alla stessa città, configurandosi come la sua immagine identitaria non solo religiosa ma civile, perché anche il non credente rispetta ciò che ormai è Tradizione, dai tempi di Carlo d’Angiò. E nel corso degli anni si sono accumulati gli omaggi dei devoti, regnanti, nobili, popolani, tutti gli strati della società, in modo trasversale, costituendo un Tesoro che, fra il 1526 ed il 1529, come voto contro una tremenda epidemia, venne raccolto nella nuova cappella edificata nel Duomo.

La Cappella del Tesoro, appunto, affidata ad una Deputazione di laici che rappresenta la cittadinanza partenopea, prezioso scrigno al quale ogni re o imperatore ha donato qualcosa, compreso Napoleone che, pure, ha depredato le bellezze artistiche italiane. Un patrimonio rimasto a lungo celato al pubblico, nel caveau del Banco di Napoli ed ora finalmente esposto in un museo cittadino, grazie anche alla Fondazione Roma che lo ospiterà a Palazzo Sciarra fino a febbraio 2014.
Il termine “stupore” ben esprime la sensazione che si prova innanzi a quel profluvio di ori, argenti, pietre preziose, che accoglie il visitatore. E stordimento anche, un qualcosa che inebria non solo per la ricchezza di ogni oggetto esposto, ma per la bellezza estetica, la precisione, il lavoro di cesello. L’arte orafa partenopea, le botteghe che, dopo la grande peste del 1656, fecero di Napoli la capitale degli argentieri (argenti che i galeoni spagnoli portavano dalle colonie americane), riuniti in una potente corporazione. E ammiriamo le loro meraviglie, introdotti proprio da San Gennaro, come viene rappresentato dal Solimena, grande pittore barocco napoletano. Calici, lampade votive, una coppia di candelieri, croci d’altari, pissidi, ma quello che colpisce di più sono le splendide statue e busti di santi in argento e bronzo dorato. “Tobiolo e l’angelo”, “San Giovanni Battista”, “Sant’Eusebio”, “Santa Maria Egiziaca”, opere di finissima fattura firmate da grandi mastri artigiani.
Il cuore pulsante del Tesoro è costituito da due autentiche meraviglie, la Collana di San Gennaro e la Mitra, pezzi unici di inestimabile valore. La Collana, opera di Michele Dato, 1679, è in oro, argento e pietre preziose, e si è arricchita di continui apporti, dai Borbone ai Savoia, passando per Napoleone (che donò una croce di diamanti e smeraldi poi inserita nell’insieme). La Mitra è anch’essa un prodigio di bellezza, opera di Matteo Treglia, 1713, in argento dorato e consta di ben 3.326 diamanti, 164 rubini, 198 smeraldi e 2 granati (la simbologia delle pietre in àmbito ecclesiale: smeraldo come legame fra il Santo e l’eternità, i rubini il sangue dei martiri, lo smeraldo la saldezza della fede). E, come cornice a questo splendore, altro splendore, come l’Ostensorio in argento e rubini donato da Gioacchino Murat , il Calice in oro zecchino di Pio IX, la pisside in oro, corallo e malachite della famiglia Ascione, i candelabri d’argento con scolpite le tre virtù teologali.
Ma non bisogna fermarsi alla semplice considerazione del valore, certamente immenso, dei capolavori in mostra, sarebbe riduttivo, perché il Tesoro di San Gennaro è soprattutto Napoli e la sua storia sempre sull’orlo del dramma (epidemie, guerre, terremoti e il Vesuvio con la sua inquietante presenza).
Inserire un commento