Definire l’ensemble inglese dei Tallis Scholars un gruppo “cult” non è sbagliato, anzi, visto che la loro popolarità presso gli amanti della musica classica è in costante crescita, da quel lontano 1973 quando vennero fondati da Peter Phillips. Nel campo della polifonia si sono specializzati soprattutto nel repertorio rinascimentale, ottenendo prestigiosi riconoscimenti a livello internazionale. Ed oggi, oltre 40 anni dopo, con una media di 70 concerti l’anno, taluni memorabili come quello del 1994 per festeggiare il restauro della Cappella Sistina, nulla hanno perso della freschezza iniziale come ha dimostrato l’affollato concerto dell’Aula Magna universitaria.
“Virgo prudentissima”, mottetto giovanile di Palestrina, il massimo esponente della Scuola Romana. E’ un brano nel quale luminosità e dolcezza si combinano secondo i dettami tridentini, che imponevano una scrittura polifonica chiara nel rispetto del testo sacro. E così è per questo mottetto, dove si avvertono echi dell’esperienza franco fiamminga, i grandi maestri che il giovane Palestrina ben conosceva (in particolare Ockeghem, DezPrez, Willaert). Una struttura musicale di tipo classico, come quella della “Messa a quattro voci da cappella”, di Claudio Monteverdi. Anche essa esprime una dolcezza di fondo, soprattutto nel modulato del “Gloria”, attingendo a quel colorismo tipico della Scuola Veneziana (in taluni passaggi adombra le Messe dei Gabrieli).
Ma il cuore della serata è senza dubbio il “Miserere” di Gregorio Allegri che, essendo stato composto per i riti della Settimana Santa, si può ben definire un canto penitenziale, come testo in sé (“Ecce enim in iniquitatibus conceptus sum,/ et in peccatis concepit me mater mea.”) e nello spirito che lo permea. La sua severa bellezza appare racchiusa in una polifonia rarefatta, quasi aerea, che l’ensemble ha reso in modo magistrale, con il coro diviso in due parti (una sul palco e l’altra sulle gradinate) e, a lato, una voce salmodiante in gregoriano che introduce e collega i vari passaggi. Splendido e, infatti, è stato un tripudio di pubblico.
E quel clima così lieve e insieme denso di significato lo ritroviamo nella prima esecuzione assoluta del “Miserere” dell’inglese Alexander Campkin, ovviamente in sintonia con una sensibilità ben diversa. Il concetto di spiritualità del XXI secolo, senz’altro più lacerato e contraddittorio, come peraltro lascia intendere “Lamentations” dello statunitense Nico Muhly, in prima esecuzione romana. Qui si sposano bene gli stilèmi della tradizione corale anglicana e i moduli espressivi del minimalismo americano (e avverti anche un aroma alla Arvo Part).
Si torna al passato con Carlo Gesualdo da Venosa, “O vos omnes”, responsorio, genere nel quale egli eccelleva insieme ai madrigali. E soprattutto questi, che contaminano, per così dire, la sua produzione sacra, arricchendola narrativamente con inflessioni melismatiche all’opposto delle indicazioni tridentine (Gesualdo fu un innovatore ma troppo fuori degli schemi per formare una scuola come, ad esempio, Palestrina). E chiude Monteverdi con quattro brani, “Crucifixus”, “Adoramus te, Christe”, “Domine, ne in furore tuo”, “Cantate Domino”, di una ricchezza di forma come di contenuto che, come per la “Messa” di cui sopra, denotano tutta la brillante vis melodica della Scuola Veneziana.
Dunque una serata molto particolare, grazie al virtuosismo ed alla bravura dei Tallis Scholars, la cui limpidezza di linguaggio è assolutamente eccezionale. E non si può non nominarli tutti: Amy Haworth, Emily Atkinson, Charlotte Ashley, Gwen Martin (soprani), Caroline Trevor, Alex Chance (contralti), Simon Wall, Ben Alden (tenori), Tim Whiteley, Robert Macdonald (bassi). Direttore Peter Phillips.
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