I nuovi percorsi di Palazzo Barberini e Hans Holbein
I nuovi percorsi di Palazzo Barberini e Hans Holbein
di Antonio Mazza
Sì, adesso davvero la visita della ricca pinacoteca di Palazzo Barberini risulta godibile, grazie al riallestimento al piano terra per ordine cronologico che rende il tutto più razionale in termini di lettura pittorica delle opere esposte. Si può così meglio comprendere l’evoluzione del linguaggio nel corso dei secoli, dagli inizi in epoca medioevale alla Rinascenza. Un lungo e dettagliato percorso che, in virtù di un’attenta selezione qualitativa dei dipinti, si configura come una sorta di fascinosa sintesi della bellezza dell’arte figurativa italiana dai primordi ai grandi maestri del XV secolo. E ben lo esprime il titolo della mostra: “Dai primitivi a Filippo Lippi: il nuovo allestimento di Palazzo Barberini”.
Già nell’accedere nella Sala delle Scimmie, con il suo bel soffitto affrescato nel 1630 da Agostino Tassi (proprio quello coinvolto nello scandalo con Artemisia Gentileschi) e Simone Lagi, la “timeline” che si snoda lungo le pareti, con la storia del Palazzo e del Museo, dà un senso di novità che il tavolo “touch screen” conferma. La digitalizzazione permette al visitatore di approfondire ogni tema connesso al contesto dei Barberini, qui presenti con un dipinto di Andrea Gerardi che ritrae Maffeo Barberini, il futuro Urbano VIII, mentre assiste ai lavori di bonifica del Lago Trasimeno, iniziati nel 1602. E, in successione fino alla sala 11, sono disposte 50 opere in un ordine che non è soltanto cronologico ma tematico e stilistico, il tutto corredato da esaurienti pannelli didattici.
Magnifico inizio con la “Madonna Advocata”, tavola lignea di scuola romana fine XII secolo, il pezzo più antico conservato nel museo, dove l’influsso bizantino si sta aprendo ad un linguaggio nuovo, anticipando la grande stagione dei Cavallini, Rusuti, Torriti. Come altrettanto magnifica e la serie di crocifissi del XIII secolo che propongono i moduli pittorici del “Christus Triumphans” e del “Christus Patiens”, l’uno fisso e ieratico, l’altro piegato e dolente, quindi due diverse visioni teologiche (prevalse la seconda, più umana, che coinvolgeva la “pietas” del credente. “Pulcher in patibolo, pulcher in ligno”, San Tommaso d’Aquino). Seguono i dipinti su fondo oro, in particolare la scuola senese, presente con una serie di Madonne con Bambino (oro, simbolo della luce divina), ma di particolare interesse è un cofanetto in avorio della bottega degli Embriachi, XIV secolo, “per custodire anella, e pierle, e gioiette, e altre simili cose”.
Siamo in una fase di transizione che si avverte particolarmente nell’area adriatica, come dimostrano due opere direi emblematiche: “Storie di Cristo” di Giovanni da Rimini e “Storie della Passione di Cristo” di Giovanni Baronzio, la prima che ripropone stilèmi bizantini, l’altra d’influsso giottesco. Quindi il “nuovo” che si fa strada e passiamo così al tardo gotico e agli influssi fiamminghi nella pittura italiana (vedi Antonello da Messina), ammirando, nella sala a nome “L’autunno del medioevo”, titolo che rimanda ad un testo classico di Huizinga, due splendide tavole del Maestro di San Giovanni Evangelista, “Natività” e “Presentazione al tempio”, di chiara matrice fiamminga. E, dalle opere di scuola veneta e quelle del gotico fiorito, si transita nelle “Prospettive rinascimentali”, inaugurate dal Brunelleschi. Spazio, volumi, linguaggio simbolico, tutto appare più limpido ed articolato, come nella dolcissima “Annunciazione” di Filippino Lippi, molto attivo a Firenze e Roma (vedi la mirabile Cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva).
Uno spazio a parte per il Beato Angelico, il famoso Trittico, “Ascensione”, “Giudizio Universale”, “Pentecoste”, complessa struttura più teologica che pittorica, quasi una raffigurazione visiva del pensiero tomista. Decisamente un’opera di intensa religiosità che introduce alla pittura centroitaliana del primo Rinascimento, con due situazioni pittoriche importanti, il “Cantiere romano”, l’Urbe che, con il risveglio umanistico, era diventata una fucina di arti e la pittura umbra, con i suoi particolari incanti. Ed ecco la soave “Natività” di Antoniazzo Romano, che riprende un tema classico in chiave diversa e “San Girolamo nel deserto” del Perugino, dove risalta la squisita fattura del paesaggio. Entriamo poi nella sala 8 dove prospetta la singolare “Visione del beato Amedeo Menez de Sylva”, di Pedro Fernandez, dal sapore quasi esoterico, che si richiama all’ordine degli Amadeiti, francescani riformati (composizione allegorica, con la scala di Giacobbe che unisce la terra al cielo).
Infine le ultime sale, i secoli XV e XVI nell’area adriatica, il Rinascimento nelle Marche e Venezia, con artisti di rilievo quali Niccolò Alunno, Pietro Alemanno e Marco Palmezzano. E, dopo, salendo al primo piano, una gradita sorpresa: “La dama con lo scoiattolo” di Hans Holbein, prestata dalla National Gallery di Londra (in cambio della “Fornarina”). Colpisce il risalto quasi fotografico del ritratto, la minuzia formale e quel nitore che è come scolpisse l’immagine, peraltro una caratteristica del linguaggio holbeniano. Il suo modo di ritagliare le figure ed i volti ne fissa da un lato l’ambientazione storica, il costume, e dall’altro evidenzia la psicologia del personaggio rappresentato. Qui è Anne Lovell, moglie di Sir Francis Lovell, presso la corte di Enrico VIII, il cui quadro, insieme ad un inedito ritratto di Thomas More, correda la sala, permettendo il raffronto nonché la conoscenza di un pittore fra i più famosi del Rinascimento europeo.
“Dai primitivi a Filippo Lippi: il nuovo allestimento di Palazzo Barberini”, riallestimento a cura di Flaminia Gennari Santori, Maurizia Cicconi e Michele Di Monte. Da martedì a domenica h.10-18, biglietto euro 12 intero 2 ridotto, valido 20 giorni per Palazzo Barberini e Galleria Corsini.
“ La dama con lo scoiattolo” di Hans Holbein: fino al 31 luglio.
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