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Il Bach di Hugo Reyne

20160227_175650  “Six Concerts avec plusieurs instruments dédiés à Son Altesse Royale Monseigneur Chrétien Louis Margrave de Brandebourg” e poi la chiosa della dedica: “le très humble § très obéissant serviteur Jean-Sebastian Bach”. Era il 24 marzo del 1721 ed il 35enne Johann-Sebastian, allora kappelmeister a Kothen, volle dedicare al margravio, la massima autorità politico-amministrativa, quella che era un po’ la “crema” della sua esperienza nel campo della musica strumentale. Infatti, dopo il periodo aureo che aveva reso di lui uno dei massimi organisti tedeschi (ad Arnstadt e poi Weimar), si dedicò ad approfondire lo stile concertante di matrice italiana. Torelli, Albinoni, Legrenzi, Corelli, trascrivendo composizioni di Vivaldi per cembalo e per organo. E qui è la genesi di una delle pietre miliari della sua immensa produzione musicale, i “Concerti brandeburghesi”, ora riproposti in un elegante cofanetto da La Simphonie du Marais diretta da Hugo Reyne.

  La domanda ovvia è: “Cosa c’è di nuovo in questa interpretazione dei brandeburghesi, ovvero: cosa li distingue dal centinaio e passa incise nel corso degli anni?”.  Direi una limpidezza d’insieme che ben si coniuga ai ritmi, cioè una rilettura dei vari movimenti spesso interpretati al “tempo giusto” (in particolare l’inizio dei concerti 1, 2, 3 e 6), né troppo lenti né troppo veloci (e la tentazione, negli “allegro”, è sempre stata forte). Cosa non facile, certo, soprattutto perché spesso Bach non ha dato indicazioni precise, lasciando libera la sensibilità musicale dell’esecutore. Altro fattore è l’organico strumentale, che può essere sia un ensemble di pochi elementi, sia un’intera orchestra, quindi un’elasticità interpretativa che crea nell’uditorio un impatto emotivo diverso. Reyne ed il suo gruppo hanno scelto una via di mezzo, venti musicisti per meglio esprimere il “tempo giusto”, come vedremo.

  Anche l’ordine di esecuzione è mutato, non più il canonico 1-6 bensì apertura con il 5 ed ha un significato preciso, essendo questa la prima volta di un concerto per cembalo ed orchestra. Bach, su incarico del principe Leopold, lo ordinò al celebre costruttore Michael Mietke e, come sappiamo, divenne il suo strumento preferito (vedi quell’opera monumentale che è “Il clavicembalo ben temperato”). Quindi una sorta di doppio omaggio ad uno strumento che proprio qui viene valorizzato usandolo non solo come basso continuo, quale era stato fino ad allora, ma anche come solista e in dialogo con gli altri strumenti e ciò appare evidente nel brioso Allegro di apertura. In risalto anche il flauto però non traverso, come da partitura, ma a becco, per scelta di Hugo Reyne, ottima perché le tonalità risultano più morbide, sottolineando il carattere malinconico del secondo movimento “Affettuoso”, che Reyne vede come commemorativo della morte di Anna-Barbara, la prima moglie di Johann Sebastian. E tutto stempera nell’Allegro conclusivo.

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  Ed ecco il “tempo giusto”, nel primo movimento del 3° concerto, un Allegro controllato, potremmo dire (a differenza di quelli più veloci ai quali siamo abituati), che, dopo un brevissimo Adagio, fluisce rapido nello smagliante Allegro finale, un flusso melodico che si dispiega a cerchi concentrici. Solare come il concerto che segue, il 1°, dove la presenza dei corni da caccia nell’organico evoca la “Cantata della caccia”, composta nel 1713 (ma i richiami e gli intrecci fra le composizioni bachiane sono continui, per non parlare delle trascrizioni). Quattro movimenti, a differenza dei soliti tre canonici (Allegro-Adagio-Allegro), con aggiunta una suite di danze (Trio, Minuetto, Polonaise). Al “tempo giusto” d’apertura segue una sobrietà melodica che trasmuta  poi nell’effervescenza dell’Allegro, scandita soprattutto dai corni e dagli oboi, con la suite a fare da colorito suggello (un ricamo l’assolo dei corni).

 Assolutamente delizioso l’Allegro del 4° concerto, con il dialogo serrato fra flauti ed archi, dialogo che si fa quasi più intimo nel Presto conclusivo, dove risalta la  brillante inflessione del violino. E di nuovo, all’inizio del 6°, un “tempo giusto” che, nell’alternare le cadenze, dà un tocco nuovo e più fascinoso a questo movimento, in genere reso in modo troppo “allegro”, appunto. Caldi e simpaticamente orecchiabili gli altri due tempi ma dove traspare una vera gioia di far musica è nel 2° concerto, con l’ingresso della tromba che dà come un tocco arioso, una lamina di luce che trafigge i suoni (e il clima evoca un po’ quello delle Cantate). Un magnifico “tempo giusto” d’apertura che si sublima nell’Allegro assai, una squisita orgia sonora nella migliore tradizione della musica barocca. E, infine, una chicca, il delicatissimo “Afin que votre joie demeure”, dalla cantata “Herz und Mund und Tat und Leben”: meglio di così non si poteva concludere l’album.

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  Giustamente Hugo Reyne, a proposito del 6° brandeburghese, ha parlato di Corelli, per la sua somiglianza con la forma del “concerto grosso”.  E Corelli Reyne lo conosce bene, avendo trascritto per flauto a becco l’Opus V- Sonates et Follia, che eseguì a Roma, a palazzo Pamphili, realizzando peraltro un ottimo cd. E ancora di lui insieme alla Simphonie du Marais, allargata a più elementi, ricordo la lussureggiante esecuzione de “Les Indes galantes”, di Jean-Philippe Rameau, da me recensita tempo fa. Per quanto riguarda questa nuova versione dei Concerti brandeburghesi direi che si distingue oltre per la limpidezza, come dicevo più sopra, per la pastosità melodica dell’insieme, dove, nella ricerca del “tempo giusto”, ogni effetto sonoro si colloca nel suo spazio e non oltre, senza quelle sbavature ritmiche presenti in molte riletture bachiane. Né uno strumento si esalta rispetto agli altri, a cominciare dal flauto di Reyne, autentico virtuoso di fama mondiale: tutti impegnati in un gioco armonico di alto livello. Jesenka Balic Zunic, violino, Yannick Varlet, clavicembalo, Christian Moreaux, oboe, Guy Ferber, tromba (e mi spiace di non poter nominare gli altri  musicisti uno ad uno, per questione di spazio). Di fine gusto filologico, ma senza esagerare, la direzione di Hugo Reyne.

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Per la collana “Musiques à la Chabotterie” la Simphonie di Marais
diretta da Hugo Reyne  in “Concertos brandebourgeois”, di Johann-Sebastian Bach
album in 2cd con un bel booklet esplicativo di 56 pagine. Euro 25.
Per informazioni www.simphonie-du-marais.org

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