mulberry bags mulberry outlet mulberry sale mulberry handbags mulberry bag mulberry bags mulberry outlet mulberry sale mulberry handbags mulberry bag mulberry purse mulberry bayswater mulberry outlet york mulberry factory shop mulberry uk mulberry purse mulberry bayswater mulberry outlet york mulberry factory shop mulberry uk sac longchamp saint francois longchamp sacs longchamp sac longchamp pliage longchamp pas cher Babyliss Pro Perfect Curl babyliss curl secret babyliss perfect curl babyliss babyliss pro

Ah l’amore, l’amore!

im

 

Roberto, il ragazzo di piazza Bologna che tanto aveva fatto tribolare mamma e papà, ragazzo non lo è più ed i genitori sono fieri ed orgogliosi di lui.
Adesso insegna lettere in un liceo di via della Camilluccia, non lontano dal collegio del Don Orione dove i suoi lo avevano mandato all’età di quattordici anni perché erano convinti che i preti gli avrebbero messo la testa a posto, svogliato com’era e con il chiodo fisso per il pallone e per le interminabili partite con gli amici al campo Artiglio.
La testa a posto l’ha messa sul serio tanto che, terminati le superiori, si è iscritto all’università e si è laureato in lettere alla Sapienza.
Dopo un’infinità di supplenze in varie scuole di Roma e provincia, finalmente la sospirata abilitazione e la cattedra nel bel complesso sulla via Trionfale dove un tempo c’erano prati verdi e pecore al pascolo.

Tutte le mattine Roberto passava davanti al vecchio Istituto e la sua mente si affollava di ricordi.
Dalla strada si vedeva il lungo viale che porta giù alla Madonnina lungo il quale, nelle sere del mese di maggio, i ragazzi, in fila per due, venivano portati a recitare il rosario, perché maggio è il mese mariano e recitare cinquanta ave marie, cinquanta pater e cinquanta gloria passeggiando, era sempre meglio che recitarli in ginocchio nella cappella del seminterrato.
Tra le chiome dei pini si intravedeva pure la finestra della camerata dove dormiva assieme ad altri venti ragazzi ed i ricordi si tingevano di mille colori perché lì aveva provato emozioni indimenticabili fino allora sconosciute.
Roberto non mancava mai di darvi uno sguardo e qualche volta rallentava per sbirciare meglio al di là del muretto e persino oltre i vetri delle finestre, specie della sua finestra, quella al terzo piano, la quinta a partire da destra.
Da là, oltre i prati sui quali pascolavano tranquillamente pecore, mucche e cavalli, si potevano vedere persino i tetti dei palazzoni di Primavalle e, naturalmente, si vedevano anche le belle case di là della strada, ma a Roberto interessava una in particolare, quella color mattone col balcone fiorito.
Lì Teresa ogni mattina puliva i vetri anche quando i vetri erano puliti.

