Balthus, la retrospettiva
“E’ un surrealista”, la prima cosa che ti viene in mente vedendo quel quadro così particolare, “La strada”, ci pensi per riflesso condizionato, sia da come sono rappresentati i personaggi, sia per il clima che si sprigiona dal quadro stesso, un po’ stralunato un po’ fiabesco. E invece, osservando meglio, ti rendi conto che sì, c’è quello ma c’è anche dell’altro, un qualcosa che colloca il suo autore, Balthus, ovvero Balthasar Klossowski de Mola oltre non soltanto il Surrealismo ma, come risulta procedendo nella visita della nutrita mostra antologica (circa 200 opere) a lui dedicata alle Scuderie del Quirinale (e una parte a Villa Medici), anche oltre ogni schema pittorico. E’ un artista che oggi definiremmo outsider e tale in fondo lo considerava l’amico Antonin Artaud, quello del famoso “Teatro della crudeltà”, con il quale Balthus collaborò.
Nato nel 1908, figlio d’arte, il padre critico la madre pittrice, ancora adolescente Balthasar disegnava gatti sollecitato da Rainer Maria Rilke, il grande poeta austriaco. Crebbe in un ambiente di intellettuali, che favorì il suo estro creativo e infatti si fece notare giovanissimo appunto con “La rue”, che colpì proprio per essere fuori schema. I suoi maestri erano in Italia, i primitivi toscani, Piero della Francesca in particolare che lo aveva fascinato ad Arezzo. E la sua pittura diverrà un po’ il basso continuo –tutto fra le righe – della produzione futura, vuoi nelle forme, le figure, una certa asimmetria dei volti, vuoi nel giochi prospettici (in mostra le sue riproduzioni della “Storia della Vera Croce”, gli affreschi aretini di Piero). E tutto si rapprende in una fissità plastica che trasmette una sorta di sottile inquietudine al visitatore.
Mi riferisco al filone dell’infanzia (ma non solo quello, come vedremo) dove le immagini narrano sia l’anarchica innocenza della “verde età” (simboleggiata dalle pose fisicamente più scomode: vedi “Les enfants Blanchard”o “La patience”) sia l’affiorare delle prime malizie (“Jeune fille au chat”, “La semaine de quatre jeudis”, “Jeune fille à sa toilette”) che, con i quadri più espliciti (“Les beaux jours”, “La chambre”, ma soprattutto “La leçon de guitare”), fecero gridare allo scandalo (oggi si parlerebbe di pedofilia). In realtà nel tema delle “fanciulle in fiore”, particolarmente caro alla fotografia (David Hamilton, per esempio), Balthus cristallizza l’attimo dello sboccio della crisalide, prima che venga travolta dallo scorrere del tempo.
Ciò che lui intende rappresentare è il mistero di quel momento, la sua selvaggia quanto effimera bellezza ed è il senso che ne scaturisce dalle illustrazioni di corredo a “Cime tempestose”, di Emily Bronte (nella loro storia tormentata Cathy e Heathcliff non anelano forse a tornare ad un primitivo stato d’innocenza?). C’è un oltre che attrae Balthus, un aldilà dello specchio che rovescia il sembiante e stravolge i linguaggi (non a caso prova particolare interesse per “Alice nel paese delle meraviglie”, di Lewis Carrol). E tutto appare sempre pervaso di una segreta ambiguità che, come ho detto, provoca inquietudine in chi contempla le sue opere. D’altronde Balthus ha praticamente attraversato il ‘900 e dunque ne ha assorbito gli umori, ora lievi ora più densi e acri, per non parlare del milieu intellettuale in cui era immerso (il fratello Pierre scrittore, poi Antonin Artaud, André Gide, Georges Bataille, Albert Camus, il pittore André Derain).
In polemica con André Breton, il “vate” del Surrealismo, Balthus si ispirò anche ai moduli stilistici della Neue Sachlichkeit tedesca, la Nuova Oggettività del periodo di Weimar, e del Realismo Magico italiano. In effetti una tela come “Le roi des chats” sembra racchiudere sia Otto Dix che Antonio Donghi, quasi una sintesi dei due movimenti in chiave però lievemente onirica. E qui subentra il discorso del gatto come presenza complementare, che non capisci se benevola, tipo micio ronfante, o minacciosa. Ed è il caso del sorprendente “Le Chat de la Méditerranée”, con quel felino che sembra un camorrista a tavola, in uno scenario surrealmetafisico. E il gatto sarà una costante dei suoi quadri a soggetto femminile, quasi un’allegoria del mistero della donna, soprattutto al suo fiorire (vedi “Le chat au miroir”). Ma, nel contempo, c’è anche un bisogno di classicità, sempre mutuata dagli amati toscani, come nella perfetta “Nature morte avec un personnage”, dove la figura rimanda direttamente a Piero.
Nella seconda metà del secolo scorso soggiornò in Svizzera, nel castello di Chassy, poi in Italia, a Montecalvello, dedicandosi molto al paesaggio (e tornano le memorie toscane, come si può dedurre dai quadri esposti). Infine Roma, dove per sedici anni fu a Villa Medici, come direttore dell’Accademia di Francia, alternando la pittura alla direzione di lavori di restauro. Una cinquantina di opere, fra disegni e quadri, documentano la sua attività che si arricchisce di motivi nuovi, come l’arte giapponese, quale risulta da “La chambre turque” e “Japonaise à l’atelier”, dove la modella è la moglie. Il suo studio è ora visitabile, la Camera Turca, appunto, in una delle torri di Villa Medici, dalla quale è possibile godere di una visione a tutto campo del centro storico.
Continua la sua ricerca prospettica, il mai abbandonato discorso sull’impostazione geometrica di matrice toscana in parallelo con quello cromatico, il dosaggio del colore, e la fotografia, poiché anch’essa immobilizza il fluire del tempo. Ma le sue ultime opere appaiono sempre più sfocate, ogni particolare sfugge in una deriva di linee e di toni e subentra il silenzio. E tuttavia resta un’immagine emblematica, “Le peintre et son modèle”, il pittore e la modella, l’artista e la fanciulla: il demiurgo e la sua creazione che sfida il Tempo.
“Balthus. La retrospettiva” alle Scuderie del Quirinale fino al 31 gennaio, da domenica a giovedì h.10-20, venerdì e sabato h.10-22,30. Biglietto euro12 intero, 9,50 ridotto. Per informazioni 06696271 e www.scuderiequirinale.it
“Balthus. L’atelier”, Accademia di Francia Villa Medici, da martedì a domenica h.10-19, lunedì chiuso. Biglietto euro 12 intero, 6 ridotto. Ingresso libero tutti i giovedì h.17-19. Per informazioni 0667611 e www.villamedici.it
la mostra si apre con “la strada” tu ne parli ma non hai pubblicato la sua immagine e me ne dolgo. Il quadro è l’inizio e la sintesi del Balthus , dove,a ben guardare, si nota la spinta erotica che sempre guiderà l’Artista ma anche la solitudine degli attori,( la tela è una rappresentazione di vita quotidiana )nessuno ti guarda, nessuno guarda gli altri, ciascuno è immerso in sé stesso anche se abbraccia l’altro, la scena è la manifestazione del sentire dell’Artista in una specie di delirio erotico-celebrale. Forse no! Hai fatto bene perché hai stimolato il lettore e lo spingi ad andare a vedere de visu la mostra…..