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Casa Grant, una storia americana

20160214_202301  St.Louis, Missouri, anni ’50. Al n.3309 di Arsenal Street vive la famiglia Grant, padre, madre e due figli, maschio e femmina. Per il suo stile di vita si può definire una tipica famiglia della middle-class, quindi tutto nella norma se non fosse per un’anomalia: è di colore e abita nella zona sud, a prevalenza bianca. Il padre Dave, avvocato nonché cittadino in prima linea nella lotta per i diritti civili ha scelto lui l’area sud anziché quella nord, a prevalenza di colore, proprio per portare avanti la sua battaglia contro le discriminazioni razziali. Un’anomalia dunque e di essa scrive Gail Milissa Grant, che l’ha vissuta in prima persona.

  Ma questo è anche il ritratto corale di una famiglia le cui radici sono in un periodo oscuro della storia americana, poi suggellato dalla guerra di secessione che vide gli stati dell’Unione sconfiggere quelli confederati. Suggellato solo in apparenza però, che di certo il vero motivo era stato la liberalizzazione del mercato e non la fine della schiavitù: questa solo come pretesto per interrompere una concorrenza sleale (i costi del lavoro al Nord contro la forza-lavoro gratuita al Sud). E, in effetti, poco cambiò al Sud, anzi, la situazione incancrenì con gli anni, anche con momenti tragici (pensiamo al Ku Klux Klan ed al feroce apartheid nell’area del Dixieland, gli ex stati confederati). Revisionismo storico che il padre di Milissa ha ben presente ed anche lei, quando scopre che il nostro Garibaldi rifiutò l’offerta del presidente Lincoln di guidare parte dell’armata nordista in quanto non v’era una chiara presa di posizione in merito al problema della schiavitù.

  E’ importante scavare nel passato, alla ricerca di quelle immagini che, nel tempo, hanno formato la nostra e l’A., ascoltando i racconti dei genitori, ricompone il mosaico familiare. Ed emergono le figure della saga dei Grant, a tutto tondo, come il nonno William e la nonna Elisabeth. Da loro quattro figli, dei quali David, che poi sposerà Mildred Franklin Hughes, sarà il padre di Milissa e, come cornice, una St.Louis dove, come un po’ in tutti i centri del Sud, vigevano le leggi Jim Crow. In pratica l’abolizione della schiavitù dopo la guerra civile restava solo un atto formale perché norme promulgate nel 1877 legalizzavano la segregazione razziale nelle strutture pubbliche. E occorreranno decenni di lotte civili per abolirle.

  Le storie si intrecciano nel quadro d’insieme che traccia Milissa evocando figure e situazioni. Ne emerge la St.Louis inizi ‘900, dove per una persona di colore le strade sono tutte in salita, ma i nonni di Milissa riescono a trovare una loro nicchia protetta, lui podologo, lei imbalsamatrice. Se intorno, oltre la fascia dove vive la gente di colore, è tutto un divieto, pure loro possono considerarsi dei privilegiati e così Mildred, la madre di Milissa, che da piccola veniva accompagnata a scuola in limousine. Per Dave, il padre, la vita è più difficile, sin da giovane, passando da un mestiere all’altro, da cameriere sui treni e battelli a vapore fino alla laurea in legge alla Howard University e l’inizio della sua carriera di avvocato.

  Una carriera brillante perché, come era prevedibile, avrà una chiara impronta antisegregazionista, che farà di lui un punto di riferimento in città. Ma se la situazione a St.Louis e nel Sud in generale è pesante, altrove i pregiudizi non mancano, come già aveva sperimentato Mildred che, dal sicuro nido familiare, era passata alla movimentata vita di Chicago, per frequentarne l’università, e qui si era rotto l’incanto. Ma anche per Milissa, che pure cresce nella piena quanto travagliata fase di lotta per i diritti civili, con le grandi marce come quella famosa di Martin Luther King. Una consapevolezza nuova la sua e della generazione alla quale appartiene, germogliata su un drammatico contesto di manifestazioni, scioperi e violenze poliziesche che la generazione precedente ha vissuto sulla propria pelle.

  E scorrono nelle pagine i momenti più intensi, dalla Grande Depressione che vide St.Louis riempirsi di bidonvilles ai boicottaggi delle istituzioni pubbliche e catene commerciali che discriminavano la gente di colore e poi le rivendicazioni salariali, le prime marce negli anni ’40, la convention sui diritti civili del ‘42, l’ostilità dei repubblicani e l’attivismo di David Grant, ormai diventato una personalità di spicco del partito democratico. Lavora con Eleanor Roosevelt e riceve attestati di stima da Kennedy e Johnson (riportati in fondo al libro). Ma c’è anche il lato più intimistico, la vita dei Grant, dove la cultura aveva un posto di rilievo, soprattutto quella musicale e qui esce a tutto tono la figura del grande Cab Calloway (ricordate “The Cotton Club”, di Francis Ford Coppola?). Ma furono tanti quelli che transitarono per St.Louis e magari per il salotto dei Grant: Count Basie, Duke Ellington, Sarah Vaughn, Nat King Cole, Leontyne Price, Josephine Baker (rievocata con un simpatico aneddoto paterno).

  Il “Credo del cittadino americano nero”, stilato nel 1942 dal Comitato del Credo, Presidente David Grant, chiude questa appassionante sguardo all’indietro sulla lunga lotta della gente di colore negli USA. Lotta peraltro ancora non conclusa perché se è vero che ormai sono lontani i tempi del “Deep South”, il Profondo Sud, quello narrato da Erskine Caldwell, dove il linciaggio del “nigger” era quasi un rito, ed il Ku Klux Klan è ormai poco più che folklore, è parimenti vero che l’integrazione totale resta ancora lontana, come dimostrano le cronache recenti, che documentano la brutalità della polizia. Le comunità nere, come afferma l’A., che ora vive a Roma, vivono a scomparti chiusi, un po’ come le altre (chicanos, gente dell’est, ecc.), senza comunicare con le altre. E, finita la lettura di questo libro che è insieme spaccato d’epoca (una colorita densità di personaggi e situazioni) e vibrante testo d’impegno civile, libro che peraltro ha avuto un buon successo negli States; finita la lettura, dicevo, se ne esce più consapevoli, perché c’è sempre una causa giusta per la quale vale la pena lottare.

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 “Casa Grant. Il percorso di una famiglia americana verso i diritti civili”, di Gail Milissa Grant

Colosseum Editore, pagg.230, euro 14.

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