 * * *

Teresa aveva sedici anni e faceva la cameriera in casa di un generale in pensione che viveva da solo. Veniva dalla provincia di Viterbo e non si può dire che fosse particolarmente bella.
A quell’età portava ancora due treccine color stoppa ed aveva un visetto irregolare con gli angoli della bocca disegnati verso l’alto che le conferivano una sorta di involontario perenne sorriso. Gli occhi di colore verde chiaro, leggermente a mandorla, erano la cosa più bella del volto.
Era arrivata lì perché una sua zia era stata al servizio dal generale ed aveva lasciato il lavoro per gli acciacchi dell’età.
Il vegliardo voleva una persona di fiducia e non aveva avuto esitazione quando la donna gli propose Teresa. “Un po’ troppo giovane”, pensò, “ma si cresce presto”.
L’idea di avere in casa un fiore di fanciulla dopotutto non gli dispiaceva affatto e questo senza alcun secondo fine. Era un militare tutto d’un pezzo e non gli sarebbero passate per la mente certe cose. Era la freschezza della ragazza che lo affascinava. L’avrebbe tenuta come una nipotina e le avrebbe fatto anche la dote. In quanto ai lavori di casa, non c’era da dubitare sulle capacità della fanciulla perché nei paesi, già all’età di dodici anni, dopo la quinta elementare le ragazze andavano a lavorare nei campi o al servizio in città.
Teresa passava le sue giornate tra la casa, il mercatino rionale dove andava ogni giorno a fare la spesa e la chiesa parrocchiale del Don Orione dove si recava la domenica alla messa delle undici.
Camminava sempre spedita e non alzava mai lo sguardo dai suoi passi. D’inverno indossava un cappottino grigio a quadri e nella bella stagione gonne lunghe con dei maglioncini colorati. Le treccine la facevano sembrare ancora più giovane della sua età ed una sola volta la sorella del generale, in visita al fratello, era riuscita a convincerla a lasciare i capelli sciolti sulle spalle e con questa acconciatura si presentò la domenica in chiesa.
Nessuno la riconobbe salvo Roberto che nel vederla ebbe uno strano sussulto, ma non fece parola con nessuno.
Teresa non aveva amici ma nemmeno li cercava. Quali amici, poi, avrebbe potuto avere in città? Forse qualche altra cameriera, ma non ne conosceva nessuna della sua età ed era difficile fare amicizia con signore molto più anziane di lei.
Solo per caso una mattina, stendendo le lenzuola sul balcone, alzando lo sguardo si accorse che dietro i vetri di una finestra al terzo piano di quell’edificio bianco di fronte c’era un ragazzo con la camicia rossa che la guardava.
Arrossì di vergogna e rientrò frettolosamente.
Non si affaccio sul quel balcone per tre giorni, ma c’erano i panni da stendere e i vetri da pulire. Riprese le operazioni di sempre ma senza alzare lo sguardo. Che fatica, però!
La curiosità di guardare era forte. Rientrando, fece finta di abbassarsi per raccogliere una molletta e spostando leggermente le tovaglie e le federe vide la camicia rossa dietro il vetro della solita finestra. Arrossì di nuovo mentre il cuore cominciò a batterle furiosamente. Cosa le stava succedendo? Chi era quel ragazzo dietro ai vetri della finestra che la fissava con tanta insistenza? Fissava proprio lei o guardava qualche altra cosa?
Si convinse che guardava lei e ne fu contenta.

