All’inizio sullo schermo dominava Felix the Cat, la creatura di Pat Sullivan (in Italia era noto come Mio Mao), poi venne un buffo animaletto antropomorfo con le grandi orecchie e la codina e le cose cambiarono. Mortimer Mouse, quasi subito ribattezzato Mickey Mouse, diventò il nuovo beniamino del pubblico perché il duo Walt Disney-Ub Iwerks, i suoi papà, oltre ad un maggior dinamismo grafico gli avevano dato uno spessore psicologico diverso. E il “cartoon” di Topolino travalicò presto i confini a stelle e strisce dilagando allegramente ovunque ci fossero piccoli e grandi disposti a sognare. Anche i grandi, certo, purché abbiano preservato in loro quel famoso fanciullino pascoliano che ci fa attraversare gli anni con levità d’animo ed è appunto questo il messaggio racchiuso nelle agili pagine di “Emozioni su Topolino”, di Gianni Maritati.
E’ la riedizione, con alcune preziose aggiunte, un paio di nuovi capitoli ed un’appendice (da sottolineare la prefazione di Nunziante Valoroso e la postfazione di Diletta Labella, due grandi esperti del mondo disneyano), del testo originario apparso nel 1997 ed accolto favorevolmente da pubblico e critica. Un libro che non si limita ad illustrare le grazie del topo più famoso del mondo ma, essendo Maritati un attento giornalista televisivo, ne analizza la tipologia (sua e, di riflesso, dell’intera banda Disney, ieri come oggi) in chiave massmediologica. Senza, però, scivolare nella trappola di schemi preconcetti (né di quelli buoni per ogni stagione, dove ogni aspetto trova la sua giusta casella) o di fredde analisi statistiche, calandosi dentro per trovare il soffio vitale che guida tutto. Perché, come scrive l’A.,“Le avventure di Mickey non sono “ingenue”, per chi è capace di individuarne fra le righe ansie esistenziali, critiche sociali, messaggi etici e culturali”.
I contenuti ci sono e come, sin dall’inizio, 1928, il mitico “Steamboat Willie”, che lanciò Topolino e poi una sequela di corti dove il braccio (Iwerks) e la mente (Disney) agivano in perfetta simbiosi, l’uno con una deliziosa pirotecnìa creativa, l’altro inserendo dei contenuti, appunto. E questi, come sottolinea Maritati, scaturiscono dai valori fondanti della società americana dove il baricentro topoliniano è la famiglia intesa però in senso non ristretto, diciamo domestico, ma universale, di armonia e dialogo. Perché ciò che trasmettono le “Silly Sympnonies” e, via via, i vari “cartoons” nei quali compaiono i personaggi di contorno a Mickey, la banda Disney che, incarnandosi poi nei fumetti, ha allietato più di una generazione (Minnie, Paperino, Pippo, Pluto, Eta Beta, Gambadilegno, eccetera); ciò che trasmettono, dicevo, è un forte senso di solidarietà: lo stare uniti per sconfiggere il Male che da sempre erode ogni società umana.
“Gli altri hanno fatto appello alla ragione, noi abbiamo fatto appello alle emozioni”, diceva Disney e il suo magnifico topo le spande a bracciate, coadiuvato dagli amici antropomorfizzati come lui. Il suo è il classico ottimismo del self-made-man, il tipo che non ha mai smesso di credere nell’ “American Dream”, coinvolgendo chi ha intorno (e questo fece molto bene negli anni della Grande Depressione e poi del New Deal rooseveltiano). Lui però non è un arrivista o un carrierista, vede positivo, certo, ma il suo cercare uno spazio nel mondo non va mai a scapito degli altri: alla mèta onestamente, con la coscienza tranquilla. Nel personaggio Disney proietta un bisogno di equilibrio che forse mancava nel suo privato, equilibrio uomo-uomo ma anche uomo-natura, anticipando la coscienza ecologica dei giorni nostri.
La Madre Terra, presente in sordina sin dagli inizi, diviene poi una costante a cominciare dai lungometraggi, “Biancaneve e i sette nani”, del 1937 (la natura come il nido che accoglie tutti), e, in particolare, “Bambi”, del 1942, che formula un chiaro messaggio di rispetto per l’ambiente (e, nel tempo, diverrà ancora più incisivo, vedi “Il libro della giungla” del 1967, poi riedito nel 2016). D’altronde le meraviglie della natura e l’attenzione che le dobbiamo costituiranno poi il leitmotiv dei documentari dagli anni ’50 in poi (ricordo “Il deserto che vive”, 1954, che ebbe un gran successo da noi) e continua ancor oggi con la Disneynature che attualmente ha sede a Parigi. “La natura è madre, amica, maestra”, scrive Maritati e di film dove essa accoglie benevola i personaggi se ne possono citare tanti, in particolare la produzione più recente, come “La sirenetta” (1989) o “Il re leone” (1994).
E nella cornice della natura si consuma l’atto d’amore disneyano, il coraggio, l’amicizia, la solidarietà di gruppo, in coerenza con quanto dichiarava papà Walt ad inizio carriera. “C’è bisogno di film educativi nelle scuole ed alla televisione. L’animazione può essere d’aiuto nel colmare questa lacuna” e così è stato ed è tuttora, Topolino quale alfiere di una variegata saga a più voci dove il “cartoon” (ma anche la produzione di film a soggetto, che inizia nel ’54, con l’epico “20.000 leghe sotto i mari”, diretto da Richard Fleisher) ha una funzione che potremmo definire “propedeutica”, nel senso di trasmissione di valori positivi. E qui si definisce e si esalta “il cerchio della vita”, come dice Maritati citando la canzone di apertura de “Il re leone”.
E’ il ciclo delle cose, l’eterno andare e ritornare, una breve storia, la nostra, da vivere in semplicità e armonia con tutti gli esseri del creato. Questo il punto, la voglia di essere complici ed artefici di un progetto più grande, che vada oltre le incomprensioni di razza o religione (il messaggio di “Pocahontas”, ad esempio). E tuttavia se non si preserva in sé quella purezza originaria, “l’innocenza “sepolta” dentro ognuno di noi”, non è possibile comprendere il reale significato della fusione parola-immagine (fatta in “quel” modo e qui l’A. cita Manzoni come ideale precursore di Disney, pagg.165-68). E’ la possibilità di stupirci ancora, nonostante un mondo malato (e il nostro paese in particolare), ritrovare il candore che, suggerito dal piccolo Mickey e poi da Biancaneve, Pinocchio, Dumbo, Cenerentola e tanti altri, trovava un’eco in noi piccoli e nei grandi che custodivano (e custodiscono ancora?) il “fanciullino” nei risvolti della loro anima. Come appunto Gianni Maritati che, con un linguaggio adeguato al tema, lieve e gentile, analizzando ogni film in chiave sociologica, ci parla del mondo disneyano affatto sdolcinato, come alcuni critici sostengono (vedi Sadoul), bensì squisitamente etico. Un mondo tutto da (ri)scoprire purché lo si osservi con sguardo “puro”: con gli occhi di un Peter Pan che ha deciso sì di crescere, ma senza fretta…
“Emozioni su Topolino. Il mondo Disney e i suoi valori da Biancaneve al Gobbo di Notre-Dame (e da Hercules a Oceania)”, di Gianni Maritati, ed.APL, euro 12. Nel libro compare anche la famosa lettera a papa Giovanni Paolo II con la richiesta di beatificazione di Topolino (Oriana Fallaci concludeva la sua intervista a Disney, apparsa nel 1966 su “L’ Europeo”, chiedendo di assegnargli il Nobel per la pace).
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