Diciamolo subito, all’inizio della mostra si resta un po’ perplessi, anzi, ciò che si prova è un come un senso di straniamento. D’accordo, Botero lo conosciamo, le sue donne e le sue figure in generale sono famose per l’abbondanza di forme e volumi, dalla cui forza plastica (sia pittura che scultura) promana una malìa tutta particolare. Sì e tuttavia trovarsi innanzi la Passione di Cristo rappresentata in 23 dipinti e 36 acquerelli e disegni dove il modulo interpretativo è quello abituale disorienta, perché assolutamente fuori dai parametri della nostra cultura. Nel nostro Dna italico l’iconografia cristologica è ben diversa, Gesù è in genere snello o fisicamente normale, un uomo anche bello, dolente o radioso. E’ il Cristo di Giotto, Masaccio, Mantegna, Caravaggio e tanti altri, un Cristo terribilmente umano, soprattutto nelle dimensioni. Certo, è così e tuttavia…
E tuttavia ti fermi innanzi a quadri come “Madre afligida”, “Cristo ha muerto”, “Madre de Cristo” o “Entierro de Cristo” e cominci ad acclimatarti e a “vedere” oltre la forma ed i volumi (che definiremmo xxl, extra-large). E allora cominci a capire che qui si esprime l’essenza della cultura latino-americana, che è insieme esuberante ed aspra come i suoi paesaggi sconfinati e drammatica come la sua storia di violenza subìta e vissuta e dove tutto stempera in una sorta di grottesco limbo sospeso fra sogno e realtà (che il filone narrativo ben interpreta: Marquez in primis e poi Amado, Vargas Llosa, Scorza, Rulfo e tutti gli altri). Non dimentichiamo, in proposito, che Botero è colombiano, figlio di una terra che ha vissuto e vive la violenza sulla propria pelle (la guerriglia, le FARC, la droga). E, atto simbolico, a Medellin, sua città natìa e un tempo cuore del narcotraffico, Botero ha donato le opere ora in mostra al Palaexpo.
Dunque la “Passio”, che il Nostro sviluppa avendo nella memoria le suggestioni pittoriche del suo soggiorno fiorentino, in particolare Piero della Francesca e Mantegna, ma anche i primitivi italiani, da Giotto a Duccio (vedi “Descenso de la cruz”, “Maria y Jesus muerto”, “La piedad”, “Al pie de la cruz”). Suggestioni tutte fra le righe, che affiorano nel gioco prospettico, nei volti, nella campitura e qui è evidente il richiamo alla sobria luminosità della pittura rinascimentale (Piero, Paolo Uccello). Ma c’è dell’altro, perché Botero ha saputo filtrare il meglio dell’arte figurativa europea e lo vediamo subito in un paio di tele, “Jesus consuela a las mujeres”, dove i profili delle donne hanno un che di cubista, e “Jesus e la multitud”, il Cristo sofferente in una cornice di volti dall’espressionismo brutale alla Grosz.
E qui entriamo nel pieno del discorso, la figura di Gesù come vittima sacrificale in un mondo permeato d’indifferenza, un uomo e le tappe del suo calvario immerso in una quotidianità normale, a tratti quasi banale. Nulla di straordinario o sconfinante nell’agiografico, come ci ha abituati una lunga e densa tradizione di “Passio”, bensì la scarna intelaiatura di tutti i giorni, con i personaggi che puoi incontrare ad ogni angolo di strada. E questi compaiono accanto al Predestinato, nel bene e nel male: “Jesus y Veronica”, “Simon ayuda a Jesus”, “Una mujer piadosa”, ma anche “El azote”, “Jesus es tomado prisionero”, “El camino de las penas”, “Jesus ha caido”, “Crucifixion con soldado”, questi come Longino del Vangelo di Giovanni. E qui non compaiono legionari romani ma uomini in uniforme, chiara allusione alla violenza delle dittature militari che hanno insanguinato l’America latina negli anni ’70 e parte degli ’80. Emblematico, in tal senso, “El desnudo de Cristo”, dove Gesù viene spogliato delle vesti da un legionario e un uomo di pelle scura, un nativo, a significare l’eredità di violenza trasmessa dal colonialismo a una nuova classe dominante autoctona.