* * *

Roberto subito dopo la colazione nel refettorio del piano terra aveva l’abitudine di risalire in camera per lavarsi i denti prima di andare a scuola.
Era, questa, una vecchia abitudine presa fin da piccolo perché la mamma ci teneva molto e non c’era verso di poter sfuggire al suo severo controllo.
“Roberto, hai lavato i denti? Roberto, fammi vedere le unghie. Roberto, hai messo il fazzoletto nella cartella?”
Roberto qua, Roberto là. Che pizza!
L’abitudine, però, era rimasta e così anche in collegio non si sentiva a suo agio se dopo la colazione non fosse andato in camera a lavarsi i denti.
Una mattina, nel riporre spazzolino e dentifricio nel comodino, proprio accanto alla finestra, alzò la testa e gli occhi si fermarono sul balcone della casa color mattone dove una figurina esile e svelta stava pulendo i vetri. La guardò distrattamente e pensò che sarebbe stata fatica sprecata perché da li a poco sarebbe piovuto ed i vetri si sarebbero sporcati di nuovo.
Si allontanò divertito.
Il giorno dopo e quelli che seguirono, a quella stessa ora, la ragazza era sempre li a trafficare ora con i vetri, ora con le piante, oppure con i panni da stendere.
Roberto prese ad osservarla e si accorse delle treccine dal colore della stoppa.
Non riusciva a distinguere bene gli occhi ed il resto del viso ma un’idea se l’era fatta. Gli sembrava che la ragazza dovesse avere più o meno la sua età ed aveva pure capito che quella non era la sua casa perché il generale più volte si era affacciato per chiederle qualcosa e non poteva essere suo padre dato l’aspetto avanti con l’età. In casa non doveva esserci più nessuno perché altrimenti, prima o poi, qualcuno si sarebbe visto.
Quel mese di marzo fu per Roberto importante perché con la sua scoperta fu preso da un nuovo ed inaspettato interesse.
C’era solo da stare attenti a che nessuno ne venisse a conoscenza perché altrimenti Don Fedele e Don Marchesani, gli assistenti con mille occhi che vedevano il diavolo tentatore dappertutto, non gli avrebbero più permesso di andare a lavarsi i denti ed i compagni lo avrebbero preso in giro e chissà che, addirittura, non avrebbero costretto la ragazza a cambiare orari ed abitudini.
Prudenza, ci voleva prudenza.
Il pensiero della ragazza si impossessò della sua mente e scoprì che era piacevole pensare a lei nelle ore di silenzio e all’ora di andare a dormire.
Come si chiamava? Quanti anni poteva avere? Da dove veniva?
Doveva trovare il modo di scoprirlo, ma come?
Non poteva certo uscire per andare dall’altra parte della strada. Non poteva mandare bigliettini o altre diavolerie del genere. E se la ragazza non si fosse accorta di lui e tutto fosse frutto della sua fantasia?
C’era un solo modo per rendersene conto: la domenica alla messa delle undici.
A sinistra i ragazzi interni, a destra i parrocchiani esterni.
La chiesetta si riempì presto e Roberto, con la sua camicia rossa per farsi notare, si sistemò sul lato esterno dell’ultima fila. Dall’altro lato, nell’ultimo banco trovò posto Teresa che si mise subito in ginocchio con il viso adagiato tra le palme delle mani.
Pregava intensamente, almeno cosi sembrava.
Roberto la vide subito ed il cuore cominciò a battergli furiosamente. Adesso poteva vedere bene che aveva più o meno la sua età, anno più anno meno.
Era curiosa con quelle treccine di stoppa, ma l’insieme era davvero aggraziato pur con quel modesto cappottino a quadri. Quando poté vedere il visetto con gli occhietti quasi a mandorla ed il taglio della bocca disegnato all’insù, ebbe la certezza di trovarsi dinanzi ad una creaturina timida ed impacciata, bella non proprio ma con una espressione cosi innocente che faceva tenerezza.
L’aveva notato anche lei? Non ne era sicuro. Fece scivolare per terra il foglietto delle preghiere della messa domenicale che un leggero movimento d’aria spinse proprio accanto al banco di Teresa.
In quel momento i fedeli stavano recitando il Padre Nostro e si tenevano tutti per mano, come vuole una simpatica liturgia. Roberto si chinò per prendere il foglietto proprio mentre una vecchia signora stava dirigendosi verso i primi banchi per trovare posto. La signora si fermò per la preghiera e tese la mano verso Roberto che porse la sua sinistra. Restò bloccato e buttò uno sguardo smarrito in direzione di Don Marchesani, l’assistente, che gli fece cenno di terminare la preghiera li dove era.
Si voltò verso destra e si accorse della mano tesa di Teresa. La prese tremante e ci mancò poco che perdesse i sensi.
“Padre Nostro che sei nei cieli…”
Avrebbe voluto che la preghiera non finisse più. Era emozionato e stordito. Dopo qualche istante provò a stringere quella manina con una pressione quasi impercettibile. Nessuna reazione. Provò ancora ma con la confusione che aveva in testa, anziché la mano di Teresa, strinse con forza quella della vecchia signora che gli sorrise dolcemente compiaciuta. Provò ancora con l’altra mano e gli parve di sentire qualcosa.
Gli si annebbiò la vista.

“…sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra…”.

Le parole gli uscivano impastate. Faticosamente girò gli occhi verso la ragazza per scrutarne la reazione e carpì uno sguardo timidissimo. Per un attimo gli occhi si incrociarono e le gambe cominciarono a cedere. Non ricordava più le parole del Padre Nostro e quando le due mani lasciarono le sue si rese conto che la preghiera era terminata. Con il cuore in tumulto tornò al suo posto.
Uscendo dalla chiesa Teresa gli fece sorprendentemente un lievissimo cenno di saluto. Roberto ricambiò con un sorriso stralunato.
L’aggancio era avvenuto e nessuno si era accorto di niente.

