Dante a Rebibbia
venti anni di Produzione d’arte e Cultura nel carcere di Roma Rebibbia: spettacolo Dalla città dolente Teatro Argentina Teatro Libero di Rebibbia
di Giusy Criscione
Il Teatro Libero di Rebibbia nasce come emanazione del Centro Studi-Archivio Storico “Enrico Maria Salerno”, in memoria del grande attore scomparso, fondato dalla moglie di Salerno, Laura Andreini e da Fabio Cavalli, uomo di cultura dalla personalità poliedrica: attore, regista, autore e professore universitario con la collaborazione di Valentina Esposito. L’idea di portare il teatro nelle carceri non è nuova, ci sono stati in passato altri tentativi di spettacoli con detenuti. Grazie al successo raggiunto, alcuni eventi sono usciti anche dalle mura del carcere. Lo stesso Salerno negli anni ’50 aveva iniziato con qualche esperimento. Il reinserimento per i reclusi attraverso l’arte teatrale, proposta dal centro Studi Salerno, nasce nel 2003, in accordo con la Direzione del penitenziario ed il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Il centro da allora in poi ha assunto la responsabilità delle attività teatrali e formative presso il carcere, inaugurando, nello specifico, il Teatro Libero di Rebibbia. Da oltre vent’anni l’attività si è svolta senza interruzione, interessando un buon numero di detenuti attori, si parla di oltre 100 persone. La formazione teatrale avviene all’interno del carcere e suddivisa in laboratori. Alcuni detenuti che si dedicano al teatro sono reclusi con pene da scontare lunghe e il loro rinserimento è ancora più significativo perché attraverso l’espressione teatrale e mimica riescono a realizzare un percorso liberatorio, catartico, un processo psicopedagogico attraverso il quale in alcuni casi i carcerati ritrovano in loro stessi la forza di riscatto, recuperando il lato migliore di se stessi e quello più umano. Anche se i laboratori, in percentuale, interessano un ristretto numero di detenuti, i risultati di reinserimento sono molto efficaci.
Nello spettacolo presentato all’Argentina, al quale abbiamo assistito, molti degli attori erano ormai ex detenuti i quali sono riusciti, stando in carcere, anche a laurearsi: una presa di coscienza quindi molto significativa e proficua. Il carcere di Rebibbia è per molti versi un carcere “modello”, moderno, in cui la sperimentazione dei processi di recupero e reinserimento sono all’avanguardia. Un esempio fra tutti è il progetto TransAvantgarde, curato da Laura Andreini Salerno, con il coinvolgimento delle detenute transgender cui vengono offerti percorsi inclusivi attraverso arte terapia. Nel nuovo carcere di Rebibbia è stato costruito un Auditorium con 340 posti a sedere e un palcoscenico perfettamente attrezzato che ospita molte delle attività formative dei detenuti. Gli spettacoli messi in piedi costituiscono una vera e propria stagione teatrale il cui saggio finale è spesso aperto al pubblico esterno. In 20 anni di attività ci sono state 70.000 presenze per più di 40 produzioni. Negli anni sono stati portati in scena opere di Shakespeare, Dante, Giordano Bruno, Pirandello, Tolstoj, Eduardo ecc. Le rappresentazioni hanno ricevuto numerosi premi fra i quali Premio Anima per il teatro 2008 e il Davide di Donatello 2012. L’affermazione a livello internazionale e la massima visibilità è arrivata con la trasposizione cinematografica dello spettacolo realizzato dai fratelli Taviani di Cesare deve morire, con il quale il teatro libero di Rebibbia ha vinto il premio Orso d’oro alla Berlinale del 2012. La compagnia è anche protagonista dei film Viaggio della Corte Costituzionale nelle carceri e Rebibbia Lockdown, coprodotti da Rai Cinema e presentati alla Mostra del Cinema di Venezia. Le collaborazioni con altre strutture hanno compreso l’Università degli Studi di Roma Tre, il Teatro Libero di Rebibbia, che nell’ambito dei suoi Laboratori accoglie ogni anno laureandi nelle discipline sociali e dello spettacolo, offrendo loro l’opportunità di una formazione sul campo, il Teatro Argentina di Roma e il Teatro Quirino, dove la Compagnia Reparto G8 ha debuttato.
Ultimo tra tutti lo spettacolo al teatro Argentina per i 20 anni di attività, dal titolo Dalla città dolente. Come viene riportato nella presentazione: “La rappresentazione coglie nella Commedia dantesca l’elemento allusivo alla dimensione della pena/condanna – Inferno/carcere – nell’aspirazione alla liberazione tipicamente descritta da Dante con i versi “infine uscimmo a riveder le stelle”. Gli interpreti sono stati formati nei laboratori di Rebibbia e costituiscono il nucleo della Compagnia protagonista del film “Cesare deve morire” dei fratelli Taviani. Regia di Laura Andreini e Fabio Cavalli. Musiche dal vivo dell’Orchestra del Maestro Franco Moretti. Costruito in compartecipazione con gli attori detenuti lo spettacolo è un collage di brani scelti dalla Divina Commedia di Dante, alcune frasi sono declamate in espressioni dialettali, soprattutto meridionali: abruzzese, napoletano, siciliano, sardo. Lo spettacolo presentato al Teatro Argentina è stato una sintesi dell’originale, concepito in modo più articolato e con un numero di attori maggiore. Purtroppo ad alcuni detenuti non è stato dato il permesso di uscire dal carcere, quindi sono stati sostituiti all’ultimo momento. Quelli presenti erano ormai ex carcerati ma la loro partecipazione alla declamazione dei canti è stata di grande impatto. Non una semplice lettura ma una spiegazione dei versi, da diverse angolature e a seconda del diverso modo di interpretazione. La scelta dei brani è ricaduta sugli episodi più famosi e meglio conosciuti: l’incontro del sommo poeta con Ulisse, con Paolo e Francesca e Pier delle Vigne. Nell’insieme lo spettacolo è risultato una profonda riflessione sulla scelta della pena e del suo significato: l’inganno, il tradimento, l’omicidio, il significato della mancanza di libertà. Un’ora di intense emozioni, rivissute dagli attori ex carcerati con convinzione e pathos: un passaggio necessario per una liberazione avvenuta attraverso una confessione tra pura verità e rappresentazione scenica.
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