Un tempo, in quest’area periferica della città, vicino le mura, sorgeva il Patriarchio Lateranense, che fu sede papale per tutto il medioevo. Qui il nuovo Vescovo di Roma, partendo da San Pietro, giungeva a cavallo di una mula bianca per l’intronazione o “Cerimonia del possesso”. Dopo aver attraversato Ponte Sant’Angelo il lungo corteo percorreva la Via Papalis (zona dei Banchi), toccava il Campidoglio e, attraversato Campo Vaccino, per lo stradone di San Giovanni giungeva alla Basilica. Era una cerimonia solenne, con grande concorso di popolo, ma tutto questo ebbe fine con la Cattività Avignonese che allontanò i papi da Roma e decretò l’abbandono e la progressiva rovina del Patriarchio.
Col ritorno dei pontefici nell’Urbe, essendo vano ogni tentativo di restauro, si preferì San Pietro e il degrado continuò finché Sisto V, impegnato nella ristrutturazione urbanistica della città, volle sistemare l’area. Dell’antica struttura rimase solo San Lorenzo in Palatio, la Cappella Papale, il Sancta Sanctorum , dov’è custodita la famosa immagine acheropita, cioè non opera umana (secondo la tradizione autore ne sarebbe San Luca). La Cappella e l’annessa Scala Santa, dove Gesù salì per essere giudicato nel Pretorium da Ponzio Pilato (reliquia che Elena, madre di Costantino, portò da Gerusalemme), furono inglobate nel nuovo edificio costruito da Domenico Fontana (al quale si deve pure l’innalzamento dell’obelisco innanzi la basilica). Il Sancta Sanctorum si fregia di splendidi affreschi e mosaici (notare il Cristo Pantocrator) del XIII secolo, mentre la contigua Cappella di San Lorenzo, ristrutturata a fine ‘500, venne affrescata da Cesare Nebbia e Giovanni Guerra, con interventi di Paul Brill (è il periodo della penetrazione a Roma del paesaggismo dei pittori fiamminghi).
E proprio qui si è intervenuti con un lungo e paziente restauro ad opera dei tecnici dello Studio 3, con la supervisione dei Musei Vaticani, il tutto finanziato dalla Getty Foundation (che già aveva sponsorizzato i restauri della Cappella di San Silvestro, all’altro lato del Sancta Sanctorum). Un lavoro complesso, perché ha implicato tutta una serie di interventi, a cominciare dall’analisi chimico-diagnostica per verificare lo stato di salute dell’affresco nel suo insieme. 1700 mq. in condizioni precarie, causate da vari fattori, distacco della superficie pittorica, crepe per assestamenti geologici, restauri poco accurati (soprattutto nell’800, d’altronde le tecniche non erano certo sofisticate come oggi). Il criterio di guida è stato quello del recupero filologico, intervenendo sul singolo pigmento pittorico per ricostituire l’impianto originario, cosa che ha riservato non poche sorprese (ripulendo è uscita una colomba prima nascosta dalla ridipintura operata da vecchi restauri).
Il risultato è l’intero ciclo pittorico restituito nella sua originaria bellezza, dove le varie parti si combinano in una struttura polifonica di grande effetto, poiché Dottori della Chiesa, angeli, santi e, al centro, Dio Padre, sembrano dialogare fra loro in celeste armonia. Merito dei due principali artefici, Cesare Nebbia, allievo del Muziano, e Giovanni Guerra, molto attivi a Roma nella seconda metà del XVI secolo (nelle chiese e al Vaticano, dove hanno affrescato la famosa Galleria delle Mappe). Di loro scriveva Giovanni Baglione, biografo ed anch’egli pittore: “Il Guerra inventava li soggetti della storia, che dipinger si doveano, e Cesare ne faceva il disegno”. Un duo affiatato che diede a Roma opere notevoli, come appunto la decorazione di questa Cappella (presente anche Paul Brill, con i suoi deliziosi paesaggi), della quale i Padri Passionisti alla cui Congregazione Pio IX affidò la custodia del Santuario della Scala Santa, vanno giustamente fieri. Un’altra gemma rivitalizzata della Roma Mirabilis.
Inserire un commento