Un milione e duecentocinquantamila visitatori, tanti l’anno passato hanno varcato la soglia di Castel Sant’Angelo, al quinto posto nella classifica dei luoghi d’arte e di storia italiani più frequentati dai turisti. C’è di che esserne lusingati, soprattutto come romani (un po’ di campanilismo, via), anche perché il Castello è uno dei punti più amati della città. E dunque è con un misto di piacere e curiosità che viene accolta la notizia dei nuovi percorsi attivati all’interno del monumento, un progetto a cura del Polo Museale del Lazio diretto da Edith Gabrielli.
In pratica un castello segreto, fuori delle rotte abituali, a disposizione dei visitatori tramite un APP in sette lingue che permetterà la fruizione ragionata dell’intero complesso fin negli aspetti più segreti, appunto. Un’esperienza culturale davvero unica, che attraversa il Castello nei suoi sei livelli, ma non si limita ai luoghi più noti e, se vogliamo, spettacolari, come la Sala Paolina o la Terrazza dell’Angelo, disvelando particolari assolutamente inediti. E non sono pochi, come sarà possibile verificare di persona, dal 24 giugno in poi, a gruppi di 15 visitatori alla volta. E, francamente, ne vale davvero la pena.
A cominciare dal famoso Passetto di Borgo (“Er Corridore”, in romanesco), costruito per volontà di Niccolò III che completò così il perimetro difensivo della Città Leonina, dopo la devastazione operata dai saraceni nell’846. Passetto che, coperto e ristrutturato più volte, servì da via di fuga per i papi in caso di pericolo, come avvenne durante il terribile Sacco di Roma del 1527, con Clemente VII inseguito dai lanzichenecchi. Ora completamente restaurato il passaggio che conduce al Vaticano, lungo 800 metri, è visitabile nella sua interezza ed è una piccola avventura addentrarsi nel cuore di Borgo Sant’Angelo con il Cupolone sullo sfondo.
Al secondo livello sono le prigioni, stanze anguste dove venivano stipati i prigionieri in condizioni disumane, come nel caso di Benvenuto Cellini, un ambiente umido per la vicinanza della cisterna (prima si passa per la stanza delle torture, con gli strumenti in mostra nelle vetrine, una visione che turba, soprattutto la mannaia con la quale probabilmente è stata decapitata Beatrice Cenci). Più avanti le oliare, 84 orci dove erano le provviste di olio (molto simili alle oliare papali che si trovano alle Terme di Diocleziano) e i silos per il grano, ambienti di notevole interesse perché rimandano a quella che era l’economia interna al Castello. Poi si sale, incontrando luoghi deliziosi, come la Stufetta di Clemente VII, uno stanzino affrescato a grottesche e, davvero una “chicca”, aperte per la prima volta al pubblico, le Sale Cambellotti.
Duilio Cambellotti, artista eclettico di fine gusto liberty, pittore, scultore, grafico, che nel 1925 decorò tre stanze sul tema della Prima Guerra Mondiale, in memoria degli Arditi che avevano combattuto sui vari fronti (lo spazio era destinato ad un Museo dei cimeli di guerra, collegandosi così idealmente alla vicina Casa del Mutilato, anch’essa in relazione alla Grande Guerra). L’effetto complessivo è di grande suggestione, sia nella sala principale, delle Colonne (qui era l’archivio voluto da papa Benedetto XIV), sia in quella degli Stendardi e in quella dei Labari dei Reparti d’Assalto. Nella prima, la più ariosa, è un trionfo di stucchi e festoni floreali, nella seconda colpiscono le teste di cavallo in rilievo, di grande eleganza, peraltro un motivo ricorrente (insieme ai bufali) nella produzione di Cambellotti, risultante della sua attenzione alle allora Paludi Pontine (non solo paesaggistica ma sociale, avendo fondato una scuola per i figli dei contadini insieme a Sibilla Aleramo ed altri). Infine i Labari, con le sue figure in stucco che stringono fra le mani bombe a mano, pronti a gettarle verso le trincee nemiche.
Dopo una panoramica dalla Terrazza dell’Angelo si torna al primo livello, passando per l’ambulacro di di Bonifacio IX, il dromos, la rampa elicoidale, verso il portone del Peruzzi (figlio), che dà sui prati esterni al Castello. Anche qui una novità, dunque, che chiude degnamente un percorso molto suggestivo, senz’altro una delle iniziative più stimolanti nell’àmbito di Artcity, la lunga estate romana all’insegna della cultura e del divertimento (e di questo parlo in maniera più diffusa in altra parte del giornale). Castel Sant’Angelo, “la gran Mola Driana”, come la chiamava il Belli.
“Castello segreto”, visite guidate per gruppi max 15 persone, orari 11-17 (italiano) e 10-16 (inglese). Biglietti euro 5 intero e 2,50 ridotto, tariffe in aggiunta al biglietto d’ingresso. Info e prenotazioni 0632810410 e www.art-city.it
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