La solitudine dell’uomo che ha scelto di testimoniare in un mondo che non lo capisce e gli è ostile, drammatica metafora del giusto che si ritrova solo ed esposto ai colpi del Male (“Crucifixion”, con lo sfondo dei grattacieli e il parco dove la gente cammina indifferente, racchiude la sintesi di tutto questo). La “pietas” comunque c’è anche se a margine e sono le pie donne che vanno incontro al Cristo o occhieggiano dalle porte e dalle finestre giù nel cortile, come a dire che ovunque si può consumare il Sacrificio dell’Uomo (“Cristo en la columna”, “Flagelacion de Cristo”), o la mano che si tende ad aiutare colui che soffre (“Jesus cae por la segunda vez”) o, infine, il ciclo di Simone Cireneo. E’ però una “pietas” che si fa largo a fatica nella dimensione di paura e dolore che costellano il cammino dell’uomo quando egli cerca giustizia, perché c’è sempre qualcuno che lo tradirà. Ma ci sarà anche qualcuno che di questo tradimento renderà testimonianza, facendone messaggio per coloro che ancora credono nell’uomo. Ed è il senso di “El beso de Judas”, con Botero che si raffigura piccolo in basso, alla maniera dei committenti rinascimentali e la sua mano, in “Ecce Homo”, indica una situazione di sofferenza umana attuale e per nulla risolta. E forse è anche sua la mano tesa ad aiutare il Cristo in terra (“Jesus cae por la segunda vez”) e allora, finché esiste la solidarietà, c’è anche la speranza di sconfiggere il Male.
“Botero. Via Crucis, la Passione di Cristo”, al Palazzo delle Esposizioni fino al 1° maggio, mostra promossa dalla Repubblica della Colombia. Da domenica a giovedì h.10-20, venerdì e sabato h.10-22,30, lunedì chiuso. Biglietto euro 10 intero, 8 ridotto. Per informazioni 06.39967500 e www.palazzoesposizioni.it
Scritto da: Antonio Mazzain data: 14 febbraio 2016.il22 marzo 2016.
Ho trovato la mostra di Botero sulla via Crucis bellissima, così come interessanti sono i disegni, variazioni e completamento delle sue interpretazioni sulla Passione di Cristo.Certamente una Passione rivisitata dove il colore che in apparenza stride con ciò che viene raccontato ha invece una valenza drammatica.Soprattuto il viola il colore per i morti ma anche il rosso che evoca il sangue e che rappresenta per i popoli orientali il colore del lutto. Lo sfondo di modernità che Botero dà all’immagini non solo modernizza la Via Crucis ma rende ancora di più l’idea della solitudine del Cristo e delle sue scelte.Infine la presenza muliebre manifesta e nascosta dà l’idea di una profonda “pietas”, tipica della cultura classica:le “prefiche” e le” piagnone” , presenti ancora nel nostro Sud fino a poco tempo fa.
Ho trovato la mostra di Botero sulla via Crucis bellissima, così come interessanti sono i disegni, variazioni e completamento delle sue interpretazioni sulla Passione di Cristo.Certamente una Passione rivisitata dove il colore che in apparenza stride con ciò che viene raccontato ha invece una valenza drammatica.Soprattuto il viola il colore per i morti ma anche il rosso che evoca il sangue e che rappresenta per i popoli orientali il colore del lutto. Lo sfondo di modernità che Botero dà all’immagini non solo modernizza la Via Crucis ma rende ancora di più l’idea della solitudine del Cristo e delle sue scelte.Infine la presenza muliebre manifesta e nascosta dà l’idea di una profonda “pietas”, tipica della cultura classica:le “prefiche” e le” piagnone” , presenti ancora nel nostro Sud fino a poco tempo fa.
Cara Giusy, ottimo il tuo commento che denota anche una notevole capacità critica. Magari ce ne fossero così da parte dei lettori!