Nel mese di aprile, tutti i santi giorni alla stessa ora, Roberto, con la sua camicia rossa ben visibile da lontano, era li al solito posto a guardare Teresa sempre più indaffarata su quel balcone.
Il mese di maggio arrivò presto con il bel tempo e con quella temperatura carezzevole che invitava a sognare.
Tutti i ragazzi sognano quando i fiori dei campi profumano l’aria, gli uccelli ti svolazzano attorno impazziti, e l’orizzonte si tinge di porpora e lamine d’oro al calare del sole dietro l’ultima cupola della città.
Se ci si mette, poi, pure la luna con la sua beffarda e sorniona complicità, è impossibile resistere al languore che ti penetra nelle vene e ti scioglie l’anima.
I ragazzi sognano, i sogni prendono corpo ed assumono le sembianze dei primi tenerissimi amori.
Roberto non sfuggiva alla regola e sognava ad occhi aperti la sua Teresa.
Passeggiavano mano nella mano lungo il viale alberato del rosario. Ogni tanto si guardavano negli occhi ma non parlavano perché avevano paura che il suono delle parole potesse rompere l’incanto. Ognuno fantasticava per proprio conto ed il canto dei grilli faceva da sottofondo alla poesia di quel momento.
Teresa non aveva più le treccine di stoppa. I capelli erano fili d’oro scompigliati dal capriccio della brezza serale ed il volto emanava la stessa luce celeste che aveva visto in chiesta nelle immagini delle martiri cristiane. Il vestito bianco di cotone leggero le cingeva delicatamente il corpo e la faceva somigliare ad una farfalla.

Ah l’amore, l’amore! II Parte

5 Commentia“Ah l’amore, l’amore!”

  1. Saverio Micalizzi // 10 gennaio 2015 a 10:49 // Rispondi

    Che meraviglia l’età dei primi sospiri d’amore, quelli dell’adolescenza, così teneri e così ingenui. Ma fonte di gioia e di dolce malinconia.
    La storia di Roberto è la fotocopia di mille storie simili, ma qui c’è l’ambientazione che è particolare e l’Autore ha la grande capacità di farcela addirittura “vedere” con gli occhi dell’immaginazione.
    Sono davvero curioso di leggere gli sviluppi e sono certo che ci sarà da divertirsi.

  2. Ho terminato di leggere e ho dovuto scrollare la testa per realizzare che stavo leggendo; mi sono accorto che non stavo al cinema a godermi uno spettacolo da “oscarone!” e mi è dispiaciuto di interrompere un sogno che mi stava avvincendo….. Tu dici: “Ah, l’amore…” E ti pare niente!!! Tu fai tornare indietro negli anni, diciamo 55/56, va!.. eh si, perché quando avevo quell’età mi comportavo anch’io così, come Roberto; forse, chi sa? ma mi piace tanto pensarlo e ti rendo grazie per la sensazione forte che hai provocato in me. Aspetto con ansia di riprendere il sogno… Grazie, Grande Enzo !!!

  3. un bell’inizio che ti fa sognare e ti fa dire e poi cosa succederà? riusciranno a incontrarsi… la storia si fa interessante l ambiente e i due protagonisti ci sono familiari grazie come sempre all’abilità espressiva dell’autore!

  4. Hai una facilità di scrivere eccezionale, che ci permette di sognare..ora non ci rimane che continuare a farlo con la seconda parte. Auguri!

  5. Un racconto fresco come la primavera in cui sboccia. Enzo, fallo terminare in armonia con le sensazioni che ci ha procurato. Ti si concede solo un po’ di nostalgia. A presto.

Inserire un commento

L'indirizo di email non verrà pubblicato.




WordPress SEO fine-tune by Meta SEO Pack from Poradnik Webmastera