Appia Mater
Appia Mater
di Antonio Mazza
Qui era il luogo del Mito, il bosco sacro alla ninfa Egeria, amante di Numa Pompilio, la Fons Camenarum dove ogni anno si celebravano i Carmentalia. Qui, vicino a Porta Capena, dove si dipartiva la Via Appia, la grande arteria stradale dell’impero iniziata nel 312 a.C. per volere del censore Appio Claudio Cieco, della gens Claudia (nei secoli ristrutturata e restaurata da Vespasiano, Traiano, Adriano). E qui è in atto lo scavo per portare alla luce il primo miglio della Regina Viarum, indagando peraltro sul suo rapporto con la Via Nova Severiana che, nel III secolo d.C., l’imperatore Settimio Severo fece costruire in parallelo con la Via Appia (forse sovrapponendola al primo tratto).
Uno scavo aperto al pubblico, non lontano dall’ingresso delle Terme di Caracalla, dove il personale illustra l’andamento dei lavori. E fornisce informazioni preziose perché fanno comprendere quanto sia complessa e insieme affascinante una città stratificata come Roma, dove ogni strato parla il linguaggio di un’èra diversa. Infatti questo è uno scavo scientifico e non di archeologia preventiva, in quanto sonda le varie pelli delle quali si è rivestita l’Urbe nel corso del tempo. L’obiettivo era scendere ad 8 metri di profondità ma una falda acquifera ha creato e crea problemi, obbligando ad un incessante lavorìo di idrovore, e tuttavia quanto per ora emerso dalla terra e dal fango si rivela di grande interesse.
Cominciamo con la lettura stratigrafica e la storia del territorio. XII Regio, Piscina Pubblica, non a caso, essendovi molte vene d’acqua che poi risulteranno funzionali alle costruzione delle Terme Antoniniane o di Caracalla. Nel fondo dello scavo si notano muri di età imperiale, resti di abitazioni e tabernae, con elementi che denotano l’uso dell’area anche in età tardo medioevale, in particolare le tracce di una stradina in acciottolato. Quando sopravvenne la decadenza fra le rovine delle Terme, in una città ormai spopolata e qui periferica, continuò una certa attività quotidiana, come dimostrano resti di ceramiche e monete. Inoltre sorsero vari “Tituli”, le primitive chiese cristiane, come quello in Fasciole, la fasciatura caduta dalle caviglie di Pietro che abbandonava Roma (Titulus in Fasciolae è il nominativo poi attribuito alla chiesa dei Santi Nereo ed Achilleo poco distante). Probabilmente v’era anche uno “Xenodochium”, ospedale per pellegrini, citato in un documento del VI secolo.
All’epoca medioevale seguì un periodo in cui tutta la zona venne coltivata a vigne magari alternate a macchie di bosco ma dal XVI in poi, arricchendosi la città di monumenti, inizia anche qui la spoliazione dei marmi antichi che raggiunge il culmine nel 1771, con il barone Alessandro Gavotti, proprietario dell’area, il quale chiese l’autorizzazione per “cavare tavolozza”, ovvero i mattoni. E infatti il lavoro di sterro ha evidenziato la grande fossa dello scasso che chissà quali testimonianze dell’antico ha cancellato. Ma quello che i visitatori possono vedere è comunque di grande interesse, in primis una testa marmorea del I secolo d.C. di finissima fattura. Di epoca romana anche una “tabula lusoria”, gioco popolare, una serie di “nummi”, monete in bronzo di piccole dimensioni, una colonnina con iscrizione di buon augurio. Il medioevo è presente con una rarissima moneta quadrata, una delle prime emesse sotto il papato, fine VII inizi VIII secolo, su un lato l’effigie dell’imperatore e sull’altro il pontefice. Un singolare anello in bronzo con monogramma, tale Antonio o Antonino, VI secolo, e ceramiche invetriate più tarde completano questa piccola ma succosa strenna scaturita dal generoso sottosuolo romano.
E la Via Nova Severiana? Figura in un frammento della Forma Urbis che era custodita nel Tempio della Pace e la ricerca, pur ostacolata dal problema idrico, procede (quasi un simbolico auspicio alla candidatura dell’Appia a patrimonio mondiale dell’Unesco). Di certo si è appurato che l’Appia Antica non inizia da Porta San Sebastiano, come comunemente si è soliti pensare, ma con molta probabilità il suo primo miglio parte da qui, dall’area sacra dove Egeria e Numa vivevano la loro leggenda.
“Appia Regina Viarum 2018-2022. Uno scavo di ricerca”. Lo scavo, che comporta analisi geologiche e archeosismologiche, è condotto dalla Soprintendenza Speciale di Roma in sinergia con l’Università di Roma Tre e lo scopo finale, come ha sottolineato la Soprintendente Daniela Porro, è la valorizzazione delle Terme di Caracalla e il loro contesto. L’ingresso al pubblico per visitare lo scavo è nel Largo dei Cavalieri di Colombo. Per informazioni soprintendenzaspecialeroma.it
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