Pubblicato: 13 giugno 2015 di in News // 1 Commento
Degli alberi? Ci sarà un errore, penserà qualcuno, ma non c’è nessun errore. Sì, proprio così: matrimonio degli alberi, avete letto bene. Che tempi, vero? Oggi si parla con sempre maggiore frequenza di matrimonio, ma spesso in senso negativo, per un motivo o per l’altro. Se ne parla perché quelli che finiscono con il divorzio sono sempre più frequenti, per numero e per brevità del matrimonio, ma se ne parla anche perché persino nella nostra società, tradizionalmente cattolica, ha fatto irruzione il matrimonio tra omosessuali che provoca entusiastici consensi, da una parte, ma anche fortissimi dissensi nella parte più tradizionalista e conservatrice della popolazione, seguiti da interminabili polemiche negli strati della popolazione più avvezza agli scontri che al dialogo.. Niente paura, io in questo articolo non parlo affatto di matrimonio tra umani perché le mie opinioni sull’argomento le tengo per me e non credo interessino i lettori.
Matrimonio degli alberi, dicevamo, e l’argomento fa seguito a quello che i cortesi lettori hanno potuto leggere su questo giornale, ovvero lo sposalizio del mare, a Venezia e a Cervia. Il matrimonio degli alberi, un antico rito contadino di propiziazione degli dei, o anche delle ninfe dei boschi, viene celebrato per propiziare un buon raccolto dopo un anno di duro lavoro dei campi. Questo culto pagano nel corso dei secoli è stato comune a molte popolazioni, sia italiane che nel mondo, ed ancora oggi è vivo in alcune aree del pianeta dopo essere stato, per così dire, cristianizzato, alla stregua di molti altri culti di origine pagana. I meno giovani ricorderanno, infatti, che fino a pochi decenni fa, nel periodo post pasquale, i parroci di molti paesini del meridione d’Italia, ma credo anche altrove, accompagnati dai chierichetti e da anziane pie donne, giravano per le campagne con aspersorio e turibolo per benedire le messi. I contadini al lavoro bloccavano per qualche minuto ogni attività, chinavano il capo segnandosi e non mancavano mai di offrire al celebrante un cesto di frutta o degli ortaggi. Appunto, una cerimonia propiziatoria a tutti gli effetti, mutuata dal paganesimo, sì, ma assai cara alla gente di campagna.
Ad Accettura in provincia di Matera, i contadini aspettano che venga il rigoglioso mese di maggio per compiere i riti propiziatori in cui fanno, per così dire, sposare due alberi che hanno persino un nome proprio, o quasi: Maggio, lo sposo e Cima , la sposa. Il primo, appunto Maggio, è un cerro, scelto tra i più dritti e alti del bosco di Montepiano, mentre Cima, la leggiadra sposa, è una pianta di agrifoglio con una bella cima frondosa della foresta di Gallipoli. Questo matrimonio avviene perché, nella convinzione degli antichi contadini, i sessi avevano una notevole influenza sulla vegetazione: era un atto di fede preparatorio ad una ricca produzione dei campi. Questa festa pagana fu poi assimilata dal Cristianesimo, lo abbiamo detto, ovviamente con le dovute e opportune modifiche e con i necessari adattamenti, cioè ponendo la Madonna ed i santi al posto degli dei pagani e istituendo per l’occasione una solennità cristiana. Ed ecco come si svolge la festa ai giorni nostri. I boscaioli, all’alba della vigilia della Pentecoste, si recano nei due rispettivi boschi, non molto lontani l’uno dall’altro, tra canti, suoni di campanacci e una massa di gente in festa, eccitata per la festa imminente. Maggio, lo sposo, già abbattuto nel giorno dell’Ascensione, viene prelevato e portato con un carro trainato dai buoi, lungo un antico tratturo. Il momento centrale della festa sia ha con l’incontro dei due “promessi sposi“ che si celebra con balli, suoni e canti, ma soprattutto con festosi banchetti, allegre risate e ricche bevute in buona compagnia, con l’accompagnamento musicale delle bande che sfilano per le strade del paese. L’indomani, mentre i boscaioli mettono in piedi lo sposo Maggio, dalla mattina fino al tramonto è un susseguirsi di processioni: dai monti scendono le statue dei santi Giovanni e Paolo “buoni per far piovere”, poi passa la processione con la Beata Vergine, tra giovinette inghirlandate con le CENTE, cioè, pesanti coroncine di fiori e di cera tra i capelli, e alla fine, verso il tramonto arriva il San Giulianicchio, chiamato così per burla, edizione minore del San Giuliano, il gran protagonista del giorno dopo. Infine, l’indomani, giorno della Pentecoste ed anche dell’atteso giorno delle nozze, avviene la cerimonia finale. A mezzogiorno in punto esce la statua di San Giuliano dalla Chiesa Madre e viene portata in processione fino al largo di San Vito dove, finalmente, si realizza il tanto atteso matrimonio tra Maggio e Cima. Il, diciamo così, contatto tra i due promessi sposi avviene tramite pioli di legno infissi tra i due tronchi e l’unione viene benedetta da San Giuliano. La festa si conclude con una chiassosissima ed allegra gara di arrampicata lungo i due tronchi, felicemente uniti in matrimonio.
Mio marito è di un paese vicino a Matera e ci rechiamo spesso da quelle parti. Naturalmente non ci perdiamo mai la festa del matrimonio degli alberi ed è incredibile l’entusiasmo, direi fanciullesco, della gente che attende con trepidazione la cerimonia della benedizione delle nozze tra Cerro e Cima cui vengono riservate attenzioni e delicatezze non inferiori a quelle degli umani.
Mio marito è di un paese vicino a Matera e ci rechiamo spesso da quelle parti. Naturalmente non ci perdiamo mai la festa del matrimonio degli alberi ed è incredibile l’entusiasmo, direi fanciullesco, della gente che attende con trepidazione la cerimonia della benedizione delle nozze tra Cerro e Cima cui vengono riservate attenzioni e delicatezze non inferiori a quelle degli umani.