Alla vigilia della Fase 2, con l’allentamento del lockdown, mi viene spontaneo fare qualche considerazione, dato che l’emergenza è sì su livelli molto bassi, ma non siamo ancora “fuori” e forse non lo saremo ancora per lungo tempo.
Prima osservazione. E’ il “come” sarà il 4 maggio, un “libera tutti” che significa cosa? Ovvero, fino ad ora il popolo italiano, indisciplinato per natura, salvo frange sparse ha dimostrato di sapersi regolare, attenendosi ai vari divieti. Ma, e questo è il punto, quanti hanno compreso il pericolo e si sono autolimitati in modo consapevole e quanti invece lo hanno fatto perché obbligati a farlo? Qual’è la percentuale in entrambi i sensi? Lo sapremo il 4 e nei giorni successivi, o si scatena un’ammucchiata generale con il rischio del contagio di ritorno o si riparte con gradualità e rispettando i parametri di prima. E’ una prova fondamentale perché conferma o smentisce quel clima di complicità e solidarietà che si è formato nel lungo periodo di quarantena. L’emergenza ha fatto riaffiorare la parte più genuina del nostro Dna, quel tocco gentile che significa disponibilità verso l’altro. Abbiamo insomma riscoperto il “noi”, il lato umano al posto del querulo “io” indossato nella vita di tutti i giorni. Ed è stato molto bello, l’aiutarsi reciproco senza neanche conoscersi, soprattutto l’aiuto verso i più bisognosi, in vertiginoso aumento a causa del Covid-19 (quella “spesa sospesa” la cui immagine ha fatto il giro del mondo). E la domanda ovvia è: quanto del “noi” resterà dopo il 4? Sarebbe, “è” un peccato disperdere questo prezioso patrimonio di esperienza umana, un qualcosa che, se ha una continuità, può veramente creare quella “coscienza collettiva” che a noi italiani è sempre mancata. Siamo un popolo caratterialmente emotivo, capace di aggregarsi in situazioni straordinarie e poi tornare a procedere per ordine sparso. Ebbene, questo è il momento di restare uniti e dimostrare che le bandiere alle finestre, i canti, la solidarietà con il vicino non sono solo retorica patriottarda ma qualcosa di molto di più: una coscienza civica matura e consapevole.
Seconda osservazione. Se tutto ciò, come mi auguro (e ci auguriamo in tanti), si dovesse avverare, comporterebbe anche un diverso rapporto non solo all’interno del tessuto sociale ma fra il cittadino e le istituzioni. Certo questo non risolve il problema, con metà paese allo stremo e ovunque situazioni di chiusura per problemi economici, ma crea comunque un clima nuovo e collaborativo. L’obbiettivo è rilanciare l’economia mettendo al centro l’uomo e non la legge di mercato e questo, ampliando il discorso e declinandolo su scala planetaria, significa cambiare modello di sviluppo, dacché l’attuale ha fallito. Sono i meccanismi interni, quella logica del profitto fine a se stesso, che significa distruggere l’ambiente intorno a noi lasciando il deserto e quindi, fra gli altri problemi (tipo CO2), la riduzione del territorio selvatico, con il contatto sempre più ravvicinato uomo-animale. E’ il sistema capitalista in sé che va rivisto e corretto, con il profitto non certo demonizzato ma ridimensionato a “giusto mezzo”, ovvero non sfruttamento delle risorse naturali ed umane bensì un loro equilibrato uso (perché entrambe sono soggette a logoramento). Forse tutto ciò può sembrare un po’ utopico e tuttavia è l’unica strada percorribile se vogliamo evitare la catastrofe e questa pandemia è come una sorta di segnale che ci manda la Madre Terra ferita.
Terza osservazione. La ripresa sarà lenta e per nulla indolore, con il rischio purtroppo reale che aumenti il divario fra sempre più ricchi e sempre più poveri. Su scala mondiale e in Italia non sarà molto diverso, perché tante piccole aziende sono finite in mano agli usurai e dietro di loro c’è la mafia che acquista potere a livello locale e nazionale. Un buon punto per ripartire è senz’altro il settore turistico, duramente provato dal virus, e poiché fare le vacanze all’estero appare piuttosto problematico (molti paesi non apriranno all’Italia essendo uno dei paesi più contagiati e anche per i voli aerei sarà un problema), l’alternativa è il turismo interno. In questi due mesi di quarantena, grazie alla tv ed al web gli italiani hanno imparato a conoscere il nostro paese, nelle sue bellezze note e quelle “minori” ma in realtà spesso di grande fascino, come del resto tutta l’Italia. Ecco, la Bellezza può essere davvero una possibilità per ricominciare, mettendo in moto una macro e microeconomia in sofferenza. Ma dietro tutte le misure che si prenderanno per far decollare il paese è importante ci sia un apparato politico saldo, con maggioranza e opposizione in collaborativo contrasto dialettico (e non una opposizione “a prescindere” come in realtà è). Per non parlare del rapporto fra regioni e comuni, dove, in occasione della riapertura del 4, ognuno sembra andare per conto suo. Una politica che rilanci l’Italia a livello nazionale ed internazionale, non una “politica politicante” come sarcasticamente dice il governatore della Campania Vincenzo De Luca. E non ha tutti i torti.
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